Milano, 28 luglio 2018 – La questione infermieristica in Italia e, quindi, in Lombardia è cosa assai complessa e lo sa bene il NurSind, che sull’argomento ci lavora assiduamente da vent’anni: i problemi che gli infermieri e le ostetriche vivono sulla propria pelle da molto, troppo tempo, sono numerosi.
Ad esempio, quelli legati alla mancanza di risorse umane; il numero di infermieri presenti in Italia è di circa 420.000 ma, secondo alcuni studi condotti dalla FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), ne mancherebbero dai 35.000 ai 60.000 (dipende dai modelli organizzativi a cui si fa riferimento).
In Lombardia ne mancano almeno 3.000 e la Regione cosa fa? D’accordo con CGIL, CISL, UIL e FSI firmano un’intesa che, senza consultare i lavoratori, legittima la riduzione, per il 2018, delle Risorse Economiche Aggiuntive per assumere circa 250 infermieri (che non coprirebbero nemmeno il 10% del reale fabbisogno!).
Sindacati firmatari, la scorsa primavera, di un Contratto di Lavoro a dir poco indecente che permettono il furto di altro danaro dai già poco dignitosi stipendi di infermieri e ostetriche.
Abbiamo in Italia un rapporto infermieri/abitanti che è vergognoso: siamo all’ultimo posto con un rapporto di circa 6 infermieri per 1000 abitanti; tanto per fare degli esempi, in Svizzera il rapporto è di 17/1000, in Irlanda di 12/1000 e in Germania di 11/1000.
Gli infermieri e le ostetriche sono, ormai, sull’orlo di una crisi di nervi e stanno pericolosamente scivolando verso livelli critici di burn-out, dove nei reparti di degenza si lavora spesso ai minimi assistenziali (i minimi garantiti, di norma, in caso di sciopero), dove l’errore da malasanità è sempre in agguato, visti i carichi di lavoro sempre più alti, dove parte del personale laureato è “dirigente” d’ufficio, e altro personale laureato (le professioni sanitarie non mediche) spesso è impiegato in attività cosiddette “demansionanti”, dove le competenze specialistiche non vengono valorizzate nemmeno gratuitamente, e così via… all’interno di realtà sanitarie che sono più da terzo mondo che da Paese moderno.
E un infermiere in burn-out diventa una pericolosa mina vagante per i nostri pazienti.
NurSind non ci sta e leva alto il suo grido di protesta a nome dei numerosi colleghi che rappresenta, impegnandosi fin d’ora a porre in essere ogni azione lecita che punti a porre fine a questo indecoroso atteggiamento sia della Regione che delle Organizzazioni Sindacali rappresentative.