Hip-Spine Syndrome: sostituito disco vertebrale e impiantata protesi d’anca con procedure mininvasive. Prima mondiale all’IRCCS Galeazzi

Milano, 21 dicembre 2020 – L’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano raggiunge un nuovo traguardo grazie alla condivisione di competenze tra diverse équipe chirurgiche ortopediche che insieme hanno corretto, per la prima volta al mondo, una grave patologia dell’anca e della colonna vertebrale (la Hip-Spine Syndrome) in un singolo intervento mininvasivo.

Il trattamento di questa sindrome, spesso invalidante e che interessa sia la colonna vertebrale sia l’articolazione dell’anca quando affette da un processo degenerativo, consiste normalmente in un doppio intervento chirurgico, che si effettua in tempi diversi. Questo iter può quindi essere lungo e impegnativo per il paziente che vede un significativo miglioramento della sua condizione solo al completamento del secondo intervento e dopo due anestesie e due ricoveri ospedalieri.

Paolo Sirtori, Giuseppe Peretti, Roberto Bassani

Il prof. Giuseppe Peretti (responsabile dell’Équipe Universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva e direttore della scuola di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università degli Studi di Milano) con il dott. Roberto Bassani (responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Vertebrale II) e il dott. Paolo Sirtori (chirurgo dell’anca dell’Équipe Universitaria di Ortopedia Rigenerativa e Ricostruttiva), forti delle loro specifiche competenze e della loro esperienza e supportati dal Servizio di anestesia e rianimazione diretto dal dott. Paolo Perazzo, hanno ipotizzato che si potesse affrontare la patologia in un’unica seduta operatoria e con l’impiego di tecniche chirurgiche mininvasive e un’anestesia dedicata.

“I due interventi si influenzano tra loro, poiché parliamo di distretti che sono fortemente collegati e si condizionano vicendevolmente. Infatti, il dolore primario alla schiena lamentato dal paziente aveva come concausa una coxartrosi: alla degenerazione discale corrispondeva l’usura dell’anca. Da qui l’intuizione di tentare un approccio combinato che non ha precedenti in letteratura” afferma il prof. Giuseppe Peretti.

Dopo un accurato studio del caso, il paziente, un uomo di 48 anni, è stato sottoposto alla sostituzione di un disco vertebrale gravemente degenerato con approccio per via anteriore mininvasivo (ALIF), al fine di rimuovere la causa meccanica del dolore e ripristinare la naturale curva del rachide, a cui è immediatamente seguita la ricostruzione dell’articolazione dell’anca anch’essa gravemente degenerata, sempre con approccio per via anteriore mini-invasivo (AMIS).

“Nel caso della colonna si trattava di un intervento di revisione, poiché il paziente si era già sottoposto in altra struttura alla medesima procedura con approccio ‘tradizionale’ posteriore, ma senza raggiungere il risultato atteso – precisa il dott. Roberto Bassani – L’intervento ha avuto una durata complessiva di due ore ed è stato eseguito in anestesia spinale, con sedazione. Il paziente è stato sempre mantenuto in posizione supina e gli accessi chirurgici sono stati eseguiti con due piccole incisioni sull’addome e sulla coscia. Le tecniche mininvasive che sfruttano la via anteriore sono del tutto ‘anatomiche’ e hanno il grande vantaggio di non danneggiare la muscolatura, salvaguardando i tessuti e limitando le perdite ematiche, riducendo o annullando così la possibilità di dover ricorrere a trasfusioni”.

“Questi approcci combinati al rachide e all’anca consentono quindi una ripresa funzionale estremamente rapida, poiché non è necessario un percorso riabilitativo. Infatti il nostro paziente a sole 6 ore dall’intervento si è alzato autonomamente dal proprio letto senza l’ausilio di stampelle e libero da drenaggi. In poche settimane sarà in grado di tornare alla routine lavorativa” conclude il dott. Paolo Sirtori.

Questa opportunità ha grandi vantaggi per il paziente che affronta un solo intervento con tempi chirurgici ridotti e una sola anestesia. Si limitano anche i rischi potenziali legati all’ospedalizzazione prolungata, poiché la dimissione avviene nell’arco di 72 ore.

“In questo momento in cui ci troviamo ad affrontare l’emergenza Covid diviene ancora più importante trattenere i pazienti in ospedale solo il tempo necessario per le cure, rimandandoli al domicilio in sicurezza e in una condizione di autonomia – ribattono gli specialisti dell’IRCCS Galeazzi – Il nostro obiettivo ora è di rendere questa prima esperienza un modello riproducibile e standardizzato per tutti i nostri pazienti affetti da tale patologia”.

HIP-SPINE SYNDROME
La concomitanza di patologie degenerative della colonna lombare e dell’anca è un evento molto comune tra gli anziani. L’artrosi è la patologia muscoloscheletrica, legata all’invecchiamento, più frequente e rappresenta una delle cause più comuni di disabilità, fonte prevalente di declino funzionale tra gli anziani, seconda solo alle malattie cardiache.

La prevalenza dell’artrosi dell’anca è superiore al 12% per i pazienti di età pari o superiore a 75 anni, mentre a livello vertebrale le percentuali variano dal 9,7% al 90,1%, in base all’età e al sesso, nella popolazione generale di età superiore a 75 anni. L’ incidenza di lombalgia severa varia dal 21,2% al 60,4% nei pazienti affetti da artrosi dell’anca candidati a protesi totale dell’anca. Anche nelle persone più giovani, in piena attività lavorativa, è possibile l’associazione delle due patologie. Questo determina una grande disabilità con conseguente riduzione della qualità della vita e della capacità lavorativa.

L’artrosi simultanea dell’anca e della colonna lombosacrale è stata descritta per la prima volta nel 1963 come “Hip-Spine Syndrome” da Offierski e MacNab in uno studio pubblicato nel 1983.

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