Innovazione, appropriatezza, qualità ed equità delle cure. Le nuove sfide dell’oncologia

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Como, 29 gennaio 2018 – La prevenzione, le diagnosi precoci ma anche le nuove armi terapeutiche a disposizione permettono guarigioni o lunghe sopravvivenze. L’oncologo si trova di fronte al grande progresso delle terapie oncologiche da una parte, ma dall’altra parte si scontra con i limiti attuali della genetica oncologica.

Oltre 3.000.000 di cittadini italiani vivono nel 2017 dopo una diagnosi di tumore (fonte: Aiom-Artum). Si rendono pertanto necessari, anche in oncologia, nuovi modelli organizzativi che potenzino ciò che da sempre caratterizza la ‘presa in carico’ di un paziente oncologico, ovvero la creazione di percorsi trasversali che superino la frammentazione di percorsi di diagnosi e trattamento, garantiscano continuità nell’accesso alla rete dei servizi e appropriatezza nelle prestazioni.

L’ultima giornata della Winter School 2018 dedicata all’innovazione dell’oncologia è stata aperta dal saluto del prof. Mario Melazzini, Direttore Generale di Aifa: “Auspico che tutti gli attori della Sanità partecipino insieme alla sfida che il SSN oggi impone, che i pazienti siano aderenti alle terapie e che si affidino a chi quotidianamente deve garantire loro rapide risposte”.

L’immunoncologia è la quarta arma contro il cancro che si affianca a quelle ‘classiche’ costituite da chirurgia, chemioterapia e radioterapia. “Oggi sono stati raggiunti risultati importantissimi e molte conquiste sono considerate ormai acquisite – ha spiegato il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli – Nel melanoma metastatico grazie all’immunoncologia il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi. E sono promettenti i risultati in neoplasie che, finora, in stadio avanzato presentavano scarse opzioni terapeutiche: ad esempio nella vescica quello ottenuto con l’immunoncologia è il primo reale progresso negli ultimi 30 anni. E le prospettive si estendono alle neoplasie del polmone, del rene, del fegato, del colon-retto, del distretto testa-collo e del linfoma di Hodgkin”.

Gli oncologi vogliono avere una visione di insieme delle mutazioni dei geni e dell’epigenetica per curare più persone possibile e quindi ridurre il costo delle cure contro il cancro.

“Le metastasi sono diverse dal tumore primitivo e modificano le loro caratteristiche nel corso del tempo, per questo esiste la necessità di andare oltre la ‘foto’ del momento diagnostico del tumore primitivo e di creare invece un ‘film’, una sequenza di scatti che descriva nel tempo lo sviluppo delle cellule che danno le metastasi” ha spiegato il prof. Pierfranco Conte, Professore Ordinario Oncologia Medica, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica Dipartimento Di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche Università di Padova.

“La necessità di una visione di insieme richiede strumenti tecnologici molto sofisticati – ha aggiunto il prof. Filippo De Braud, Direttore Dipartimento Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale dei Tumori – È necessario investire di più per ridurre il costo della diagnostica e per migliorare l’outcome delle cure, e implementare la conoscenza utile per avere strumenti di prevenzione di diagnosi precoce che permetterà di guarire più persone. Approfondire dall’inizio la diagnostica su tutti i malati non solo permette di curare meglio i malati e creare i presupposti per sviluppare meglio le cure personalizzate, ma anche di mettere le basi per avere maggiore conoscenza e aumentare le probabilità di guarigione nei malati, magari affrontando la malattia in fase precoce”.

È importante che le novità dei nuovi farmaci siano associate ad una nuova gestione del paziente che deve conferire la metodologia adeguata per garantire la corretta gestione del trattamento stesso.

“La nuova gestione deve partire dal concetto della ‘presa in carico’ del paziente – ha spiegato il prof. Pietro Quaglino, Dermatologo della Città della Salute e della Scienza di Torino – Significa sostanzialmente prendersi cura della persona per l’intero iter clinico e assistenziale da quando mette piede in ospedale, e deve svilupparsi nell’ambito della ‘interdisciplinarietà’ come interazione di più discipline e quindi attraverso riunioni interdisciplinari dei medici e non semplici consulenze in cui il paziente viene inviato dai vari medici”.

Sul passaggio dai Pdta al Pai è intervenuta la dott.ssa Monica Giordano, Direttore della UOC di Oncologia dell’Asst Lariana di Como, azienda che a gennaio di quest’anno ha inaugurato il nuovo Centro Servizi per la presa in carico dei pazienti cronici e fragili nel Poliambulatorio di via Napoleona a Como, frutto della Delibera attuativa della Regione Lombardia.

“Il Pai consentirà al ‘clinical manager’ del paziente di stilare, attingendo dagli esami ritenuti appropriati e necessari dal Pdta, un profilo ritagliato sulle esigenze del singolo paziente. Si tratta di un progetto da sviluppare con attenzione, e non con poche difficoltà, che ruota intorno ad uno strumento clinico-organizzativo, con funzioni di facilitazione e di coordinamento. La nostra Direzione Sanitaria è stata particolarmente veloce ed attenta nell’attuare le modifiche che rendono questo progetto attivo fin da ora come un vero e proprio ‘piano a misura di paziente’” conclude la Monica Giordano.

La Rete Oncologica ha un ruolo strategico nella gestione del paziente oncologico. “È necessario che vada rinforzata per proteggere sia il paziente sia l’operatore – ha spiegato il dott. Giovanni Scognamiglio, UOS Oncologia, Ospedale Valduce Como – Il passaggio dai Pdta ai Pai rappresenta una vera e propria estensione della Rete Oncologica”.

Sul tema delle infezioni e del loro impatto socio-economico è intervenuto Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia sanitaria, Eehta Ceis; Università di Roma Tor Vergata, Kingston Universtiy, London, UK, che ha anche sollecitato la creazione di un Osservatorio permanente sulle infezioni in collaborazione con il Ministero della Salute.

“Oltre a essere un problema sanitario, le infezioni sono un fenomeno dal notevole impatto socio economico: una singola infezione ospedaliera ha un costo di circa 9.000-10.500 euro poiché prolunga la degenza del 7,5-10% delle giornate di ricovero. Un aspetto evidenziato dalla ricerca Burden economico delle infezioni ospedaliere in Italia, realizzata dalla Facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata di Roma è quello per cui partendo dal presupposto che le infezioni ospedaliere compaiono in circa 3 casi ogni 1.000 ricoveri in regime ordinario, la stima media annua dei costi raggiunge 69,1 milioni di euro, oltre all’incremento della spesa media per singolo ricovero”, conclude il prof. Mennini.

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