Una fotografia dello stato di salute attuale dei ghiacciai della Groenlandia evidenzia il loro scioglimento a una velocità maggiore del previsto: l’INGV è parte del team internazionale dello studio pubblicato dalla rivista “Nature”
Roma, 11 dicembre 2019 – I ghiacciai della Groenlandia si stanno sciogliendo a una velocità 7 volte più elevata rispetto agli anni Novanta a causa del global warming. Questa eccezionale situazione, che coincide con lo scenario più pessimistico delle proiezioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), esporrà 40 milioni di persone in più al rischio di inondazione costiera entro la fine del secolo.
È questo il risultato di uno studio condotto da un team internazionale di 89 ricercatori appartenenti a 50 Università e Istituti di ricerca, tra cui l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato oggi sulla rivista “Nature”.
La ricerca è stata realizzata nel quadro di una vasta collaborazione (IMBIE – Ice Sheet Mass Balance Intercomparison) supportata dall’ESA (European Space Agency) e dalla NASA (National Aeronautics and Space Administration). Il team di ricerca, di cui fa parte il ricercatore dell’INGV Daniele Melini, ha utilizzato 26 misure indipendenti effettuate da missioni satellitari per ricostruire l’immagine più accurata possibile dello stato di salute dei ghiacciai della Groenlandia.
“L’INGV – spiega Daniele Melini – ha contribuito a questo importante risultato fornendo competenze sulla modellazione matematica della risposta della Terra alle variazioni dei carichi sulla sua superficie, nell’ambito di una collaborazione con Giorgio Spada dell’Università di Urbino. Infatti, lo scioglimento dei ghiacciai alleggerisce la crosta terrestre facendola sollevare; questo effetto, chiamato rimbalzo post-glaciale, può essere calcolato con modelli geodinamici globali e rimosso dai dati osservati per isolare in modo preciso gli effetti dei cambiamenti climatici”.
Lo studio mostra che dal 1992 ad oggi la Groenlandia ha perso 3.800 miliardi di tonnellate di ghiaccio, sufficienti a far innalzare il livello globale dei mari di oltre 1 cm. I dati indicano, inoltre, un aumento significativo della velocità con cui i ghiacciai della Groenlandia fondono: dai 33 miliardi di tonnellate l’anno del 1990 ai 254 miliardi l’anno dell’ultimo decennio, corrispondenti a un aumento di oltre 7 volte in 30 anni. Il 2011, in particolare, è stato l’anno in cui si è registrata la massima velocità di scioglimento dei ghiacciai, pari a 335 miliardi di tonnellate l’anno, 10 volte il tasso di scioglimento del 1990.
“Nel 2013 – conclude Melini – l’IPCC aveva previsto un aumento del livello globale degli oceani di 60 cm per il 2100, che avrebbe esposto 360 milioni di persone nel mondo al rischio di inondazioni costiere. Ma i nuovi risultati dimostrano chiaramente che lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia procede a un ritmo più veloce del previsto, corrispondente allo scenario più pessimistico elaborato dall’IPCC, cui corrisponderebbe un aumento globale del livello del mare di ulteriori 7 cm entro il 2100”.
Fig. 1 – Tasso annuale di variazione di massa glaciale in Groenlandia. Dopo una fase di relativa stabilità nel corso degli anni ’90, la fusione dei ghiacci ha proceduto ad un tasso sempre crescente, fino al massimo registrato nell’anno 2012. Nell’ultimo decennio il tasso di fusione è leggermente diminuito, attestandosi su un livello di circa 250 miliardi di tonnellate l’anno. La scala a sinistra indica la perdita annuale di massa in miliardi di tonnellate l’anno, la scala di destra indica il corrispondente aumento di livello marino in millimetri l’anno. I rettangoli grigi indicano il margine d’errore. Credit: Daniele Melini / dati IMBIE
Fig. 2 – Variazione della massa dei ghiacciai della Groenlandia dal 1992 ad oggi. Le stime indicano una fusione complessiva di 3.800 miliardi di tonnellate di ghiaccio, corrispondenti ad un aumento globale del livello dei mari di oltre 1 centimetro. La scala di sinistra indica la variazione di massa in miliardi di tonnellate, quella di destra la corrispondente variazione di livello marino in millimetri. La regione in celeste rappresenta il margine d’errore. Credit: Daniele Melini / dati IMBIE