Un incontro per valorizzare lo sviluppo della tecnologia al servizio della salute
Tutela della salute dei cittadini, tecnologia al servizio della medicina per servizi sanitari sicuri, affidabili e a costi contenuti.
Questi argomenti stanno così a cuore al Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), che ha presentato un parere di iniziativa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, relatore il consigliere italiano Edgardo Maria Iozia e correlatore il delegato Dirk Jarré, austriaco.
Ed è proprio con il consigliere che si è svolto un incontro nel mese di settembre a Milano di una delegazione tutta italiana dei rappresentanti degli organismi professionali e del mondo accademico e scientifico. Tutti i presenti hanno concordato nel riconoscere che l’Ingegneria Biomedica sta assumendo un ruolo sempre più centrale in una prospettiva in cui l’Europa si confronta con una crescente domanda di servizi sanitari di qualità.
Il documento del CESE pubblicato il 4 settembre di quest’anno[1] riconosce che l’Ingegneria Biomedica non è semplicemente una sottocategoria della medicina moderna ed evidenzia la combinazione tra la professione di Ingegnere Biomedico ed il settore dei servizi medici e di assistenza.
Il CESE raccomanda alle istituzioni europee che si segua l’esempio statunitense e si riconosca questa disciplina come una scienza a pieno titolo e a sé stante, anche per rafforzare la competitività internazionale delle imprese europee e degli organismi di sorveglianza.
Molto importante appare il riconoscimento delle principali attività che oggi richiedono specialisti in ingegneria biomedica per dare supporto ai medici in quelle mansioni che richiedono competenze connesse all’uso della tecnologia e che formano oggetto della professione di ingegnere.
Gli ingegneri che operano nel settore della salute, sia in ambito ospedaliero sia nel settore privato come nel mondo scientifico e della ricerca, si confrontano giornalmente con problemi concreti che vanno dalla progettazione alla valutazione e gestione di materiali e tecnologie per i dispositivi medici di diagnosi, prevenzione, trattamento, sostituzione o modifica dell’anatomia. E come sempre accade nel mondo reale le soluzioni devono essere realizzabili con risorse strutturali ed economiche limitate.
Una delle principali preoccupazioni che emergono dal dibattito europeo, è che i dispositivi medici siano considerati prodotti industriali e che la loro libera circolazione possa avvenire a seguito del rilascio di un certificato emesso da organismi privati di sorveglianza, dopo la valutazione di documentazione tecnica prodotta dal fabbricante. Il processo di realizzazione e di valutazione di questi documenti appare difatti molto critico per la sicurezza dei cittadini e per la crescita dell’industria, soprattutto se il compito non viene svolto da personale con requisiti minimi di qualifica e competenze tecniche paragonabili a quelle degli ingegneri biomedici esperti.
Purtroppo sono ancora vivi i ricordi delle tristi vicende legate alle valvole cardiache difettose della Tri-Technologies certificate dal TÜV SÜD, così come quelle delle protesi al seno fabbricate dalla PIP e certificate dal TÜV Rheinland o ancora i problemi delle protesi d’anca metallo-metallo della DePuy certificate dal BSI e le attività improprie svolte da uno specialista di prodotto in sala operatoria per l’impianto di un pacemaker.
Il gruppo presente all’incontro con Edgardo Maria Iozia era composto dagli ingegneri Angelo Valsecchi consigliere del CNI, Augusto Allegrini presidente CROIL, Luca Radice dell’Ordine Ingegneri di Monza e Brianza, Sergio Cerutti del Politecnico di Milano e presidente del coordinamento nazionale delle commissioni italiane di Ingegneria Biomedica, Maria Gabriella Signorini e Anna Maria Bianchi dell’Ordine Ingegneri di Milano, Ilaria Vallone dell’Ordine di Pavia.
Ulteriori contatti si sono avuti successivamente con Leandro Pecchia dell’Università di Warwick UK, che è stato uno dei contributori del parere europeo in qualità di chairman del Public Affairs Working Group della Società Europea di Ingegneria Biomedica (EAMBES).
Per il successo dell’ambizioso progetto di riconoscimento e valorizzazione delle eccellenze di questa professione, che coniuga tecnica e scienza medica, l’impegno che il CNI assumerà con il supporto degli ordini territoriali e della comunità accademica e scientifica sarà di fondamentale importanza.
L’alleanza e la cooperazione tra la professione medica, il mondo accademico e l’industria, la partecipazione di un pubblico più vasto alla definizione dei bisogni futuri, sono la chiave per far progredire in modo efficace ed efficiente le attività connesse alla cura della salute, comune obiettivo di tutti.
[1] OJ 2015/C 291/07