Uno studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche ha validato, alla luce delle linee guida di EMA e FDA, i risultati positivi ottenuti a seguito della sperimentazione del farmaco salvavita TCS10, messo a punto nell’ambito del progetto Stopshock di Health Ricerca e Sviluppo per il trattamento dello shock emorragico e post traumatico. L’uso del farmaco durante i test controllati aveva registrato l’azzeramento della mortalità da evento post traumatico e la diminuzione del 68% della necessità di trasfusioni. Lo studio è pubblicato su Military Medical Research
Roma, 11 ottobre 2024 – Uno studio statistico dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Reggio Calabria e Roma (Cnr-Ifc) ha validato, alla luce delle linee guida di EMA e FDA, i risultati positivi ottenuti a seguito della sperimentazione del farmaco salvavita TCS10 per il trattamento dello shock emorragico e post traumatico.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Military Medical Research, consiste in una rianalisi biostatistica dei parametri raccolti durante il progetto Stopshock, avviato nel lontano1989 con lo scopo di analizzare l’efficacia su base farmacologica delle melanocortine – un gruppo di ormoni derivati dalla proopiomelanocortina (POMC) con proprietà di controllo immunometabolico- nel trattamento dello shock emorragico e post traumatico.
Il meccanismo d’azione del farmaco salvavita TCS10 si basa, infatti, proprio sulla capacità di modulazione della condizione iper-infiammatoria che si scatena nel caso di shock emorragici o traumatici, causando problemi di coagulazione con necessità di trasfusioni e aumentando il rischio di morte, sia immediata che più tardiva, a causa del possibile malfunzionamento di più organi.
La sperimentazione controllata di Fase 3 del farmaco, condotta nel 2012 da Health Ricerca e Sviluppo e cofinanziate per il Programma Nazionale di Ricerca Militare del Ministero della Difesa, aveva fornito ottimi risultati su un campione ristretto di utenti -100 soggetti in codice rosso ricoverati in chirurgia cardiovascolare di salvataggio presso la rete ospedaliera per la gestione delle grandi emergenze chirurgiche dell’Area Vasta di Romagna- registrando l’azzeramento della mortalità osservata e il contenimento dei biomarcatori per l’infiammazione.
Oggi, grazie all’evoluzione delle linee guida internazionali armonizzate, recepite anche dall’EMA (European Medicines Agency) e dall’FDA (Food and Drug Administration), Cnr-Ifc e Health Ricerca e Sviluppo – società spin off dell’Università di Bologna che detiene i diritti dell’intero progetto Stopshock – hanno potuto validare i dati raccolti nel corso della sperimentazione controllata, verificando l’efficacia del farmaco TCS10 e la possibilità di utilizzarlo su porzioni estese di popolazione.
“L’analisi biostatistica e clinica dei dati originali ha confermato l’affidabilità e la robustezza dei dati per gli effetti antishock del TCS10. In particolare, per i pazienti critici con un’alta probabilità di morte, si è osservato che il trattamento con TCS10, attraverso la sua azione di modulazione della condizione iper-infiammatoria dei pazienti, ha portato a una riduzione del 68% nella necessità di trasfusioni di sangue, azzerando il tasso di mortalità: un impatto significativo nel miglioramento delle condizioni di soggetti in situazioni molto gravi”, dichiara Giovanni Tripepi (Cnr-Ifc), coordinatore delle analisi oggetto di studio, a capo di un team composto anche dalle ricercatrici Cnr-Ifc Graziella D’Arrigo, Mercedes Gori e Annalisa Pitino, e dal medical writer Dr. C.G. Egan.
“L’uso del TCS10, un farmaco contenuto in una fiala di pochi grammi, si rivelerebbe infatti particolarmente utile non soltanto durante chirurgia cardiovascolare di salvataggio nel contesto ospedaliero ma anche in situazioni di emergenza di massa. Grazie alla sua capacità di ridurre drasticamente la necessità di trasfusioni di sangue, il suo impiego contribuirebbe allo stesso tempo a una significativa diminuzione dei costi sanitari”.
“Inoltre, la stabilità del farmaco a temperature estreme semplificherebbe senza dubbi la logistica di trasporto e la gestione della catena del freddo per i dispositivi medici, rendendolo ancora più efficace nelle situazioni critiche come disastri ambientali ed emergenze di tipo civile e militare”, conclude Tripepi.