Prof. Andrea Giustina, Direttore della Cattedra di Endocrinologia dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano: “I pazienti affetti da ipoparatiroidismo presentano sintomi prevalentemente sensitivi e motori causati dalla riduzione dei livelli circolanti di calcio come parestesie, soprattutto alle mani ma anche alle labbra e alle dita dei piedi, convulsioni, crampi muscolari sino alla tetania”
Mantova, 10 aprile 2017 – Da malattia rara a patologia comune: l’ipoparatiroidismo cambia il suo profilo eziologico: se prima era causata da fattori autoimmuni, congeniti e familiari, oggi in Europa oltre la metà dei casi l’anno sono causati da danni alle ghiandole paratiroidi durante gli interventi di tiroidectomia totale.
“I pazienti affetti da ipoparatiroidismo – sottolinea il prof. Andrea Giustina, Direttore della Cattedra di Endocrinologia dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, durante l’8° Skeletal Endocrinology Meeting – presentano sintomi prevalentemente sensitivi e motori causati dalla riduzione dei livelli circolanti di calcio come parestesie, soprattutto alle mani ma anche alle labbra e alle dita dei piedi, convulsioni, crampi muscolari sino alla tetania, condizione caratterizzata da spasmi e prolungamento doloroso della contrazione dei muscoli dovuta ad una alterazione dell’attività delle fibre di actina e miosina”.
Nell’intervento di asportazione della tiroide il danno alle ghiandole paratiroidi è la complicanza più comune che può interessare fino al 40-50% dei pazienti. Nella maggioranza dei casi, l’ipoparatiroidismo è transitorio correlato ad un danno funzionale su base vascolare e meccanica durante le procedure chirurgiche. Tuttavia, l’ipoparatiroidismo post-chirurgico può anche essere permanente (fino al 7-10% dei casi). Ciò può accadere anche in mani di chirurghi esperti quando si rendono necessari interventi chirurgici estesi e demolitivi per malattie tiroidee neoplastiche o per gozzi multi nodulari di grandi dimensioni.
“L’ipoparatiroidismo permanente è una malattia invalidante a causa dei disturbi causati dall’ipocalcemia cronica dovuti alla frequente inefficacia della terapia farmacologica, che peraltro risulta pure spesso poco accettata dai pazienti ipoparatiroidei – prosegue Giustina – Fino ad oggi, infatti, il trattamento dell’ipoparatiroidismo si è basato sull’utilizzo di analoghi attivi della vitamina D e di composti a base di calcio che, per le loro modalità di somministrazione (necessarie più somministrazioni al giorno) e per i non infrequenti effetti collaterali gastrointestinali, risultano spesso poco tollerati dal paziente che pertanto tende ad assumerli con incostanza”.
Ne può derivare quindi una inefficacia terapeutica con conseguente persistenza di ipocalcemia e rischio di complicanze cliniche che talvolta causano il ricorso alle cure ospedaliere. In Italia, è stato calcolato che ogni anno si verificano oltre 3.000 ricoveri ospedalieri per complicanze acute causate correlate all’ipoparatiroidismo con una durata media di ricovero di circa 7 giorni. Numeri importanti che rendono l’ipoparatiroidismo una malattia ad elevato impatto clinico per il paziente e per il sistema socio-sanitario.
Come per le altre malattie endocrine caratterizzate da un deficit ormonale, anche per la terapia dell’ipoparatiroidismo sarà possibile avere a disposizione il corrispondente ormone sintetico (paratormone 1-84) per la cui immissione in commercio è stato dato parere positivo dal comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). Gli studi condotti finora con il paratormone 1-84 hanno dimostrato una maggiore efficacia del farmaco nel normalizzare i valori circolanti di calcio rispetto alla terapia convenzionale e soprattutto un miglioramento della qualità di vita del paziente, correlato sia alla migliore correzione dell’ipocalcemia che alla ottimizzazione del trattamento in termini di riduzione dell’elevato numero di farmaci che il paziente ipoparatiroideo ancora oggi è costretto ad assumere.
fonte: ufficio stampa