Uno studio internazionale, nato dalla collaborazione tra l’Università Statale di Milano e il Centro Cardiologico Monzino IRCCS, ha individuato la possibilità di riposizionamento di Montelukast per il trattamento dell’ischemia cerebrale, una patologia ancora priva di una cura adeguata. Lavoro pubblicato su Pharmacological Research
Milano, 21 marzo 2019 – Il ‘riposizionamento’ di farmaci già in commercio sta emergendo come una nuova strategia di sviluppo farmacologico che offre la possibilità di identificare una nuova indicazione che va oltre quella per cui il farmaco era stato originariamente sviluppato e utilizzato.
È una strategia che offre numerosi vantaggi rispetto allo sviluppo di un farmaco completamente nuovo perché permette di ridurre i costi e i tempi richiesti per gli studi preclinici e per la valutazione del profilo di sicurezza.
La rivista Pharmacological Research pubblica uno studio in cui un team di ricerca internazionale ha individuato la possibilità di riposizionamento di Montelukast per il trattamento dell’ischemia cerebrale, una patologia ancora orfana di una cura adeguata.
Montelukast fa parte di una classe di farmaci antiasmatici ampiamente utilizzati in clinica, gli antagonisti del recettore di tipo 1 per i cisteinil-leucotrieni, che sono degli importanti mediatori chimici coinvolti nel processo infiammatorio e nell’immunità.
Lo studio è stato finanziato dal bando ERA-NET NEURON e coordinato dalla professoressa Elena Tremoli, docente dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Scientifico del Centro Cardiologico Monzino IRCCS, e dalla professoressa Maria Pia Abbracchio del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari.
Non è la prima volta che il nome Montelukast viene affiancato alla possibilità di un trattamento per patologie cerebrovascolari. Una precedente pubblicazione, che ha anche in quel caso coinvolto il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, aveva mostrato come Montelukast fosse in grado ripristinare la neurogenesi ippocampale, revertendo l’invecchiamento cerebrale e la perdita delle funzioni cognitive in un modello in vivo di aging (Marschallinger J et al., Nat Commun. 2015;6:8466).
Lo studio appena pubblicato dimostra invece, per la prima volta, come il trattamento con Montelukast stimoli il ripristino della connettività cerebrale promuovendo la maturazione di un tipo di cellule simil-staminali ancora presenti nel cervello adulto (i precursori oligodendrocitari) in cellule mature produttrici di mielina, la sostanza isolante che, avvolgendo i prolungamenti nervosi, permette la trasmissione di messaggi fra una cellula e l’altra.
Oltre a ‘contenere’ l’evoluzione del danno nelle fasi immediatamente successive all’insulto ischemico, Montelukast è infatti in grado, nella fase cronica di rimodellamento tissutale post-ischemico, di attivare il processo di riparazione delle fibre nervose danneggiate dall’evento ischemico.
Queste evidenze sono state ottenute avvalendosi di tecniche sofisticate come l’elettrofisiologia in vivo e la trattografia, meglio conosciuta con il termine inglese fiber tracking, e di un topo transgenico reporter GPR17-iCre ERT2.
Il particolare l’utilizzo dell’elettrofisiologia e della trattografia – quest’ultima è una tecnica di risonanza magnetica ad immagini, messa a punto dal professor Luigi Sironi del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, che permette di ‘visualizzare’ il tracciato delle fibre nervose – ha consentito ai ricercatori di stabilire come nei topi con ischemia cerebrale trattati con Montelukast ci fosse un migliore recupero nella trasmissione spontanea e indotta dell’impulso nervoso ed un aumento del numero delle fibre nervose nelle aree limitrofe al danno ischemico.
Questi dati, insieme a quelli ottenuti dalle analisi immunoistochimiche per i marcatori degli oligodendrociti, suggeriscono come montelukast possa avere un effetto sul rimodellamento della cosiddetta sostanza bianca, la mielina, oltre a quello già noto sui neuroni.
Il passaggio dal campo delle ipotesi a quello dell’evidenza è stato reso possibile grazie ai dati ottenuti con il topo transgenico reporter GPR17-iCre ERT2, un modello che permette di tracciare il destino delle cellule simil-staminali ancora presenti nel cervello adulto in quanto, in seguito alla somministrazione di tamoxifene, queste cellule diventano fluorescenti grazie all’espressione della molecola fluorescente GFP.
Nei topi transgenici con ischemia cerebrale, Montelukast è stato in grado di stimolare il reclutamento e la proliferazione di questo tipo di cellule ai bordi della lesione e, soprattutto, il loro differenziamento a cellule mature mielinizzanti.
Gli autori dello studio, pur sottolineando la rilevanza dei risultati ottenuti, evidenziano comunque la necessità di ulteriori analisi circa i meccanismi molecolari che regolano il reclutamento e differenziamento degli oligodendrociti alla base dell’effetto protettivo mediato da montelukast durante le fasi di rimodellamento cerebrale post ischemico.
La strada intrapresa per un’applicazione in clinica su pazienti con ictus è ancora lunga, ma, considerando che Montelukast è un farmaco già presente in commercio e caratterizzato da ottima tollerabilità, le premesse sono estremamente promettenti.