Nella Giornata mondiale dell’Ictus 2020 l’appello del prof. Vincenzo Di Lazzaro, direttore della Neurologia del Policlinico universitario Campus Bio-Medico, a ricorrere a cure tempestive: “L’infezione determina infiammazioni e può causare ischemie”
Roma, 26 ottobre 2020 – La pandemia da Coronavirus ha avuto un impatto notevole su tutte le patologie e in particolare quelle cosiddette “tempo-dipendenti” come ictus e infarto del miocardio, in cui il fattore tempo fa la differenza tra la vita e la morte. Per paura di contrarre il Covid-19, molti dei pazienti colpiti da queste patologie non si sono recati tempestivamente al pronto soccorso, mettendo così in molti casi a rischio la propria vita. Secondo i dati diffusi dalla SIEMS – Società Italiana Emergenza Sanitaria – per esempio, nella sola città di Roma nel periodo marzo-aprile 2020 si sono registrati 305 interventi di soccorso per ictus, contro i 358 dell’anno precedente.
“Nell’ictus l’intervallo di tempo dalla comparsa dei sintomi entro il quale è possibile effettuare gli interventi terapeutici efficaci, la somministrazione di farmaci o l’esecuzione di procedure per il ripristino dell’afflusso di sangue nelle aree ischemiche è molto limitato, per cui se i pazienti arrivano in ritardo in pronto soccorso si può arrivare a conseguenze disastrose”, afferma il prof. Vincenzo Di Lazzaro, direttore UOC Neurologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico.
“In generale l’ictus allarma meno di altre patologie perché non provoca dolore, quindi il paziente molto spesso non si rivolge tempestivamente alla rete dell’emergenza – spiega Di Lazzaro – Se non riesce a muovere un braccio, può pensare che ciò sia determinato da cause banali, come aver dormito in posizione sbagliata nel corso della notte e sentirlo bloccato, ma nel caso dell’ischemia cerebrale non c’è tempo da perdere poiché il tempo per salvare il cervello è molto limitato”.
Accedere tempestivamente alla rete dell’emergenza territoriale, in un pronto soccorso come quello da poco avviato presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, diventa essenziale per combattere con successo patologie ad alto impatto sociale come l’Ictus cerebrale.
L’Ictus va riconosciuto dai sintomi di presentazione che in lingua inglese vengono descritti dall’acronimo FAST – Face, Arm, Speech, Time – ovvero se compare un’improvvisa deviazione della bocca, la debolezza di un arto, se si ha difficoltà a parlare o a comprendere ciò che viene detto, bisogna agire rapidamente in poco tempo per scongiurare danni cerebrali irreversibili.
Secondo l’Osservatorio Ictus Italia (dati del dicembre 2018), questa malattia rappresenta la prima causa di invalidità nei paesi industrializzati, la seconda di demenza e la terza di mortalità. Nel nostro Paese si registrano almeno 100mila nuovi ricoveri l’anno dovuti all’ictus cerebrale, circa un terzo delle persone colpite non sopravvive a un anno dall’evento, mentre un altro terzo sopravvive con una significativa invalidità.
L’incidenza annuale dell’ictus in Italia è di 13 casi per 1.000 abitanti tra i 65 e gli 84 anni. La prevalenza in Italia arriva al 7,4% negli uomini e al 5,9% nelle donne. Attualmente quasi un milione di persone vive con le conseguenze invalidanti di un ictus. La malattia ha un costo diretto per il Servizio Sanitario Nazionale di circa 16 miliardi di euro all’anno, ai quali vanno aggiunti circa 5 miliardi di euro in termini di costi indiretti, calcolati principalmente come perdita di produttività e costi di assistenza per la gestione della cronicità. Per questo, in presenza di sintomi chiari, è assolutamente necessario recarsi tempestivamente in pronto soccorso.
“Esiste una rete ben definita, della quale recentemente è entrato a fare parte anche il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, con diversi livelli assistenziali sul territorio. Il sistema dell’emergenza è in grado di trasportare il paziente nel centro giusto, che non è necessariamente quello vicino casa, ma quello specializzato nel trattamento delle patologie cerebrovascolari”, continua il prof. Vincenzo Di Lazzaro. Si tratta di quei centri che possono contare sulla collaborazione di diversi specialisti, in grado di affrontare la patologia da più punti di vista e di evitare conseguenze anche gravi per il paziente.
Per quanto riguarda il rischio di contrarre l’infezione da Covid bisogna tener presente che “i pronto soccorso si sono adeguati in modo da poter gestire all’interno di percorsi differenziati i pazienti con sintomi sospetti rispetto agli altri che vengono presi in carico all’interno di un percorso di cura tradizionale”, conclude il prof. Di Lazzaro.