Al Congresso della Società Italiana di Neurologia il punto sulla nuova frontiera terapeutica: il binomio trombolisi sistemica e trattamento endovascolare mediante trombectomia meccanica; una cura non invasiva “a tempo”.
Il neuro-interventista: nuova figura professionale da formare per garantire un efficiente sistema terapeutico e assistenziale
Genova, 12 ottobre 2015 – Il binomio terapeutico di trombolisi farmacologica sistemica e trattamento endovascolare mediante trombectomia meccanica consente, in maniera meno invasiva, di ridurre in modo significativo la mortalità e la disabilità causate dall’ictus ischemico, prima causa di disabilità, seconda causa di demenza e terza causa di morte nel mondo industrializzato. Una patologia che, solo in Italia, fa registrare 250.000 nuovi casi l’anno.
Al 46° Congresso della Società Italiana di Neurologia (SIN) si fa il punto su questa nuova e promettente frontiera terapeutica, la cui efficacia è stata ampiamente dimostrata da recenti pubblicazioni scientifiche nel corso del 2015.
“Per poter garantire ai pazienti la trombectomia meccanica – spiega il prof. Aldo Quattrone, Presidente SIN e Rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro – è necessario riorganizzare il sistema delle stroke unit di II livello introducendo la figura del neuro-interventista, uno specialista che deve avere tutte le competenze richieste per operare nell’ambito di questo nuovo scenario terapeutico per la cura dell’ictus ischemico. L’obiettivo è quello di formare, attraverso specifiche sessioni professionalizzanti (Master di II livello), gli operatori coinvolti: neurologi, neurochirurghi, neuro-radiologi e radiologi, confermando il ruolo centrale del neurologo nel percorso di cura”.
La trombolisi sistemica, che consiste nella somministrazione di un farmaco in grado di disostruire l’arteria cerebrale occlusa, è ad oggi la miglior terapia per l’ictus ischemico in fase acuta. Associare questa terapia farmacologica al trattamento endovascolare con rimozione meccanica e non invasiva del trombo significa guardare a nuovi ed entusiasmanti orizzonti per la cura di questa patologia. Un panorama che vede sensibilmente migliorate le prospettive terapeutiche e la qualità di vita dei pazienti.
La trombectomia meccanica è attualmente praticata attraverso “stent” di nuova generazione (stent retriever) che, aprendosi nell’arteria occlusa, ricostituiscono un passaggio per il flusso sanguigno.
Trombolisi sistemica e trombectomia meccanica sono però entrambe strettamente legate al “fattore tempo”: si riduce a 4-5 ore il periodo utile per praticare la trombolisi, mentre si apre fino a 8 ore la stretta finestra terapeutica della trombectomia meccanica.
Gli aspetti organizzativi necessari per attuare questo efficace binomio terapeutico, insieme con i programmi legati alla formazione degli operatori, sono al centro della discussione dei neurologi italiani, riuniti a Genova fino a domani in occasione del Congresso SIN.
fonte: ufficio stampa