Invecchiare bene, studio rivela l’impatto negativo della solitudine sulla salute e l’importanza delle reti sociali

Lo studio “Tapas in Aging – Time and Places and Spaces in Aging”, condotto – prima e durante la pandemia – su oltre 400 ‘over50’ residenti in Lombardia, illustra il ruolo strategico delle relazioni sociali, dello spazio e dell’uso del tempo. I risultati presentati a Milano

Milano, 25 settembre 2021 – Dimmi su quante persone – in qualunque momento della tua vita – puoi fare affidamento e ti dirò come stai. Salute, qualità di vita e benessere bio-psico-sociale, dopo una certa età, dipendono strettamente dalla presenza di una solida rete di contatti.

Quel che tramite il buon senso si può facilmente intuire, oggi viene rafforzato e dimostrato dalla ricerca e da dati scientifici: chi ha una rete solida di relazioni o è parte attiva di un’associazione non solo riesce ad avere una buona percezione di salute e di benessere psicofisico e riesce a gestire più efficacemente ogni situazione, indipendentemente dalla condizione economica individuale, ma ha anche una salute migliore. Sono le persone che ci stanno a fianco a fare la differenza e non bastano dunque le relazioni parentali, amicali e di buon vicinato; per invecchiare in salute è necessario anche essere inclusi in reti territoriali e avere punti di riferimento associativi.

Sono questi i messaggi emersi da “Tapas in Aging – Time and Places and Spaces in Aging”, il progetto biennale (2019-2021) coordinato dall’UOC Neurologia, Salute Pubblica, Disabilità della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano in collaborazione con AUSER Regionale Lombardia e finanziato da Fondazione Cariplo e presentato oggi in convegno dedicato a Milano.

I dati sono stati raccolti su un campione di 431 persone over50 residenti in Lombardia e afferenti ad Auser Lombardia come volontari o utenti; i soggetti sono equamente divisi tra uomini (209) e donne (222), hanno un’età media di 70 anni (nello specifico, da 51 a 83 anni) e sono per la maggior parte in pensione. Le interviste sono state condotte da gennaio 2020 a giugno 2021 in presenza prima della pandemia, poi online o al telefono. Sono stati organizzati anche dei focus group per approfondire con alcuni soggetti i temi relativi al ruolo delle reti sociali, della casa, e delle tecnologie.

Dalle risposte ricevute, emerge che oltre il 60% degli intervistati riferisce di sentirsi in buona salute e le migliori autovalutazioni arrivano da chi presta servizio come volontario, quindi da chi già appartiene a una rete solida su cui poter contare. Nonostante questo, le persone che gli intervistati sentono più vicine sono in media 9, ma sono solo da 3 a 5 quelle che pensano di poter chiamare nell’ urgenza, nel momento del bisogno.

All’aumentare della solitudine, la ricerca rivela che per tutti gli intervistati diminuisce in maniera sensibile la qualità di vita e aumenta il grado di disabilità, a conferma di un dato noto e cioè del significativo impatto negativo della solitudine sullo stato di salute.

I risultati della ricerca TAPAS confermano l’importanza di appartenere a una rete sociale; allo stesso tempo, dimostrano quanto i fattori ambientali siano fondamentali per il benessere della persona, anziana e non, anche in considerazione dei cambiamenti apportati dalla pandemia nella vita di ciascuno.

“La salute in età avanzata non dovrebbe essere definita dall’assenza di malattia. L’invecchiamento in buona salute è infatti realizzabile da ogni persona. È un processo che consente a persone anziane di continuare a fare le cose che sono importanti per loro – dice la dott.ssa Matilde Leonardi, coordinatrice della ricerca TAPAS e Direttore della UOC Neurologia, Salute Pubblica, Disabilità del Besta – Da oltre 10 anni al Besta coordiniamo ricerche internazionali e nazionali sul ruolo di spazio, tempo e relazioni come determinanti di salute. I nostri progetti COURAGE, IDAGIT e ATHLOS hanno dimostrato come per invecchiare in salute sia necessario agire su questi fattori ambientali per renderli facilitatori e non barriere. Quando si tratta di salute, infatti, come dichiara anche l’OMS, non c’è nessuna persona anziana ‘tipica’: l’invecchiamento biologico è solo vagamente connesso con l’età della persona. La salute in età avanzata non è casuale: in alcuni casi riflette l’eredità genetica, ma spesso è influenzata proprio dall’ambiente fisico e sociale in cui la persona anziana vive. Parliamo di opportunità, di relazioni e di comportamenti. Per gli anziani intervistati in TAPAS sapere di essere inseriti in una rete associativa come Auser è stato di grande aiuto, prima e durante la pandemia, e ha evitato che si sentissero soli. Questa è la grande forza delle reti: stare in connessione con gli altri, anche grazie alle nuove tecnologie”.

Una rete solida si caratterizza per la fiducia, come quella che si stabilisce tra i volontari Auser e le persone anziane che vengono aiutate e progressivamente portate a uscire dalla solitudine: “La popolazione anziana è un capitale sociale, non può essere vista solo come sinonimo di spesa sanitaria o di assistenza sociale: ecco perché le reti sociali sono acceleratori di cambiamento e di raggiungimento degli obiettivi. Attraverso la telefonia sociale e la rete capillare dei nostri centri, Auser ha creato in Lombardia e in Italia ha un modello organizzativo straordinario per favorire inclusione e inter-generazionalità – afferma Ersilia Brambilla, Presidente di Auser Regionale Lombardia – Un “invecchiamento in salute” deve coinvolgere tutti i livelli e i settori istituzionali, stabilendo politiche e programmi per intervenire ad esempio su alloggi senza ascensore, spazi verdi, luoghi di socialità, trasporti e mobilità a piedi: dato l’andamento demografico questo è un imperativo, non un’opzione. L’accesso alle cure, inoltre, deve essere prossimo al luogo di residenza e “domiciliarità” deve diventare la parola chiave del futuro”.

L’obiettivo della valorizzazione della persona anziana sta molto a cuore anche all’OMS: “L’OMS ha presentato a gennaio 2021 il “Decennio per l’Invecchiamento Sano”, inaugurato con il “WHO Baseline Report on Healthy Aging”, studio mondiale sulle condizioni di invecchiamento e buone pratiche cui hanno contribuito 100 differenti organizzazioni, con 350 casi di studio in 55 paesi in tutto il mondo – ha detto la dott.ssa Ritu Sadana, autrice principale del report e capo dell’Unità Invecchiamento e Salute dell’OMS, che ha partecipato in video al Convegno TAPAS – Nel Report, TAPAS è menzionato come progetto che contribuisce alla definizione di ‘functional ability’ e l’associazione Auser, con le attività che svolge in tutta Italia per promuovere l’invecchiamento attivo, è indicata come buona pratica a livello internazionale per facilitare il raggiungimento degli obiettivi”.

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