Milano, 5 aprile 2019 – La plastica non inquina solo in mare ma potrebbe mettere a rischio la nostra salute fin dentro le nostre case, attraverso gli oggetti di cui facciamo uso più comune.
“Molecole di ftalati, composti chimici usati nell’industria della plastica per migliorarne flessibilità e modellabilità, sono presenti nel particolato atmosferico. Si ritiene che in ambienti indoor, causa anche il minor ricambio d’aria, la loro concentrazione sia maggiore in quanto si tratta di molecole che si liberano nell’aria per usura di arredi e manufatti plastici, normalmente presenti nelle stanze di case e uffici”, dichiara il professor Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).
Gli studi scientifici in tal senso sono solo agli inizi ma l’argomento è di grande attualità e il rischio per la salute connesso agli ftalati indoor è molto serio.
“Queste molecole aero-disperse – prosegue Miani – sono interferenti endocrini, sostanze in grado di interferire con l’organismo e alterare l’equilibrio ormonale, che è fondamentale per lo sviluppo del feto, per la crescita del bambino, per lo sviluppo sessuale e per le attività riproduttive. Più esposta al rischio dunque è la fascia di popolazione più debole: neonati, bambini e giovani adolescenti”.
Secondo una classificazione dell’Unione Europea, gli interferenti endocrini con effetti certi di interferenza col sistema endocrino sono 66 e ve ne sono altri 52 per i quali non esistono prove sufficienti a una classificazione sicura. In Italia, il Gruppo di Ricerca coordinato dal professor Gianluigi De Gennaro dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – riferimento scientifico nazionale per la ricerca sulla qualità dell’aria indoor – è impegnato nello studio di questi inquinanti emergenti e nel monitoraggio della qualità dell’aria di ambienti confinanti, come ospedali, centri commerciali, scuole e negozi. Attraverso un device capace di monitorare il livello di inquinanti nell’aria, collegato a sistemi di purificazione e areazione, è possibile ridurre notevolmente l’impatto sulla salute di chi vive e frequenta tali contesti.
Ad oggi in Italia manca una legislazione di riferimento sulla qualità dell’aria indoor. SIMA ha recentemente sottoposto ad alcuni parlamentari una sua proposta in tal senso, frutto di studi scientifici e di comparazione con quanto già realizzato in altri Paesi dell’Unione Europea, oltre ad aver redatto un Decalogo, consultabile sul sito www.prevenzione.life, atto a ridurre l’esposizione umana ai principali inquinanti dell’aria domestica.
Continua il presidente di SIMA: “Si stima che nei Paesi sviluppati la popolazione passi il 90% del proprio tempo in ambiente chiuso come case, uffici e scuole, dove la qualità dell’aria diventa cruciale per la salute e per il benessere. L’aria indoor, infatti, può essere molto più inquinata rispetto a quella outdoor perché gli inquinanti esterni vengono intrappolati e si accumulano, perché vi sono inquinanti propri delle abitazioni e perché le varie attività umane – quali la cottura dei cibi, la pulizia della casa – contribuiscono alle emissioni di ulteriori inquinanti”.
“Seguire i ‘precetti’ di prevenzione (‘better preventing than cleaning up’) e di precauzione (‘better safe than sorry’) è importante e più che mai necessario. A questo però deve accompagnarsi un nuovo modo di intendere il rapporto con l’ambiente circostante e con gli altri esseri umani. Solo così potremo ridurre il rischio ambientale che sempre più spesso è causato dall’inerzia di politica e Istituzioni, dal malcostume di molti e da un senso di ‘anestesia sociale’ che porta i più a non rendersi conto che il cambiamento passa anche attraverso ogni nostra singola azione quotidiana”, conclude Miani.