Imballaggi alimentari, quali i rischi per la salute

Ricercatori avvertono dei potenziali cambiamenti che possono essere scatenati nelle cellule dai materiali che entrano in contatto con il cibo, in particolare quelli che interferiscono con gli ormoni

donna-al-supermercatoI consumatori europei sono sempre più attenti alla sicurezza alimentare e ai problemi per la salute che i cibi confezionati mal conservati potrebbero causare. Il ruolo degli imballaggi, da questo punto di vista, è di vitale importanza.
Una ricerca ha rivelato che tra i consumatori europei esiste una preoccupazione crescente per le sostanze chimiche che potrebbero migrare dalle confezioni agli alimenti. Le maggiori preoccupazioni riguardano le confezioni di plastica, che sono le più temute rispetto alle altre tipologie indicate nel sondaggio, tra cui troviamo metallo, cartone, carta e vetro. Per una maggiore sicurezza, i consumatori tendono ad acquistare di più cibi e bevande confezionati in imballaggi in vetro.

Nonostante i materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti siano disciplinati sia da provvedimenti nazionali che comunitari, le preoccupazioni per la salute umana rimangono alte. Diversi studi sono stati già effettuati a riguardo e tanti altri sono in atto.
Un articolo apparso sul Journal of Epidemiology and Community Health riporta l’attenzione sulle molecole presenti in imballaggi e confezioni di plastica in cui vengono conservati i cibi e che potrebbero danneggiare la salute passando all’interno degli alimenti.

Pur riconoscendo che le quantità di sostanze tossiche che possono contaminare il cibo durante il suo processamento, il confezionamento e la conservazione sono molto piccole e di per sé innocue, gli autori dell’articolo non possono fare a meno di precisare che nessuno sa se essere mangiare per tutta la vita alimenti contaminati da queste tracce di queste molecole possa essere considerato sicuro. Se si pensa al fatto che i ricercatori parlano di più di 400 sostanze diverse, i timori sembrano tutt’altro che irrazionali.

I ricercatori avvertono dei potenziali cambiamenti che possono essere scatenati nelle cellule dai materiali che entrano in contatto con il cibo, in particolare quelli che interferiscono con gli ormoni. D’altra parte, confermare queste potenzialità negative è difficile perché ormai sono pochi gli esseri umani che non hanno mai consumato cibo processato e preconfezionato. A dimostrare quest’ultimo fatto sono anche alcune ricerche secondo cui tutti noi abbiamo tracce di queste molecole nel nostro organismo.

Difficile, se non addirittura impossibile, fare un confronto fra una situazione in cui si è esposti a tali sostanze e il caso, praticamente inesistente, in cui non si è entrati in contatto con questi contaminanti alimentari.
In caso contrario, i rischi che si continueranno a correre scegliendo di non proteggersi da eventuali sostanze pericolose potrebbero essere molto gravi: dal diabete al cancro, passando per l’obesità, le malattie nervose e tutti i possibili effetti collaterali esercitati sullo sviluppo dei bambini già nel ventre materno.

I cibi confezionati possono comportare, a lungo andare, un serio rischio per la salute, effettivamente piuttosto alto.
Fra le sostanze chimiche condannate dalla ricerca scientifica vi sarebbe in primis la formaldeide, sostanza impiegata nella conservazione degli alimenti appunto, e che – come molti di voi sapranno – è altamente cancerogena. Finiscono sul banco degli imputati anche altre sostanze come la melammina (spesso impiegata per la realizzazione di stoviglie). Come dimostrato da diverse ricerche però, se riscaldata (in forno, nel microonde o anche se vi si mettono sopra delle pietanze eccessivamente calde) essa può rilasciare sostanze nocive che migrano sugli alimenti che mangiamo.

Gli esperti ricordano inoltre, fra le sostanze nocive, anche bisfenolo A (o BPA), il tributilstagno, il triclosan e gli ftalati. Mentre per la scienza alcune di queste sostanze sono oggetto di dibattito e i responsabili politici lottano per soddisfare le esigenze delle parti interessate, i consumatori rimangono esposti a queste sostanze chimiche tutti i giorni, per lo più inconsapevolmente.

