Il sistema immunitario della madre produceva pericolosi anticorpi contro il feto. Tutto è finito bene, grazie a due trasfusioni di sangue effettuate direttamente in utero al Policlinico di Milano
Milano, 19 settembre 2017 – Una gravidanza a rischio a causa di un sangue troppo raro che rischiava di danneggiare il feto. E la capacità di scovare quel (probabilmente) unico donatore in Italia con un gruppo sanguigno compatibile, grazie al quale è stato possibile fare trasfusioni di sangue direttamente in utero e salvare la vita alla bimba. Federica (nome di fantasia) è nata a luglio, sta bene ed è già a casa con la sua mamma. Non avrà alcuna conseguenza da questa brutta avventura, grazie anche al lavoro della Banca del Sangue Raro e agli esperti della Patologia della Gravidanza della Medicina e Chirurgia Fetale del Policlinico di Milano.
Tutto inizia quando una donna di origini sudamericane si rivolge alla Clinica Mangiagalli del Policlinico per la sua gravidanza. In passato aveva avuto un aborto spontaneo, e per questo sceglie di farsi seguire in un centro di alta specializzazione.
I primi esami, però, mostrano subito che qualcosa non va: la donna è positiva al Test di Coombs indiretto, che viene utilizzato per capire se la madre ha sviluppato degli anticorpi che aggrediscono i globuli rossi del feto (1). La madre, quindi, sta potenzialmente mettendo in pericolo la vita della piccola che porta in grembo. C’è però un problema ulteriore: la donna ha un tipo di sangue molto raro, che si chiama ‘fenotipo Rh deleto’. Si tratta di una condizione che varia molto in base alla popolazione, ma che comunque si verifica in meno dello 0,2-1% dei casi (in Asia, anche in soli 3 casi su mille) (2). In pratica, la donna sta producendo anticorpi contro il feto anche se in condizioni normali non dovrebbe farlo affatto.
“Questi anticorpi – spiega Maria Antonietta Villa, responsabile del Laboratorio di Immunoematologia, del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano – si riscontrano in condizioni estremamente rare e possono causare aborti ricorrenti, grave malattia emolitica del feto e del neonato, e grave reazione trasfusionale negli individui che presentano questo fenotipo”.
Data la pericolosità dell’anticorpo e la rarità delle caratteristiche del sangue materno “abbiamo coinvolto il nostro ambulatorio di Ematologia della gravidanza – aggiunge Villa – e l’ambulatorio di Patologia della Gravidanza e Medicina Fetale, per tenere monitorata la gestazione. Sono stati eseguiti Test di Coombs periodici ed ecografie mirate, per valutare gli eventuali segni precoci di anemia fetale provocati dagli anticorpi della madre”.
Purtroppo, dopo 8 settimane di attento monitoraggio iniziano a presentarsi nel feto i primi segni di anemia. La soluzione sarebbe fare delle trasfusioni direttamente in utero, ma il sangue della madre è molto raro e ci sono pochissime probabilità di trovare un donatore compatibile.
Al Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano, però, c’è la Banca di Emocomponenti di Gruppi Rari, che si occupa tra le altre cose di tenere un Registro Regionale dei donatori di sangue raro. Grazie a controlli incrociati si trova “un unico donatore di sangue residente in Lombardia, e forse in Italia, con questo rarissimo fenotipo. Questa persona donava il sangue periodicamente all’Istituto Nazionale Tumori, ed è stato convocato con urgenza per chiedergli una donazione dedicata nel nostro Centro Trasfusionale”.
Il donatore accetta immediatamente di dare una mano, e così il prezioso sangue raro viene recuperato.
Alla trentesima settimana di gravidanza, e grazie alla donazione del sangue raro, vengono fatte due trasfusioni in utero.
“Il feto, che inizialmente presentava grave anemia, ha avuto un grande beneficio dalle trasfusioni, con un marcato miglioramento delle sue condizioni”. Alla 35esima settimana la bimba viene fatta nascere con taglio cesareo: tutto si svolge per il meglio, “e fortunatamente né la piccola né la sua mamma hanno avuto bisogno di ulteriori trasfusioni. Ora sono entrambe a casa, stanno bene, e hanno come unica preoccupazione quella di fare qualche controllo periodico”.
“Questo caso – commenta Laura Chiappa, direttore sanitario del Policlinico di Milano – mostra chiaramente l’importanza di una stretta collaborazione tra tutti gli esperti coinvolti, come trasfusionisti, ginecologi, ematologi e neonatologi, per la gestione delle donne in gravidanza che hanno un gruppo sanguigno con caratteristiche rare. Senza il supporto di una Banca del sangue raro, come quella attiva al Policlinico di Milano, e senza il prezioso contributo dei donatori di sangue, pronti a rispondere anche alle convocazioni urgenti, bambini come Federica probabilmente non potrebbero nemmeno nascere”.
(1) Il test viene fatto di norma a tutte le donne nel primo trimestre di gravidanza, ed è di particolare importanza nelle donne che hanno un gruppo sanguigno Rh negativo, perché nel caso il feto abbia l’Rh positivo (anche in caso di gravidanze precedenti) il sistema immunitario materno potrebbe sviluppare anticorpi che riconoscono il fattore Rh come ‘estraneo’, mettendo in pericolo la vita del feto o del neonato.
(2) Semplificando, nel fenotipo Rh deleto i globuli rossi si presentano come Rh positivi, ma mancano di diverse caratteristiche che sono presenti in un Rh positivo normale. Per questa ragione il sistema immunitario della persona è comunque in grado di sviluppare anticorpi che distruggono i globuli rossi Rh positivi normali, come quelli del feto.