Il coronavirus ha ucciso 61 medici. Pneumologi Ospedalieri: “Chiediamo tutela per operatori sanitari in prima linea”

A cura del dott. Adriano Vaghi, Presidente Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – ItalianThoracic Society (AIPO-ITS)

Milano, 31 marzo 2020 – Ormai è chiaro a tutti: gli operatori sanitari stanno pagando un prezzo troppo alto nella lotta al coronavirus. Al 30 marzo, in Italia, secondo il report stilato quotidianamente dalla Fnomceo, la federazione degli ordini dei medici, sono 61 i medici morti per infezione da Covid-19, ma il dato aumenta di ora in ora.

Un dato allarmante che pone tanti quesiti circa le condizioni di sicurezza in cui medici e infermieri sono chiamati a svolgere il loro lavoro. Una volta contratto il virus, anche in caso di assenza di sintomi, gli operatori sanitari possono diventare essi stessi, a loro insaputa, veicolo di infezione. Secondo quanto dichiarato da Ugl Sanità, sono 6.414 i lavoratori del comparto sanitario che risultano positivi. Hanno un’età media di 49 anni, molto inferiore a quella della popolazione generale infettata, che è di 62 anni.

In un recente articolo, pubblicato sul New England Journal of Medicine, (EJ Emanuel 23 Marzo, 2020) dove viene trattato il tema dell’allocazione di risorse sanitarie in corso di pandemia, viene ribadita la necessità di fornire ai medici i necessari dispositivi di protezione individuale (DPI). Non per una logica consociativa ma perché gli operatori sanitari sono infatti in prima linea ad affrontare l’emergenza e devono essere protetti per poter guarire gli altri.

Su iniziativa di AIPO-ITS è stata inviata, congiuntamente a SIP/IRS e alle Università di Foggia e di Bari, una lettera a Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia in cui viene richiesta l’esecuzione periodica del tampone naso-faringeo a tutto il personale sanitario e non solo a quello sintomatico. Viene inoltre sottolineata la necessità di una fornitura, in adeguata misura rispetto al fabbisogno, dei dispositivi di protezione individuale (DPI) tali da permettere al personale sanitario di lavorare in condizioni di massima sicurezza.

È dei giorni scorsi la sigla di un protocollo per la prevenzione e la sicurezza dei lavoratori della sanità per l’emergenza da Covid-19 fra le sigle tre sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil e il ministro della Salute, Roberto Speranza. Nel documento si chiede di assicurare al personale sanitario la fornitura di dispositivi di protezione individuale nella quantità adeguata e test per la diagnosi del Covid-19 in via prioritaria. Il protocollo stabilisce anche di definire percorsi di sorveglianza omogenei su tutto il territorio nazionale a cui devono essere sottoposti i lavoratori, in particolare quelli venuti a contatto con pazienti Covid-positivi.

Un’altra necessità da garantire sono le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, senza compromettere la funzionalità delle strutture. Il documento prevede inoltre l’istituzione di un Comitato nazionale a cui partecipano le organizzazioni sindacali per il monitoraggio e la segnalazione delle situazioni più critiche. (Fonte: Ministero della Salute www.salute.gov.it).

Le Regioni lamentano una inadeguata distribuzione delle mascherine. Un esempio, non certo isolato, è quello della Regione Emilia Romagna. L’Ordine dei medici lancia un appello: a Parma mancano i dispositivi di protezione. Ai medici serve una maggior tutela. Quelli che arrivano non sono sufficienti.

Un appello che prende la forma di una lettera – inviata dal Presidente OMCeO Parma Pierantonio Muzzetto al Ministro della salute Roberto Speranza – in cui si chiede di intervenire con urgenza a supporto della situazione di Parma, nell’area nord della Regione Emilia-Romagna, in questa fase epicentro dell’epidemia da Covid-19.

Il Ministero della Salute ha diffuso nei giorni scorsi un aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza Covid-19. Nel documento viene ribadita la necessità di tutelare la sicurezza degli operatori sanitari, “dotando il personale sanitario di dispositivi di protezione individuale (DPI), di efficienza modulata rispetto al rischio professionale a cui viene esposto”.

Allo stesso modo, si spiega, “è corretto che il personale sanitario esposto venga sottoposto a indagini (tampone rino-faringeo) mirate a valutare l’eventuale positività per Sars-CoV-2”. Una misura questa, volta non solo a tutelare la salute del personale sanitario, ma anche quella dei pazienti stessi.

Lo stesso tipo di approccio andrà inoltre esteso agli operatori tutti, sanitari e non, che operano nelle RSA, “dove si concentra un alto numero di soggetti che, soprattutto per età, ma anche per presenza di comorbilità, sono particolarmente fragili ed esposti al rischio di forme severe o addirittura fatali di Covid-19”.

Auspicando una rapida e concreta applicazione di quanto esposto, in un momento così difficile, ai medici e agli operatori sanitari in prima linea va il nostro massimo sostegno.

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