Desidero trattare alcuni aspetti della danzaterapia e di come essa costituisca un valido ausilio alle tecniche di riabilitazione del paziente con problemi psicologici.
La danzaterapia, in buona sintesi, utilizza l’espressività corporea per promuovere e integrare le emozioni individuali. Nata negli anni cinquanta del secolo scorso e sviluppatasi dapprima in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, è oggi comunemente impiegata negli ambienti psichiatrici, nelle scuole e nelle palestre.
La danza ha accompagnato i momenti decisivi dello sviluppo della vita, si pensi alle cerimonie della nascita, del matrimonio, della raccolta e della guerra. Alcuni autori ipotizzano persino che l’individuo possegga un istinto naturale alla danza, al pari di quello connesso al nutrimento e al gioco. Questo dato rientra fra i principi che hanno ispirato il movimento del MTA (Movimento Danza Terapia), secondo il quale la danza, sintesi di creatività e di crescita, consente di liberare atteggiamenti nuovi che superino l’aggressività e l’apatia, favorendo l’armonia fra la mente e il corpo.
Occorre aggiungere che nel tempo si è creata una distanza fra la danza intesa come arte e la danza pensata come terapia. In quest’ultimo caso l’attenzione è stata posta principalmente sul legame fra l’azione e l’emozione. Sarà il terapeuta a favorire uno scambio proficuo fra la sfera fisica e quella psicoemotiva.
Attraverso i richiami associativi egli proverà a stabilire una relazione con l’inconscio del paziente, attivando un nuovo livello di coscienza. In questa luce, sarà opportuno, di là dal movimento, il ricorso alle libere associazioni e ai processi sensoriali, affinché si possano riattivare in questo modo le esperienze preverbali. A tal riguardo, Lilyan Espenak, fra i massimi rappresentanti del DMT, ritiene che il movimento e la gestualità possano definirsi danza quando stabiliscono un’efficace comunicazione con se stessi, con il gruppo e nel caso con il terapeuta.