Prof. Marzano, Professore Associato di Dermatologia dell’Università degli Studi di Milano, dermatologo presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Consigliere SIDeMaST: “E’ una patologia della pelle finora considerata rara, ma che oggi non può più essere definita tale: sappiamo che in Italia sono almeno 2.500 i pazienti e i nuovi casi sono in aumento”
Milano, 1 luglio 2019 – Lesioni nodulari dolorose, a carico delle pieghe del corpo, quali ascelle e inguini,e della regione ano-genitale. Sono questi i segni dell’idrosadenite suppurativa, conosciuta anche come ‘acne inversa’. Una malattia che non si può più definire rara, ma che anzi appare in continua crescita, anche grazie alla messa a punto di strumenti diagnostici sempre più accurati e al contributo dell’ecografia.
Obesità e fumo sono tra i fattori di rischio. Per approfondire i meccanismi e le possibilità di cura di questa patologia sotto diagnosticata, i dermatologi di SIDeMaST sono stati invitati a partecipare a uno studio multicentrico mondiale per i risultati particolarmente rilevanti ottenuti dai centri di riferimento italiani.
“Sono otto i centri della Penisola (Milano, Napoli, Roma, Firenze, Pisa, Ancona, Ferrara, Terracina) che partecipano attivamente allo studio, 4 dei quali coordinati dal mio staff – spiega Angelo Valerio Marzano, Professore Associato di Dermatologia dell’Università degli Studi di Milano, dermatologo presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Consigliere SIDeMaST – Lo studio è appena partito e ha l’obiettivo di verificare se il farmaco biologico antagonista dell’interleuchina 17, già testato contro la psoriasi, sia efficace anche nell’idrosadenite. La ricerca verrà illustrata durante il Congresso Mondiale di Dermatologia di fronte a esperti provenienti da tutto il mondo”.
Sotto i riflettori anche i meccanismi biologici alla base della patologia, che saranno oggetto di un altro studio multicentrico internazionale – il progetto BATMAN – progettato dal prof. Marzano e dal prof. Sergio Crovella, ricercatore dell’Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, e finanziato dalla Comunità Europea.
Sono circa 2.500 gli italiani che devono fare i conti con l’idrosadenite suppurativa, chiamata anche ‘acne inversa’, malattia della pelle finora poco conosciuta che interessa principalmente persone giovani e che può peggiorare moltissimo la qualità di vita di chi ne è colpito.
“La patologia è di tipo infiammatorio e coinvolge i follicoli piliferi e le ghiandole sudoripare apocrine – chiarisce il prof. Angelo Valerio Marzano – Si manifesta tipicamente con noduli e ascessi cutanei, cisti, foruncoli e, nei casi più gravi, fistole alle pieghe ascellari, nell’area ano-genitale e agli inguini. Sebbene ci sia una prevalenza in età giovanile, soprattutto nei casi familiari, può presentarsi anche in età più avanzata ed è spesso associata a malattie infiammatorie croniche intestinali, come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. Tra i fattori di rischio e di peggioramento della malattia, bisogna ricordare l’obesità e il fumo”.
Nella maggioranza dei casi l’idrosadenite si presenta in forma lieve, con lesioni nodulari minime trattabili anche solo con la disinfezione e la terapia antibiotica locale. Quando la malattia, invece, si presenta con lesioni maggiormente infiammatorie, è necessario ricorrere a schemi antibiotici per via orale ed, eventualmente, valutare l’opzione chirurgica, in particolare per gli ascessi cutanei. L’acne inversa, però, può anche dare esiti gravi, in grado di debilitare completamente il paziente, compromettere la sua qualità della vita e condizionarne la sfera sociale, sessuale e lavorativa.
“In questi casi – continua Marzano – si ricorre all’adalimumab, un farmaco biologico che va ad agire contro la citochina TNF-alfa, un mediatore dell’infiammazione che interviene in tutta una serie di malattie immuno-mediate. Tale farmaco, l’unico biologico attualmente autorizzato per la cura dei casi moderati-gravi, è caratterizzato da un ottimo profilo di efficacia e sicurezza. Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono a questa terapia: per questo la ricerca italiana si sta impegnando in maniera importante per mettere a punto farmaci sempre più selettivi in grado di bloccare le altre vie fisiopatologiche della malattia”.
“La ricerca è uno strumento irrinunciabile per combattere questa malattia – conclude il Presidente SIDeMaST Piergiacomo Calzavara-Pinton – Al contempo bisogna lavorare anche su una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione. Molto spesso ancora oggi l’idrosadenite viene interpretata come una semplice follicolite. Le sedi specifiche e la ricorrenza dei sintomi sono segnali, invece, chiari e inequivocabili che devono condurre a una corretta diagnosi e predisporre la cura giusta. È importante inoltre che non si trascuri quanto questa malattia sia debilitante e in grado di impattare sulla vita di tutti i giorni e si consideri, in alcuni casi, la necessità del supporto psicologico. È una nuova sfida che il dermatologo deve essere pronto a gestire”.