Uno studio coordinato dall’Università Statale di Milano dimostra che le vescicole extracellulari rilasciate dalle cellule di microglia “buona” riducono la neuroinfiammazione, sostengono la rimielinizzazione e promuovono il recupero neurologico in un modello sperimentale di ictus cerebrale. I risultati del lavoro, pubblicato sulla rivista Molecular Therapy, aprono quindi la strada all’impiego delle vescicole come strumento terapeutico
Milano, 14 gennaio 2021 – Per riparare il tessuto cerebrale dopo ischemia (ictus) è fondamentale la generazione di nuovi oligodendrociti maturi a partire dai loro progenitori: sono le uniche cellule in grado di ricostituire la guaina mielinica danneggiata dei neuroni presenti nella zona di cervello con ridotta perfusione ematica. Intatti, se non c’è un intervento terapeutico tempestivo di riperfusione (nell’arco di 4-5 ore), i neuroni di questa zona vanno incontro a sofferenza con conseguente degenerazione della mielina. A causa delle difficoltà di diagnosi precoce, è ormai riconosciuto che la terapia ideale per l’ictus dovrebbe prevedere approcci neuro-rigenerativi immediati, volti a implementare i meccanismi spontanei di riparazione successivi al danno.
In questo contesto, lo studio finanziato da Fondazione Cariplo (bando giovani ricercatori) e coordinato da Marta Fumagalli, professore associato di farmacologia presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università Statale di Milano, ha avuto l’obiettivo di comprendere l’impatto della neuroinfiammazione, principalmente mediata dalla microglia, sulla risposta dei progenitori oligodendrogliali in un modello murino di ischemia cerebrale.
“È noto, infatti, che le cellule microgliali, da vere sentinelle immunitarie del tessuto cerebrale, avvertono il pericolo e si attivano per rispondere, partecipando da protagoniste alla reazione infiammatoria, definita buona, finalizzata a ripristinare le funzioni cerebrali nell’area del danno – spiega la coordinatrice dello studio – La risposta della microglia è finemente regolata: queste cellule, infatti, non rivestono di per sé un ruolo tossico e infiammatorio, ma diventano pericolose soltanto quando sregolate a causa dell’eccessiva infiammazione o della cronicizzazione della condizione patologica”.
“Utilizzando un approccio di deplezione di microglia e macrofagi, abbiamo osservato – spiega Stefano Raffaele, primo autore dello studio – che queste cellule sono importanti nelle prime fasi dopo ischemia cerebrale per sostenere l’accumulo dei progenitori oligodendrogliali ai bordi del danno, consentendo così la riparazione della mielina danneggiata e salvaguardando l’integrità dei neuroni sopravvissuti. Tuttavia, con il progredire del danno, la microglia si sregola ed acquisisce un fenotipo senescence-like tipico della condizione di invecchiamento fisiologico, che non facilita più, ma addirittura ostacola, un’efficiente rimielinizzazione”.
“Inoltre, i nostri risultati suggeriscono che, per favorire la maturazione dei progenitori oligodendrogliali reclutati nella zona del danno, non sia così importante rimuovere dal tessuto cerebrale la microglia cosiddetta sregolata, quanto piuttosto favorirne la reversione al fenotipo benefico” aggiunge Paolo Gelosa dell’IRCCS Centro Cardiologico Monzino, partner del progetto Cariplo.
“È qui che entrano in gioco le vescicole extracellulari” osserva Claudia Verderio dell’Istituto di Neuroscienze del CNR di Milano, con la quale lo studio è stato condotto in collaborazione. Da qualche anno si è scoperto infatti che lamicroglia è in grado di inviare piccoli pacchetti di messaggi alle cellule circostanti attraverso queste vescicole contenenti molteplici segnali diversi, che possono essere “buoni” o “cattivi” (pro-infiammatori o pro-rigenerativi) a seconda dello stato di attivazione della microglia di origine. I segnali contenuti nelle vescicole potrebbero, pertanto, potenzialmente funzionare da agenti terapeutici migliorando il decorso della malattia.
“L’infusione, in prossimità della lesione ischemica, di vescicole extracellulari raccolte da microglia pro-rigenerativa in vitro – spiega Claudia Verderio – è in grado di ristabilire le funzioni protettive della microglia del microambiente e promuovere un’azione diretta sulla maturazione dei progenitori oligodendrogliali, con particolare riferimento a quelli che esprimono GPR17, recettore scoperto dal gruppo della prof.ssa Maria Pia Abbracchio del dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Milano sul quale da anni è in corso una collaborazione”.
L’aspetto importante è che questi effetti si traducono in un aumento della rimielinizzazione e del recupero funzionale dopo ischemia cerebrale.
“Questi risultati pongono le basi per lo sviluppo di analoghi sintetici di vescicole extracellulari da utilizzare come agenti terapeutici per terapie rigenerative” conclude Marta Fumagalli.