Uno studio coordinato dal Cnr, con l’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) di Napoli e l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) di Palermo, pubblicato su Small, ha indagato i rapporti tra nanoparticelle e sistema immunitario di diversi esseri viventi, scoprendo reazioni simili e assenza di effetti patologici irreversibili. Un riscontro che ne incoraggia l’uso in medicina. La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale finanziata dal programma Marie Skłodowska-Curie di Horizon 2020
Roma, 8 settembre 2020 – I nanomateriali sono sostanze di dimensione infinitamente piccola con caratteristiche peculiari tali da consentirne una vasta gamma di applicazioni nell’ambito della biomedicina, dell’energia, dell’ambiente e dell’alimentazione. Se il loro uso da un lato fa parte della nostra vita quotidiana, dall’altro potrebbe avere delle ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente.
L’immunità innata è la prima linea di difesa condivisa dalla maggior parte degli organismi viventi, dalle piante all’uomo. Ma cosa succede se un organismo incontra un nanomateriale? Il suo sistema immunitario lo riconosce come una minaccia?
A questa domanda ha cercato di rispondere uno studio coordinato dal Cnr, con l’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) di Napoli e l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) di Palermo, pubblicato sulla rivista Small.
“In generale, il sistema immunitario reagisce con una reazione che culmina con l’eliminazione del corpo estraneo e poi si spegne per permettere il riparo del tessuto eventualmente danneggiato e il ripristino della sua integrità fisica e funzionale. Una risposta immune indotta dalle nanoparticelle può essere quindi considerata la risposta fisiologica atta a preservare lo stato di salute di un organismo”, spiegano le coordinatrici della ricerca Diana Boraschi del Cnr-Ibbc e Annalisa Pinsino del Cnr-Irib.
“Questo lavoro ha affrontato per la prima volta il tema della sicurezza dei nanomateriali attraverso uno studio comparativo della risposta immune innata: dalle piante agli invertebrati marini e terrestri, fino all’uomo. Sono stati progettati dei test biologici capaci di consentire l’identificazione delle modalità di interazione fra nanomateriali e sistema immunitario, le conseguenze sulle funzioni immuni e l’impatto che questi effetti potrebbero avere nella diagnosi e nella cura delle patologie umane”, prosegue Boraschi.
“La scoperta che abbiamo fatto è che l’interazione dei nanomateriali con gli organismi viventi attiva reazioni immunitarie comuni a tutti gli organismi e che, in generale, i nanomateriali non causano danni irreversibili o reazioni immunitarie patologiche – precisa Pinsino – Sebbene si tratti di ricerca di base, le nostre scoperte rappresentano un buon punto di partenza per pensare a un impiego intelligente delle nanoparticelle per la diagnosi e la cura personalizzata di tumori e patologie immunitarie”.
“Molti nanomateriali possono essere considerati immunologicamente sicuri e questo rappresenta un punto a favore dello sviluppo delle nanotecnologie intelligenti applicate alla medicina. Un’altra fondamentale scoperta è che il rapporto nanoparticelle-sistema immunitario può variare nelle diverse cellule e tessuti e, negli individui, in base all’età e alle condizioni di salute. Ciò implica la possibilità di puntare, come obiettivo realistico, a un loro impiego in medicina a livello individuale, cioè alla nanosicurezza e nanomedicina personalizzata”, conclude Boraschi.
Lo studio è stato sviluppato con il supporto del programma Marie Skłodowska-Curie di Horizon 2020 chiamato Pandora (Probing the safety of nano-objects by defining immune responses of environmental organisms), per un budget di oltre 2.5 milioni di euro e un consorzio di 10 membri europei ed extraeuropei.