Prof. Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma: “Un mio studio, attualmente in fase di revisione, spiegherà l’evoluzione della pandemia in Italia dall’inizio alla fine e di come il virus si è comportato sia dal punto di vista genetico che biologico”
Roma, 29 ottobre 2020 – C’è ancora poca certezza su quali possano essere i luoghi e i contesti che possano aver favorito una così forte ripresa dei contagi negli ultimi due mesi. I più incriminati sono sicuramente i nuclei familiari e i contesti sociali sui quali, infatti, il Governo ha esercitato una stretta molto forte con il nuovo Dpcm valido fino al 24 novembre prossimo.
Ma queste misure erano inevitabili o comunque ci si poteva preparare meglio? Perché il sistema di tracciamento è completamente saltato e come spiegare alla popolazione esausta che ancora oggi, in piena seconda ondata, la differenza nella guerra al virus la fanno i comportamenti individuali? L’agenzia di stampa Dire ha rivolto tutti questi interrogativi al prof. Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma.
Con oltre 20mila casi al giorno Brusaferro ha dichiarato che le nuove misure contenute nell’ultimo Dpcm erano inevitabili. Quanto è grave la situazione nel Lazio e nel resto d’Italia?
“La situazione attuale non mi fa temere, non ho paura perché il tasso di letalità è inferiore all’unità per cui la gente muore molto di meno rispetto a quanto si è verificato nella prima fase della pandemia. Certamente sono preoccupato perché sto osservando che in questa fase ci sono troppi focolai e questo significa che non riscontriamo un andamento lineare nel contagio ma piuttosto a grappoli”.
“Un cluster è un evento casuale e quindi ancora di più ogni persona deve rispettare il distanziamento sociale e fare un corretto uso della mascherina. In questo momento, definibile come fase a ‘cluster’ il tracciamento è saltato, lo abbiamo perso ed è difficile gestirlo”.
“Inoltre l’altro elemento inquietante è che mi aspettavo una sorveglianza maggiore e stringente all’interno delle RSA, non mi aspettavo onestamente nuovi casi in questi luoghi. Questo non lo ammetto perché avevamo già sperimentato la situazione nei mesi di febbraio e marzo. Questo significa che anche qui la sorveglianza ha fallito e non doveva capitare”.
Proprio in una RSA del Nord è stato allestito un padiglione Covid in un’ala specifica della struttura, qual è il rischio per gli ospiti se qualche percorso salta? Però i parenti non possono accedere, come si può spiegare tutto questo?
“Si tratta di una RSA di Vicenza. Per fare una cosa del genere bisogna avere una certezza assoluta che gli operatori e gli ospiti del Covid Center sono completamente isolati e distaccati da tutto il resto. E poi gli operatori sanitari che gestiscono i malati Covid positivi devono essere dedicati e non possono andare nelle zone Covid free. Non c’è alternativa altrimenti è possibile che attivino qualche infezione dall’altra parte. Si può fare e questo lo dico in base all’esperienza che ho visto qui al Campus Bio-medico dove è stato allestito un Covid center completamente separato, anche strutturalmente, dall’ospedale principale che infatti è rimasto Covid free”.
“A testimonianza di ciò infatti non abbiamo registrato neanche un caso di positività. Peraltro era stata attivata una convenzione per medici e operatori sanitari che lavoravano nel Covid Hospital di usufruire di una convenzione che dava loro la possibilità di pernottare in albergo evitando il ritorno a casa per maggiore sicurezza”.
Perché secondo lei da marzo ad oggi non c’è stata una organizzazione tale da evitare questo nuovo scenario ed escludere lockdown mirati e perché, come ha anticipato prima, è saltato il sistema di tracciamento?
“Questo è successo perché la sanità del territorio in questi mesi non è stata rafforzata. Bisognava lavorare a questo. Noi epidemiologi ma anche gli infettivologi abbiamo dichiarato che andava rafforzato il territorio e che bisognava dare le armi giuste ai medici di medicina generale che rappresentano e sono in prima linea nella battaglia al virus eppure non è stato così. Il tracciamento all’inizio della pandemia c’è stato ed è stato fatto bene e poi si è perso perché il virus ha incominciato ad avere un andamento a cluster. Insomma il virus ci è scappato di mano”.
“Quello che posso dire è che finalmente i Dpcm vengono cambiati sulla base di ciò che si vede nel momento specifico. Abbiamo capito che la pandemia è dinamica per cui le cose possono cambiare così come devono cambiare i Dpcm per poter leggere la situazione del momento. Se queste misure sono valide o meno lo vedremo. C’è un Cts che lo ha valutato”.
“Il problema maggiore sono i trasporti pubblici. È inutile che cerco di attuare il distanziamento tra la popolazione la sera e non distanzio le persone la mattina. In ogni caso per vedere l’effetto di questo Dpcm bisogna aspettare dagli 8 ai 10 giorni, ma se la curva continua ad aumentare allora le misure dovranno essere altre. La regola è distanziare e indossare la mascherina allora sicuramente io avrei distanziato sui mezzi pubblici in primis è evidente. Il virus non ha orari, quando può infetta. Intanto, comunque, il Dpcm lo hanno pensato in questo modo”.
Da scienziato, come può spiegare alle persone, molte delle quali esauste e impaurite, alcune delle quali scese in piazza per protestare, che la differenza in questa battaglia contro il virus la fanno ancora una volta gli atteggiamenti individuali e il buon senso?
“È molto facile. Questa è una guerra che noi vinceremo. È scritto che accadrà questo perché il virus tenderà sempre di più ad adattarsi a noi. È passato dal pipistrello all’uomo per una mutazione, un’altra mutazione lo ha reso estremamente contagioso. Ora il virus sta mantenendo queste due caratteristiche perché lo favoriscono, ma poi tenderà ad adattarsi a noi, è solo una questione di tempo”.
“Come fare che questo accada nel minor tempo possibile? Purtroppo ancora una volta rimboccandoci le maniche e soffrendo per un po’. Quanto tempo ci vorrà perché il virus non ci faccia più del male? Dipende da quanto il virus ha capacità adattamento, quando ci sarà un vaccino in grado di attuare quello che è definito un ‘intervento di pressione selettiva’ e dai nostri atteggiamenti individuali”.
“Mantenere il distanziamento sociale e usare la mascherina può essere spiacevole ma è necessario, lo dico da epidemiologo ma anche da cittadino. È pronto un mio studio, attualmente in fase di revisione, che spiegherà l’evoluzione della pandemia in Italia dall’inizio alla fine e di come il virus si è comportato sia dal punto di vista genetico che biologico”.
(fonte: Agenzia Dire)