Milano, 26 giugno 2015 — Si è svolto ieri presso il Westin Palace Hotel di Milano il workshop “Collaborazione clinica: una sfida da vincere” promosso e organizzato da Carestream Health, multinazionale leader nei sistemi di imaging diagnostico, con il patrocinio di AISIS, Associazione Italiana Sistemi informativi in Sanità.
L’incontro, moderato dal prof. Federico Lega, Responsabile Formazione Executive del settore Sanità presso lo SDA Bocconi, ha visto la presenza di esperti e professionisti del mondo della Sanità nazionale, che hanno discusso su un tema di cruciale importanza per le aziende sanitarie: governare le informazioni per rendere efficace la collaborazione clinica.
La sanità sta vivendo una stagione di profondi cambiamenti che ne stanno mutando il volto: il mercato del mobile e delle app sta diventando un vero e proprio modello economico che secondo alcune stime varrebbe 40 miliardi di euro vale a dire circa il 2% del pil, di cui circa 6miliardi di investimenti delle aziende e 34 miliardi di consumi da parte dei clienti. Tale modello, che tende ormai a consolidarsi in tutti i settori di mercato, non tarderà a influenzare in modo significativo anche il settore sanitario, anzi lo sta già facendo. Basti pensare all’enorme quantità di app per la salute e il benessere, spesso connesse a dispositivi wereable, che rendono il cittadino sempre più “empowered” e all’ampio utilizzo del web per la ricerca di informazioni di carattere sanitario: il 30% dei cittadini ricerca su internet informazioni su malattie specifiche e su relative terapie e trattamenti.
Tutto questo unito ad altri fattori sta portando ad una crescita esponenziale di immagini cliniche, fenomeno al quale non si può porre limite: 2mld di Terabyte attesi nel 2020 nei soli Stati Uniti, mentre nel nostro paese gli ospedali ad alta specializzazione generano già il 35% di immagini diagnostiche in più rispetto a 5 anni fa.
Le immagini viaggiano sempre più tra dipartimenti, ospedali, reti sovraterritoriali, pazienti; sono oggetto di analisi qualitative da parte dei diversi clinici implicati nella cura, aiutano la realizzazione completa dei percorsi diagnostico-terapeutici.
Questo proliferare di immagini cliniche pone serie questioni di gestione – in primo luogo alle direzioni ospedaliere che devono poterle governare.
Recenti rilevazioni condotte in ospedali di grandi dimensioni, ad elevata specializzazione ed alta dotazione tecnologica, hanno messo in evidenza che – al di fuori della Radiologia – circa l’80% delle bioimmagini prodotte dai vari reparti (endoscopia, ostetricia, dermatologia, oculistica, cardiologia, etc.) non sono oggetto di alcun processo né procedura sistematica di archiviazione. Risiedono sui vari pc in dotazione ai reparti, oppure su cd/dvd comunque non classificati, indebolendo la loro valenza informativa e documentaria.
Quali sono le conseguenze? Tutti quegli esami saranno difficilmente rintracciabili ed utilizzabili all’interno di una cartella clinica (effetti negativi sulla qualità della cura), oppure per contribuire alla ricerca clinica, o per essere presentati come prova legale in caso di contestazioni. Inoltre i costi di manutenzione per supportare archivi dipartimentali (che partono da 40mila €/anno per dipartimento) continueranno a rimanere una voce fissa del budget dell’IT e, cosa più grave, imprevedibili costi di gestione delle emergenze saranno destinati a manifestarsi e crescere.
Parlando di archiviazione clinica strutturata, principio tecnologico che abilita la collaborazione clinica operativa, Fabio Tigani, Direttore Mercato Italia di Carestream, ha affermato: “È fondamentale poter recuperare le immagini cliniche al momento del bisogno da un repository condiviso, con tecnologia in grado di visualizzare in tempo reale anche immagini e video molto pesanti in termini di Mb. Non parliamo di un semplice archivio bensì di una piattaforma di “raccolta” di tutte le immagini cliniche aziendali in grado di identificarle e contestualizzarle, classificarle e strutturarle, recuperarle, condividerle, confrontarle facendole diventare quindi oggetto di diagnosi più accurata e tempestiva e di ricerca clinica più completa”.
Il rischio della non-decisione in questo ambito genera costi più significativi col passar del tempo, vista la rapidità di sviluppo dei fenomeni; una decisione sbagliata in questo ambito limiterà le possibilità di evoluzione tecnologica dell’ospedale.
I benefici di una corretta gestione delle immagini biomediche non ricadono solo sulle aziende ospedaliere, gli specialisti e i medici di medicina generale (accessibilità al dato iconografico completo), ma possono essere estesi anche alla cura diretta dei pazienti. Un archivio centrale di bioimmagini consentirebbe riduzione della mobilità dei pazienti, possibilità di teleconsulto e consulenza remota in caso di dimissione precoce; renderebbe il paziente più concretamente partecipe alla “co-produzione” della propria terapia e gestione della malattia, attraverso un completo accesso al proprio “diario clinico”.
fonte: ufficio stampa