Roma, 28 settembre 2022 – “I rappresentanti dei pazienti auspicano che il nuovo governo e il Ministro della Salute prendano a cuore anche le problematiche del cancro alla vescica e dell’Iperplasia Prostatica Benigna. Queste patologie sono fortemente invalidanti e pertanto le Istituzioni dovrebbero farsene carico. L’associazione FINCOPP – Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico chiederà audizione al prossimo Presidente del Consiglio e Ministro della Salute per sensibilizzarli su questo argomento”. È con questo messaggio politicamente rilevante che esordisce Francesco Diomede, Presidente FINCOPP (Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico), nel corso dell’evento “Lo stato dell’IPB in Italia e le terapie innovative disponibili” organizzato da Motore Sanità.
Antonio Magi, Presidente del Comitato Scientifico di Senior Italia Federanziani, Presidente Provinciale OMCeO Roma afferma che “oggi i pazienti trovano sempre più difficoltà nel fare prevenzione per l’Iperplasia prostatica benigna per la difficoltà a trovare, nei poliambulatori pubblici, specialisti in urologia in grado di fare la visita e successivamente seguirli nel percorso dell’eventuale patologia; ma anche per le lunghe liste d’attesa che riguardano la diagnostica ecografica, sia per l’ecografia soprapubica, che endorettale per poter monitorare e fare la diagnosi dell’Iperplasia prostatica benigna”.
“Il paziente dunque se da un lato non ha qualcuno che lo possa seguire in maniera precisa per questo tipo di patologia, dall’altro ha la necessità della presa in carico continua con riferimento, se possibile, dello stesso urologo e la possibilità di fare, quando è necessario, tutti i controlli e i follow up diagnostici”, aggiunge Magi.
Antonio Rizzotto, Presidente della Società Italiana di Urologia (SIU), afferma che è fondamentale comprendere quando si esaurisce la possibilità di cura della terapia medica e si pone l’indicazione all’intervento chirurgico. “Un momento peculiare, in cui si presenta la necessità di passare dalla terapia medica a quella chirurgica. Per poter fare ciò, gli urologi valutano il grado di ostruzione, ovvero quanto l’ipertrofia prostatica ostacola il corretto svuotamento della vescica. E quando la terapia medica non è più in grado di assicurare un miglioramento o una stabilizzazione del paziente, allora si deve procedere nel consigliare al paziente una terapia chirurgica. L’obiettivo è quello di intervenire eliminando l’ostruzione del canale uretrale, per preservare la vescica. Se interveniamo troppo tardi, rischiamo di avere una vescica ipofunzionante”.
Paolo Gontero, Professore Ordinario di Urologia presso l’Università degli Studi di Torino e Direttore della Clinica Urologica dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino illustra la sperimentazione della tecnica “Rezum” proponibile ai pazienti con Ipertrofia prostatica benigna. “Una tecnica interessante e innovativa che utilizza il vapore acqueo che viene somministrato per via endoscopica grazie a un sistema monouso dotato di un ago che esegue punture all’interno della prostata. Ciascuna di queste determina l’immediata distruzione di un paio di centimetri di tessuto prostatico”.
La caratteristica di questa tecnica è proprio l’estrema mininvasività. “L’intervento è molto rapido, dura di norma 15-20 minuti e non richiede anestesia generale o spinale”. In termini sintomatologici, i risultati si ottengono dopo un po’di tempo: “Il massimo del beneficio lo si raggiunge dopo due o tre mesi dall’intervento, anche se miglioramenti significativi si vedono già dopo un paio di settimane. Un accorgimento utile a evitare sintomi irritativi post operatori è quello di mantenere per alcuni giorni un catetere”.
I risultati, poi, sono duraturi. Negli USA sono da poco stati resi noti i risultati a cinque anni di follow up dopo l’utilizzo di “Rezum”: solo il 4 per cento dei pazienti ha avuto bisogno di un nuovo intervento. “Un’altra peculiarità di questa tecnica è il completo risparmio funzionale: oltre al mantenimento dell’erezione, anche quello di una normale eiaculazione, spesso danneggiata dalle tecniche più tradizionali. Una volta i pazienti si accontentavano di non perdere l’erezione e di conservare la continenza urinaria, oggi richiedono giustamente anche il mantenimento dell’eiaculazione”, specifica il prof. Gontero.
Sebbene questa terapia sia il metodo più appropriato per garantire ai pazienti il mantenimento di alti standard di vita, al momento è purtroppo sottoutilizzata perchè non adeguatamente rimborsata. Tale circostanza ne limita l’utilizzo in numerosi centri pubblici, impedendo dunque ai cittadini pari opportunità di accesso alle cure e non garantendo l’uniformità di trattamento sanitario sul territorio italiano.
Anche Pasquale Ditonno, Professore del Dipartimento Emergenza e Trapianti di Organi DETO AOU Consorziale Policlinico di Bari, ha esposto il suo resoconto: “Lo stato dell’arte nella terapia all’IPB consiste in due capisaldi: terapia farmacologica e terapia chirurgica. In tutte le patologie funzionali vale un criterio di progressione del trattamento, da quelle più conservative a quelle più invasive”.
E, il Prof. Ditonno continua, “sono state recentemente proposte nel trattamento dell’IPB due procedure microinvasive, la TPLA (Trans Perineal Laser Ablation), che consiste nel posizionare fibre laser nella prostata in anestesia locale attraverso il perineo, e la WVTT (Water Vapour Thermal Therapy), con cui vengono iniettati nella prostata piccoli quantitativi di vapore acqueo”.
L’Unità Operativa di Urologia Universitaria 2 del Policlinico di Bari è parte attiva nella produzione dell’evidenza scientifica, realizzando un video di standardizzazione della tecnica di esecuzione della TPLA e uno studio urodinamico sulla sua efficacia di disostruzione.
Il prof. Ditonno conclude: “Queste metodiche riescono a produrre un sollievo dei sintomi e un miglioramento del flusso minzionale superiore alle più efficaci associazioni farmacologiche, ma inferiore rispetto alla terapia chirurgica. Tuttavia, hanno il significativo punto di forza di non interferire con l’attività sessuale, l’eiaculazione e la continenza. Hanno il potenziale, quindi, di interporsi fra le terapie mediche e le terapie chirurgiche nella pratica clinica, ovvero potrebbero addirittura soppiantare in molti pazienti la terapia farmacologica come prima linea di trattamento”.