Ricercatori dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli, in collaborazione con Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e Università di Ferrara, hanno scoperto meccanismi di trasmissione della malattia genetica non solo materni: anche i padri possono trasmetterla, a causa del ‘mosaicismo’ che caratterizza il Dna di maschi affetti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, delinea nuove prospettive di diagnosi molecolare
Roma, 10 agosto 2017 – Una ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso’ del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Igb-Cnr), condotta in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e con l’Università di Ferrara, ha scoperto che l’ereditarietà dell’Incontinentia pigmenti (IP; OMIM#308300) non è solo materna: le forme familiari della malattia genetica rara che colpisce le bambine possono, infatti, essere trasmesse anche dal padre. Lo studio è pubblicato sulla rivista internazionale Pediatrics.
“Questa malattia è letale nei maschi: per questo si è sempre ritenuto che l’eredità fosse solo materna. Le pochissime eccezioni documentate di maschi con Incontinentia pigmenti sopravvivono perché la mutazione stabilisce nelle cellule somatiche una situazione di ‘mosaicismo’, cioè l’espressione contemporanea di diversi patrimoni genetici nello stesso individuo”, spiega Matilde Valeria Ursini dell’Igb-Cnr, coordinatrice dello studio.
“In pratica, i bambini di sesso maschile non ereditano la malattia dai genitori ma la mutazione avviene nelle cellule del feto maschio. In questi pazienti la possibilità di diagnosticare la presenza delle cellule malate nel sangue periferico era fino ad oggi assai scarsa”, prosegue Ursini.
I risultati dello studio forniscono una nuova opportunità diagnostica attraverso il prelievo non invasivo di tessuti del paziente, quali urine e liquido seminale.
“Sorprendentemente, abbiamo identificato due casi familiari di trasmissione dell’Ip padre-figlia e abbiamo dimostrato che la diagnosi molecolare può essere effettuata nelle cellule del sedimento, nelle urine e nel liquido seminale. In questi tessuti le cellule malate permangono fino all’età adulta e possono essere identificate e caratterizzate geneticamente. Inoltre, tali cellule nel liquido seminale possono fecondare e trasferire la mutazione alle figlie femmine, con una trasmissione paterna, come è avvenuto nei due casi descritti. Quindi il nostro studio, oltre a indicare un metodo di diagnosi genetica nei maschi Ip, dimostra che, una volta avvenuta la mutazione, c’è il rischio che questa possa essere trasmessa alle figlie. Questo rischio può essere evidenziato mediante la ricerca delle cellule mutate nel liquido seminale dei pazienti maschi” commenta Matilde Valeria Ursini.
“Grazie alla stretta collaborazione tra centri clinici e il Cnr, oggi, possiamo dare una risposta molecolare anche a questo sottogruppo di pazienti”, precisano May El Achem e Andrea Diociaiuti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Lo studio è stato realizzato grazie all’utilizzo di dati e materiale biologico depositato presso la biobanca genetica per Incontinentia pigmenti (Ipgb) dell’Igb-Cnr di Napoli, nodo del network Bbmri-Eric (biobanking and biomolecular resources research infrastructure-european research infrastructure consortium).
“Centralizzare i campioni depositati e le informazioni dei pazienti è preziosissimo per lo studio di una malattia rara, facilita enormemente il raggiungimento di nuovi risultati scientifici, rende il materiale omogeneo e di più facile utilizzo per la ricerca e permette di rendere immediatamente disponibili le nuove conoscenze acquisite. Abbiamo al momento circa 40 casi Ip di sesso maschile conservati nella biobanca Ipgb-Cnr, che beneficeranno delle informazioni derivanti da questo studio sia per una diagnosi molecolare sia per un’adeguata consulenza genetica”, aggiunge la responsabile Francesca Fusco.
Lo studio è stato reso possibile grazie al contributo dell’Associazione italiana di pazienti affetti da Incontinentia pigmenti, Ipassi Onlus.