Bologna, 31 ottobre 2022 – L’oncologia è probabilmente la frontiera più avanzata nell’ambito della ricerca scientifico-clinica, dello sviluppo di nuove terapie, della definizione di nuovi approcci organizzativi: basti pensare ai risultati eccezionali dell’immunoterapia ed all’introduzione dei molecular tumor board e delle terapie a bersaglio molecolare.
Ma questi nuovi scenari come si calano nel quotidiano delle professioni sanitarie, ambito vastissimo di operatività e organizzazione? Come si comporterà il SSN a fronte di terapie che possono arrivare a costare alcune centinaia di migliaia di euro?
Nell’affrontare tutti questi temi, la sessione “Nuovi orizzonti terapeutici in oncologia: tra etica, real life e sostenibilità”, svoltasi ieri all’interno del XLIII Congresso SIFO, è stata una di quelle centrali nel programma dell’evento perché – ha sottolineato il presidente del Congresso Alessandro D’Arpino – “è indispensabile riportare, in ambito oncologico, il dibattito sui binari delle evidenze scientifiche, al fine di guidare le scelte anche in ottica di sostenibilità di sistema”.
In questi anni pandemici sono state perse molte prestazioni, anche in campo oncologico, con conseguente diminuzione dei consumi di farmaci appartenenti a determinate categorie, “ora la sfida – ha proseguito il presidente del Congresso – è quella di garantire la tempestività delle terapie, e anche la sostenibilità in presenza di un aumento di prestazioni, dovuta al recupero di quelle attività perse per la pandemia, e in presenza dell’arrivo di nuovi farmaci oncologici ad altissimo impatto economico”.
Ecco quindi la necessità di un approccio multidisciplinare, perché oncologi, farmacisti ospedalieri, direzioni generali e provveditori possano governare insieme un ambito dall’importante impatto clinico-economico-organizzativo.
“Di fronte alla gestione delle terapie oncologiche si sta affermando una trasversalità multidisciplinare – afferma D’Arpino – il confronto tra stakeholder professionali è oggi essenziale, al fine di trovare sempre il miglior modello organizzativo che veda al centro il paziente. Non è più in linea con i tempi la figura del farmacista ospedaliero chiuso nelle quattro mura del suo ufficio, ma occorre aprirsi e confrontarsi portando al tavolo di gestione terapeutica la propria professionalità come una delle tessere del mosaico che compongono il percorso del paziente”.
Certamente l’oncologia vive una continua spinta in avanti dal punto di vista dell’innovazione terapeutica: in questo ambito che ruolo stanno interpretando oggi i farmacisti ospedalieri? Risponde Elisabetta Rossin, coordinatore nazionale dell’Area scientifica oncologia di Sifo: “Nell’ambito della medicina personalizzata delle terapie oncoematologiche sono stati raggiunti risultati che hanno cambiato il corso di molte patologie tumorali. Oggi si parla di profilazione genomica, di passaggio dalla oncologia tradizionale a quella mutazionale e di immunoterapia, e si comprende come le terapie avanzate abbiano generato una necessità di ulteriore specializzazione del farmacista nell’acquisizione di nuove conoscenze. Una specializzazione che poi si è tradotta nell’inserimento della figura del farmacista nei team multidisciplinari e nei Molecular Tumor Board per la valutazione dei farmaci innovativi all’interno di setting specifici”.
Soprattutto sui MTB si sta poi concentrando l’attività SIFO, anche grazie ad una survey della società scientifica che sarà pubblicata nelle prossime settimane e che cercherà di realizzare una prima fotografia dei Board già esistenti (che sono soprattutto a carattere regionale ed oggi sono già attivati in circa 20 situazioni). Ma quale rapporto c’è oggi tra le due figure centrali di questo team, ossia il farmacista ospedaliero e l’oncologo?
“È un rapporto di sinergia e alleanza – risponde Rossin – finalizzato ad aumentare la qualità delle cure, di continua interazione professionale per la riduzione del rischio di errore, ma anche di comunicazione e confronto sulle modalità di gestione dei farmaci e la condivisione dei protocolli clinici. E’ soprattutto è una partecipazione condivisa, con il farmacista che supporta l’oncologo anche nell’acquisizione complessa dei nuovi farmaci”.
Se questo è lo scenario all’interno dei rapporti multiprofessionali, allora si comprende come nella sessione del Congresso SIFO si sia tanto parlato di real life: il farmacista ospedaliero può essere il punto di collegamento tra pazienti, equipe medica e organizzazione delle cure? Conclude Elisabetta Rossin: “I dati informano su appropriatezza di interventi e cure, e sulle disuguaglianze: vi è quindi la necessità di puntare sempre più sui dati di real life come opportunità per capire meglio come curare, per generare evidenze e conoscere meglio gli ambiti di trattamento. Inoltre lo scenario che stiamo vivendo in continuo cambiamento orienta l’azione verso la territorializzazione delle cure, anche oncologiche. Ci troviamo pertanto all’esordio di un passaggio organizzativo che vede la figura del farmacista protagonista ed erogatore di quella che possiamo definire pharmaceutical care”.