Il San Matteo, Telethon e l’Università di Pavia scoprono la cura per una malattia genetica che provoca sanguinamento

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ricercatori-3Pavia, 3 dicembre 2015 – Si chiama Teleangiectasia emorragica ereditaria, e ne soffrono circa 20 mila persone nel nostro Paese e 2 milioni nel mondo. Quando colpisce provoca sanguinamenti periodici e ripetuti dal naso, dall’intestino, e più raramente nel cervello, nei polmoni e nel fegato. La patologia peggiora con l’avanzare dell’età e nei pazienti adulti spesso comporta la necessità di frequenti trasfusioni del sangue fino a una volta a settimana.

Fino a ora questa malattia veniva trattata solo con un intervento di tipo locale per cauterizzare il vaso sanguinante. Questi procedimenti però sono destinati a perdere efficacia. Con il passare del tempo, infatti, la malattia si aggrava ulteriormente e la qualità della vita è totalmente compromessa. Adesso, invece, è possibile curarla con successo utilizzando semplicemente il farmaco Talidomide, già in commercio per altre patologie.

La scoperta è descritta in uno studio pubblicato da “Lancet Hematology”, rivista internazionale inglese di ematologia grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori coordinato dalla prof.ssa Rosangela Invernizzi del dipartimento di medicina interna del San Matteo diretto dal prof. Carlo Balduini insieme al direttore di Otorinolaringoiatria Marco Benazzo e il genetista Cesare Danesino dell’Università di Pavia.

La sperimentazione del farmaco ha coinvolto 31 malati con forme molto gravi costretti a subire frequenti trasfusioni di sangue. A lungo andare possono così comparire anticorpi che rendono molto difficile trovare sangue compatibile. Adesso gli ammalati in cura al San Matteo possono contare sulla prescrizione ospedaliera del farmaco con il supporto del sistema nazionale sanitario.

La reazione alla cura ha dato risultati straordinari: il 100% dei pazienti trattati ha risposto positivamente. Hanno smesso, infatti, di eseguire trasfusioni di globuli rossi e sono tornati a vivere una quotidianità normale. Prima non potevano frequentare un cinema, un ristorante, alcuni sono stati costretti ad abbandonare il lavoro e molti non potevano allontanarsi dall’ospedale di riferimento nemmeno per una breve vacanza perché obbligati a sottoporsi a infusioni periodiche di sangue.

fonte: ufficio stampa

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