Roma, 25 giugno 2020 – “Così non va, inutile nasconderci: il Disegno di Legge 1346, sull’introduzione in Italia dell’Infermiere di Famiglia, va radicalmente cambiato nella sua impalcatura attuale, che ritengo estremamente mediocre – esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up – Nella mia recente audizione alla Commissione Sanità del Senato, ho avuto modo di introdurre l’argomento dopo un’attenta analisi del testo di ddl, che la stessa Commissione aveva elaborato”.
“Dai suoi enunciati ho evinto quanto mi è stato poi confermato da Senatori che ne hanno esplicitato gli intendimenti di fondo. Ancora una volta, la istituenda figura di “infermiere di famiglia” esce dal ddl profondamente svilita, perché ridotta ad una palese condizione di subalternità rispetto al medico di famiglia territorialmente competente. L’esercizio della sua professione prende forma – come si legge nel testo del ddl – esclusivamente nei limiti e nelle forme dell’assistenza domiciliare, altresì garantendo quella intermediarietà (oltrechè deontologicamente scontata) tra paziente e medico di famiglia, apparendo al contempo deprivata della possibilità di utilizzare tutte le capacità, le abilità e le competenze di cui dispone”.
“E questa sua ‘compressione’, nel puro esercizio dell’assistenza domiciliare, troverebbe giustificazione – secondo gli intendimenti dei Senatori – nella necessità di ridurre le ospedalizzazioni, soprattutto di pazienti di età avanzata. Ma non è di certo ‘questo’ Infermiere di Famiglia di cui ha bisogno oggi il nostro Paese. Nulla questio sulla necessità di ridurre le ospedalizzazioni e gli accessi alle strutture pubbliche ma proprio per questo motivo la figura dell’infermiere di famiglia deve assumere una funzione polarizzatrice sul territorio offrendo tutti quei servizi infermieristici di cui qualsiasi paziente potrebbe in qualsiasi momento aver bisogno, senza dover ricorrere necessariamente all’ospedale”.
“Questi servizi infermieristici non possono di certo ridursi a quello della sola assistenza domiciliare. Al contrario. Il SSN ha bisogno di una figura sanitaria cardine che operi, complementarmente e parallelamente a quella del medico di famiglia, nell’ambito dei servizi territorialmente garantiti sotto forma di assistenza primaria. Il che è tutta un’altra prospettiva rispetto a quella limitante e limitata dell’assistenza domiciliare”.
“Il professionista infermiere di oggi – e questo vorrei ribadirlo ancora una volta ai Senatori della Commissione professionalmente noti come valenti medici del servizio sanitario nazionale – possiede tutto un alveo di competenze e di professionalità che già l’ordinamento italiano gli riconosce, nell’ambito delle quali la funzione di assistenza domiciliare rappresenta soltanto una piccola parte”.
“Perché, dunque, mortificare con un ddl del genere quella professionalità e quella competenza infermieristica comprimendola nella sola assistenza domiciliare ed in una oltremodo scontata tra paziente e medico di famiglia? Quale ventilata innovazione potrebbe mai rappresentare oggi per il SSN? L’infermiere di famiglia sul territorio potrebbe tranquillamente erogare tutti i servizi infermieristici di cui l’utenza potrebbe avvalersi al bisogno senza necessariamente erogare questi servizi soltanto sotto forma di assistenza domiciliare”.
“Del testo del DDl – voglio ribadirlo adesso più che mai – c’è bisogno di profonde revisioni, a partire dall’inserimento di normative strutturali, capaci anche di creare un doveroso collegamento con quel Decreto Valorizzazione che ha già disposto il reclutamento di circa 9700 infermieri. Il rischio è che, senza una norma di coordinamento che indichi alle regioni i perimetri entro i quali devono stare per garantire l’assistenza infermieristica di famiglia ai cittadini, si rischia di vedere i colleghi neo assunti fare la fine dei ‘dilettanti allo sbaraglio’, infermieri assunti ed inviati sul territorio senza nessun vincolo di destinazione: praticamente alla mercé del fallace ed ormai sperimentato libero arbitrio delle Regioni. Chi ci garantisce, ad esempio con questo DDL, che non saranno utilizzati per coprire le gravi e consolidate esigenze strutturali degli organici ospedalieri?”.
“Si dia ora e non domani, la possibilità concreta all’infermiere di famiglia di essere fino in fondo quello che le sue potenzialità professionali prevedono, e cioè l’essere leva fondamentale per un cambiamento radicale e positivo per il nostro sistema sanitario. Non si perda l’opportunità di corroborare questo disegno di legge con le doverose modifiche che noi abbiamo proposto, affinché si trasformi “in un progetto nazionale di coordinamento strutturale entro il quale rendere operativi gli infermieri di famiglia sul territorio”: una buona legge può creare quel perimetro fondamentale di regole, poche, semplici, lineari e concrete che ora manca, ed entro il quale dovrà realizzarsi il rapporto tra l’infermiere di famiglia assunto grazie al Decreto Valorizzazione, le pubbliche istituzioni ed i cittadini , come d’altronde già avviene per il medico di famiglia”.
“Prima che sia tardi occorre apportare a questo DDL modifiche radicali, affinché non diventi un boomerang, ovvero un ulteriore ostacolo alla crescita del già carente sistema di cui disponiamo. Alla sanità italiana serve multidisciplinarietà, condivisione, interazione tra le figure professionali e non professionisti di nome ma sudditi asserventi nei fatti. Sissignore, conclude De Palma, per noi infermieri solo in questo modo una organizzazione sanitaria che ha al centro del suo progetto il cittadino, potrà guardare al futuro con legittima serenità”, conclude De Palma.