Lo Sciamano, gran sacerdote e medico, insegnava come la vita nel cosmo fosse organizzata secondo princìpi musicali, nei quali regnava il ritmo e l’armonia
Nell’ambito della riabilitazione in psichiatria, vorrei soffermarmi sulla musicoterapia. In gran sintesi, può definirsi musicoterapia la tecnica che impiega la musica come strumento terapeutico, per promuovere il benessere della persona. Esistono, nel contesto, numerosi approcci: si va dall’orientamento pedagogico a quello psicoacustico, per giungere a quello psicoterapeutico.
È il caso di ricordare come la musicoterapia vanti nobili origini. Fin dall’antichità, infatti, la medicina e la musica si presentavano nell’intimo legati. Lo Sciamano, gran sacerdote e medico, insegnava come la vita nel cosmo fosse organizzata secondo princìpi musicali, nei quali regnava il ritmo e l’armonia. La musicoterapia avrebbe raccolto tale insegnamento, tenendo in gran conto le potenzialità creative ed espressive dell’essere umano.
C’è di più, i nostri antichi padri avevano assegnato alla musica un potere magico e spettacolare, pari a una forza prodigiosa, presente nell’universo fin dal suo inizio. Ritenevano, infatti, che ogni essere umano possedesse un proprio suono, come dire, un proprio canto segreto, che lo avrebbe reso invulnerabile nei riguardi della magia. Da ciò discenderebbe la convinzione, propria dei teorici della musicoterapia, secondo la quale ciascuno possieda un suono segreto e personale, al quale, fra l’altro, è possibile accedere.
I musicoterapisti ritengono che si ascolti non solo con l’udito ma con il corpo intero, con i muscoli, con le ossa, infine con la pelle. La musica ci attraverserebbe sia fisicamente sia psicologicamente, e la melodia del suono attiverebbe in noi associazioni mentali ed emozioni.
Il corpo, al pari di un diapason, risponderebbe al suono con altro suono, con il ritmo del respiro, con quello cardiaco, con alcune “armonie personali”. L’ascolto si dimostrerebbe quindi decisivo e lo stesso soggetto diverrebbe oggetto del suo ascolto, smettendo cioè di essere colui che ode e divenendo il suono ascoltato.
Ed è in questo succedersi di suoni presenti, che s’inserisce l’intervento terapeutico. L’abbandono al flusso della musica diminuirebbe il peso del passato e del futuro, limitando di conseguenza l’ansia connessa agli eventi. Ancora una volta la parola perderà il suo primato, cedendo il passo ad altre forme di comunicazione.