Vediamo nello specifico le principali categorie dei potenziali migranti
Per qualsiasi materiale d’imballaggio, ma in particolare per le materie plastiche, i potenziali migranti possono essere classificati in tre categorie fondamentali:

  1. gli additivi:
  2. i residui
  3. i prodotti di neo formazione:

Negli ultimi anni i plastificanti hanno riscosso molto interesse nella collettività dal punto di vista igienico. Mentre il butil stearato, l’acetiltributil citrato, gli alchil sebacati e adipati sono plastificanti a bassa tossicità comunemente utilizzati, per gli ftalati sono state apportate delle restrizioni per il potenziale effetto carcinogenico ed estrogenico rilevato in alcuni studi tossicologici. Per i suddetti ftalati è stata messa in evidenza, sia in esperimenti di laboratorio, sia per esposizioni umane, la capacità di alterare la funzionalità del sistema endocrino, specialmente degli ormoni sessuali steroidei e degli ormoni tiroidei. L’ESBO dal contatto tra l’alimento e la guarnizione dei coperchi può migrare nei prodotti, in particolare negli alimenti oleosi e grassi e nelle piccole confezioni, ed essere assimilato dal consumatore. Tuttavia, il consumo di derrate alimentari contenenti ESBO (l’olio di semi di soia epossidato) non è dannoso per la salute in quanto le derrate alimentari in questione vengono consumate in quantitativi limitati (ad esempio pesto o funghi sott’olio).

Gli stabilizzanti della luce e gli antiossidanti sono gli additivi normalmente utilizzati per ridurre gli effetti dell’invecchiamento di un materiale d’imballaggio.
Essi possono essere antiossidanti sintetici come il terz-butil-idrossianisolo (BHT), molecole contenenti gruppi fenolici sostituiti, fosfiti organici o idracidi.
Dal punto di vista dell’accettabilità igienica molti fenoli sostituiti sono stati riconosciuti non tossici e presentano buoni effetti di stabilizzazione. I fosfiti arilsostituiti, invece, sono considerati tossici.

I monomeri e gli oligomeri sono sostanze, di diversa natura, che residuano nel materiale d’imballaggio polimerico a causa di una reazione incompleta e che, in appropriate condizioni, migrano nella derrata alimentare. Di solito le norme igieniche limitano il contenuto di monomeri residui nei materiali di partenza e negli imballaggi perché sono sostanze reattive riguardo agli organismi viventi, e perciò più o meno tossiche.

Di seguito sono trattate la tossicologia e le metodologie analitiche dei principali monomeri residui, quali stirene, vinil cloride, bisfenolo A diglicidil etere:

  • La tossicologia acuta dello stirene non è molto elevata, può causare cefalea, vertigini, irritazione delle prime vie aeree e sonnolenza. A lungo termine, invece, è un possibile cancerogeno perché, grazie alla liposolubilità, può avere effetti sui tessuti ricchi di lipidi, tra cui il Sistema Nervoso Centrale (SNC).
  • Il cloruro di vinile monomero (CVM) è un idrocarburo clorurato insaturo utilizzato per la produzione del suo polimero: il cloruro di polivinile (PVC). Il CVM è un composto altamente tossico con un’attività oncogena riconosciuta da tempo.
  • Il bisfenolo A è una sostanza utilizzata nella produzione di policarbonato (PC) e di resine epossidiche (es. BADGE). Il policarbonato è un materiale plastico usato per la produzione di imballaggi alimentari, quali biberon, stoviglie, recipienti e bottiglie per acqua e latte; le resine epossidiche, invece, sono impiegate per il rivestimento protettivo interno delle lattine e delle scatolette, per il rivestimento dei coperchi in metallo delle bottiglie di vetro e per il rivestimento dei contenitori per lo stoccaggio del vino. Il bisfenolo A, in seguito ad una mancata condensazione, alla rottura dell’imballaggio o all’esposizione ad alte temperature, può migrare nell’alimento. Oggi, fortunatamente, il bisfenolo A è stato bandito per la produzione di biberon.
  • Il bisfenolo A diglicidil etere (BADGE) è una resina epossidica del tipo bisfenolo A che, nell’industria alimentare, è impiegata per il rivestimento interno delle lattine, dei coperchi metallici, dei serbatoi e dei tini. Tale rivestimento ha lo scopo di proteggere le superfici metalliche a contatto con gli alimenti dalla corrosione e di evitare una cessione dei metalli all’alimento. Tuttavia, anche il BADGE a contatto con i prodotti alimentari, soprattutto grassi, può cedere i propri residui all’alimento e, a causa della tossicità, tale migrazione deve essere controllata. Le caratteristiche tossicologiche del BADGE sono ancora oggetto di studio.

Per ridurre il problema della contaminazione è necessario approfondire gli studi relativi ai possibili migranti, alla tossicologia, alle metodologie analitiche e ai modelli predittivi e rispettare le norme di legge e le più idonee condizioni di utilizzo.

Antonella Catenazzo

Specialista in Scienze degli alimenti e della nutrizione. Diet coach, Nutrizionista, Tecnologo alimentare

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