Roma, 6 giugno 2015 – Circa 1 bambino o ragazzo su 3 presenta condizioni mediche o comportamenti che possono avere ripercussioni negative sulla futura fertilità, ma la prevenzione nell’infanzia e nell’adolescenza può dimezzarne i rischi. Su questo tema si confrontano gli esperti riuniti al 71° Congresso Italiano di Pediatria, che all’unisono constatano la lenta débâcle della fertilità maschile negli ultimi 50 anni. In mezzo secolo il numero di spermatozoi nel maschio si è ridotto della metà. Oggi il 20% delle coppie non riesce ad avere figli in maniera naturale e nel 40% dei casi è l’uomo ad avere problemi. Le cause? “Nella grande maggioranza dei casi risalgono all’infanzia e all’adolescenza: i fattori di rischio sono alcune patologie e condizioni mediche dei primi anni di vita che non vengono riconosciute in tempo o vengono trascurate e alcuni comportamenti e stili di vita errati in età adolescenziale come fumo e abuso di alcol e sostanze stupefacenti – dichiara Giovanni Corsello, Presidente del Congresso e della Società Italiana di Pediatria – L’opera del pediatra è fondamentale sia per la prevenzione primaria, attraverso la sensibilizzazione dei giovani all’adozione di comportamenti più responsabili, sia per la prevenzione secondaria, cioè la diagnosi e il trattamento precoce delle condizioni mediche che possono portare all’infertilità, e, infine, attraverso i controlli periodici, per far sì che possano essere evitate eventuali complicanze di patologie già diagnosticate”. Proprio in quest’ottica, il Piano per la Fertilità promosso dal Ministero della Salute, presentato la scorsa settimana, prevede interventi di formazione rivolti ai pediatri affinché possano intercettare precocemente e intervenire sui fattori di rischio.
Le principali cause dell’infertilità
Criptorchidismo e il varicocele sono le due condizioni mediche che incidono di più sulla futura fertilità. “Il primo interessa il 3-5% dei neonati ed è più frequente nei bambini nati pretermine. Alla nascita un testicolo non si trova nello scroto e, sebbene nell’80% dei casi scenda spontaneamente entro i 6-12 mesi di vita, nei restanti casi è necessario intervenire quanto più precocemente per evitare che si possano creare dei danni al testicolo – spiega Giuseppe Saggese, Presidente della Conferenza dei Direttori delle Scuole di Specializzazione in Pediatria – Il varicocele è la dilatazione di alcune vene del testicolo, condizione che riguarda il 20 degli adolescenti. Nonostante sia così comune, spesso non viene diagnosticato o la sua diagnosi avviene per caso perché non viene indagata abbastanza”, aggiunge l’esperto.
Sovrappeso e obesità alla pubertà determinano uno squilibrio ormonale che può avere effetti negativi sia sullo sviluppo sessuale sia sullo sviluppo degli spermatozoi nel testicolo. Il fumo di sigaretta e di marijuana, l’abuso di bevande alcoliche e il consumo di sostanze stupefacenti sono state associate a danni genetici a livello del DNA degli spermatozoi e ad alterazioni della loro mobilità e quindi ad una riduzione della fertilità maschile. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità il 20% dei ragazzi italiani fuma sigarette e l’87% dei fumatori inizia a fumare prima dei 20 anni. Circa il 30% degli adolescenti fa anche uso di cannabis, l’abuso di alcol interessa il 64% degli adolescenti e fino al 10% in maniera abitudinaria.
“Se consideriamo che negli adolescenti è molto frequente il policonsumo di fumo, alcol e marijuana (fino al 64% dei ragazzi) è chiaro come questi fattori di rischio, sommandosi, possono in qualche modo danneggiare i testicoli, in un’età delicata come quella della maturazione e dello sviluppo” prosegue Saggese.
Alcune malattie sessualmente trasmesse (MST) (come la chlamydia, la gonorrea, la sifilide, l’HIV, gli herpes-virus e soprattutto il virus del papilloma umano), che nel ragazzo possono essere asintomatiche, hanno la capacità di raggiungere il testicolo e di danneggiarlo. Ma purtroppo spesso i giovani non conoscono proprio le MST più comuni e soprattutto i molti rischi che si possono correre ad avere rapporti sessuali non protetti.
La transizione: il momento più difficile
“Il momento più critico si verifica nella fase di passaggio dal pediatra al medico dell’adulto – spiega Andrea Lenzi, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia – A 15-16 anni, quando il bambino smette di andare dal pediatra perché anche i genitori sospendono le visite periodiche, non viene più fatto alcun controllo: invece per salvaguardare la salute il potenziale riproduttivo delle generazioni future occorre un percorso assistenziale post-pediatrico che consenta di agire proprio sulla finestra critica rappresentata dal passaggio dall’infanzia all’adolescenza, alla giovinezza”.
I controlli da non mancare
Alla nascita, a 12, 16 e a 18 anni: questi i controlli da non mancare per una corretta prevenzione andrologica. “Nell’infanzia il bambino deve essere sottoposto ad un controllo finalizzato a valutare la posizione dei testicoli e la eventuale presenza di alterazioni del pene e del meato uretrale, o della presenza di fimosi – spiega Lenzi – Fra i 12 e i 16 anni una visita pediatrica di tipo andrologico (o più se si trovano patologie) risulta essenziale per seguire questo delicato processo di sviluppo ed individuare patologie come il varicocele. Al raggiungimento della maggiore età far visitare i propri figli significa mantenere attenzione su questa sfera abituando il ragazzo a controllarsi senza problemi, a verificare che lo sviluppo sia avvenuto correttamente, che non vi siano alterazioni del pene o dei testicoli, di nuovo che non sia presente un varicocele, che la sessualità si stia sviluppando senza timori, ed anche ad addestrare alla autopalpazione del testicolo, unica maniera per identificare precocemente i segni della presenza di un tumore al testicolo, uno fra quelli che colpiscono più frequentemente i giovani fra i 15 e i 35 anni”.
fonte: ufficio stampa