“Colesterolo cattivo alto primo rischio per cardiopatia ischemica. Servono nuovi standard e percorsi diagnostici-terapeutici univoci”, così il presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (ANMCO) Michele Gulizia.
Oggi si chiude il 47° Congresso ANMCO al Palacongressi di Rimini. Presentato documento di consenso di 16 società scientifiche e condiviso dall’ISS, linee guida per trattamento pazienti: da dieta a movimento fino a nuovi farmaci per i quali si chiede rimborsabilità, a parametri tarati ad hoc sul paziente. Inviato al ministro della Salute Beatrice Lorenzin e all’AIFA
Rimini, 4 giugno 2016 – L’ipercolesterolemia, alti livelli di colesterolo Ldl, quello ‘cattivo’, pesa sui costi sanitari per oltre un miliardo di euro, soltanto le ospedalizzazioni rappresentano il 96%, il restante 4% per farmaci e assistenza specialistica. Ne soffrono 2,5 milioni di italiani dai 35 ai 79 anni. Numeri che per il presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (ANMCO) Michele Gulizia devono ridimensionarsi anche grazie alle nuove Linee Guida e “un nuovo standard ufficiale al quale bisogna conformarsi; il tutto contenuto in un documento di consenso, sottoscritto da altre 16 società scientifiche di cardiologia, medicina interna, medicina generale, farmacologia, biochimica e biologia chimica e molecolare, e soprattutto condiviso dall’Istituto Superiore della Sanità italiano”.
Presentato al 47° Congresso nazionale dell’ANMCO, che oggi chiude i battenti a Rimini, si tratta di un evento storico, cioè il “primo documento congiunto e multidisciplinare che intende rivoluzionare il modo di fare medicina contro l’ipercolesterolemia, offrendo finalmente una visione univoca su come vanno trattati i pazienti i funzione del proprio profilo di rischio cardiovascolare. Il documento – inviato anche al ministro della Salute Beatrice Lorenzin e all’AIFA – “regola in maniera incontrovertibile come ci si deve comportare con un paziente con il colesterolo alto. Inoltre sancisce qual è il percorso diagnostico-terapeutico del paziente, anche in relazione a nuovi parametri che non include un valore massimo ma un valore di riferimento tarato sulle caratteristiche e la condizione di salute del paziente stesso. Il tutto per prevenire un infarto al cuore o un ictus cerebrale in chi non li ha avuti e per evitare una recidiva in chi ne ha sofferto”.
Tra le altre cose nel documento, “un ampio spazio di analisi viene riservato alla dieta, al movimento aerobico, alla terapia con le statine e agli inibitori del riassorbimento del colesterolo, fino alla nuova classe di farmaci inibitori dell’enzima PCSK9; e proprio dei nuovi ritrovati farmacologici se ne chiede la rimborsabilità con criteri di sostenibilità per la nostra economia”.
“Gli elevati livelli di colesterolo ‘cattivo’ Ldl – osserva Gulizia – sono in assoluto il primo fattore di rischio per lo sviluppo della cardiopatia ischemica, davanti a fumo, diabete, ipertensione e obesità. E la cardiopatia ischemica rappresenta la prima causa di morte tra le malattie cardiovascolari; queste ultime, a loro volta, prima causa di morte nel mondo occidentale. È clinicamente dimostrato che chi ha un’ipercolesterolemia ha una probabilità 3,6 volte superiore di sviluppare coronaropatie rispetto alla popolazione normale”.
L’ipercolesterolemia in Italia, tutti i dati
Secondo i dati più recenti raccolti con l’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey, rilevazione condotta sulla popolazione generale adulta (35-74 anni) dall’ISS in collaborazione con ANMCO-Heart Care Foundation, tra il 2008 e il 2012, il 34,3% degli uomini e il 36.6% delle donne è affetta da ipercolesterolemia; rispetto ai valori rilevati nella analoga indagine dieci anni prima la prevalenza della colesterolemia è aumentata, passando da un valore medio nella popolazione generale della stessa fascia di età di 205 mg/dl a 211mg/dl negli uomini e da 207 mg/dl a 217mg/dl con un aumento della prevalenza dell’ipercolesterolemia da 20.8% al 34.3% negli uomini e dal 24.6% al 36.6% nelle donne.
Più in particolare, andando a vedere per macro-area del Nord (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Emilia Romagna e Liguria) la prevalenza dell’ipercolesterolemia totale registrata nel 2008-2012 è stata del di 35% per gli uomini e di 36% per le donne, con lievi differenze tra le diverse regioni.
Nella macro area del Centro (Toscana, Umbria, Marche e Lazio) la prevalenza dell’ipercolesterolemia totale è del 29% per gli uomini e del 34% per le donne. Nella macro area del Sud (Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), la prevalenza dell’ipercolesterolemia totale è del 36% per gli uomini e del 39% per le donne.
Alcune regioni più di altre superano la soglia limite della colesterolemia totale, che già oltre i 200 mg/dl pone problemi di rischi, insieme all’ipertensione arteriosa e all’abitudine al fumo, per la salute. L’Emilia Romagna, assieme alla Sardegna, è prima in classifica con valore medio sulla popolazione generale di 245 mg/dl nelle donne e 237 mg/dl negli uomini.
Poco al di sotto sono le donne del Molise con 240 mg/dl, della Calabria con 238 mg/dl, della Sicilia e Sardegna con 237 mg/dl. Mentre per gli uomini la Sardegna, addirittura, scavalca l’Emilia Romagna e fa segnare una colesterolemia media di 238 mg/dl; quindi Calabria (233 mg/dl), Sicilia (225 mg/dl), Basilicata (221); Molise e Friuli Venezia Giulia (219 mg/dl).
Le Regioni dove la colesterolemia sembra presentare valori più favorevoli sono: Toscana con valore medio della colesterolemia di 188 mg/dl negli uomini e 199 mg/dl nelle donne; Abruzzo (195 mg/dl negli uomini e 199 mg/dl nelle donne) e la Puglia (194 mg/dl negli uomini e 200 mg/dl nelle donne). In generale le donne presentano valori più alti, sia nelle tre macro-aree sia nelle singole regioni, rispetto agli uomini.
“Lo stato del controllo della condizione a rischio dovuta al colesterolo è sicuramente migliorato negli ultimi 10 anni, il 24% degli uomini e il 17 % delle donne dislipidemiche sono ben controllate con la terapia farmacologica, però ancora circa il 40% della popolazione a cui è stata riscontrata una ipercolesterolemia non sa di avere tale condizione – rileva Simona Giampaoli, ISS – pertanto c’è ancora molto da fare nell’ambito della prevenzione: quando i dati sulla popolazione generale arrivano a indicare una prevalenza così elevata significa che per ridurre la condizione di rischio non è più sufficiente l’azione individuale, ma è necessaria una azione comunitaria rivolta alla modificazione degli stili di vita nelle diverse fasce di età”.
fonte: ufficio stampa