Roma, 31 luglio 2023 – Nel 2022 in Europa si sono verificati 2.709 incendi (dati EFFIS European Forest Fire Information System), più del triplo della media degli ultimi 17 anni. Nello scenario del cambiamento climatico l’aumento degli incendi, facilitato da periodi siccitosi e incremento delle aree a rischio, rappresenta certamente una delle principali conseguenze dell’aumento delle temperature.
S’innesca un circolo vizioso, per cui le ingenti masse di CO2 emesse dalla combustione di foreste aumentano a loro volta il surriscaldamento globale. Le emissioni totali provocate dagli incendi boschivi dell’Unione Europea e del Regno Unito nel 2022 sono state pari a 9 megatonnellate di carbonio, equivalenti a quelle emesse da 10.000.000 di automobili nello stesso periodo, il livello più alto registrato dal 2007.
La denuncia arriva dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che calcola oggi l’impatto degli incendi su ambiente e salute.
“Un milione di tonnellate di CO2 sprigionate solo dagli incendi verificatisi nel mese di luglio in Grecia equivalgono alle emissioni derivanti dalla combustione di 2,3 milioni di barili di petrolio, ovvero 103 milioni di litri di gasolio – spiega il presidente Alessandro Miani – Per confronto, basti pensare che in Italia nell’intero 2022 gli incendi hanno prodotto 1 milione e 900 mila tonnellate di CO2, pari a circa 5 milioni di barili di petrolio, ossia quanto si brucia in Italia per produrre energia elettrica per poco meno di una settimana. Per non parlare delle 2.750 tonnellate di ossidi di azoto e delle 7.500 tonnellate di PM 2.5 emesse nello stesso periodo a causa degli incendi nel nostro Paese”.
“L’uomo ha innescato cambiamenti climatici che a loro volta sono responsabili di temperature tali da favorire il susseguirsi di incendi in grado di alimentare ancor più negativamente le emissioni di gas climalteranti – prosegue Miani – Le combustioni dovute agli incendi sprigionano nell’atmosfera sostanze tossiche che possono ricadere nelle zone più o meno limitrofe all’incendio stesso”.
“Per alcuni di questi composti la tossicità è riconosciuta sia dalla comunità scientifica sia da diversi studi che dimostrano come la concentrazione dei composti chimici liberati in atmosfera rappresenti un pericolo dal punto di vista ambientale e sanitario – spiega Miani – Tra questi i più pericolosi sono gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine e i PCB (policlorobifenili), che possono permanere nell’aria e ricadere al suolo anche dopo lo spegnimento dell’incendio, nei pressi dell’area incendiata o anche a distanza sulla base dell’intensità e direzione dei venti”.
Cosa fare? Uno studio modellistico condotto da Istituto Oikos mostra come buone pratiche di gestione del paesaggio fire-smart (azioni che mirano a ridurre la biomassa infiammabile e aumentare la diversità ambientale con azioni di ripristino del paesaggio) su appena il 5% del territorio ad alto rischio sono efficaci nel ridurre del 14% l’area bruciata annualmente riducendo di conseguenza anche le emissioni di CO2 per il rispetto degli obiettivi di neutralità climatica fissati per il 2050 – conclude SIMA.