Pubblicato oggi su Cancer Cell, la più importante e prestigiosa rivista di settore, uno studio dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova che apre la strada a una maggiore comprensione dei tumori cerebrali. Tracciando l’evoluzione del glioblastoma fin dai primissimi stadi in un modello animale, grazie a tecniche di biologia molecolare innovative e modelli computazionali avanzati, ricercatori dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova sono riusciti a seguire passo passo la crescita del tumore ricavandone informazioni impossibili da ottenere attraverso approcci convenzionali, con i quali si può solo analizzare il tessuto tumorale dopo che si è già sviluppato. Questa innovativa strategia potrà dare nuove e importanti indicazioni utili a combattere il più diffuso e aggressivo tumore al cervello, che ogni anno colpisce circa 1.500 italiani
Genova, 3 agosto 2023 – Seguire l’evoluzione del tumore al cervello più diffuso e aggressivo, il glioblastoma, fin dalla comparsa delle prime cellule maligne, per aprire la strada a nuove possibilità di cura grazie a informazioni sullo sviluppo della malattia finora inaccessibili con le tecniche di indagine sperimentale convenzionali. Tutto questo oggi è possibile grazie a un ‘codice a barre’ genetico, che rende ogni cellula tumorale tracciabile e identificabile nel tempo e nello spazio, così da poter seguire passo passo la crescita della massa tumorale in un modello sperimentale nel topo.
Grazie a tecniche di biologia molecolare avanzate, come l’analisi del trascrittoma, e a modelli computazionali che hanno consentito di simulare al computer l’evoluzione del tumore, è stato possibile studiare i fattori che ne influenzano la crescita, come le dinamiche di diversificazione e selezione che si instaurano fra i diversi cloni di cellule neoplastiche.
L’innovativo approccio, che apre la strada a nuove scoperte e possibilità nella ricerca e nella cura del glioblastoma, è stato messo a punto da un team di ricercatori dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Genova, guidato dal prof. Paolo Malatesta con il principale contributo di Davide Ceresa. I risultati ottenuti sono di tale rilievo da essere stati appena pubblicati su Cancer Cell, una delle riviste più importanti del settore.
Il glioblastoma
Il glioblastoma, con circa 1.500 nuovi casi all’anno in Italia, è il tumore cerebrale più diffuso ma anche il più aggressivo e ancora oggi poco conosciuto nelle fai iniziali. Più frequente negli uomini che nelle donne (1.6 a 1) e nella fascia d’età fra i 45 e i 75 anni, rappresenta il 45% di tutti i tumori che si sviluppano nel cervello.
Le radiazioni ionizzanti, come raggi X e gamma, sono riconosciute come fattore di rischio per la comparsa del glioblastoma, che dà sintomi quando la massa tumorale, espandendosi, aumenta la pressione e dilata i vasi sanguigni provocando disturbi come mal di testa a intensità crescente, vomito, attacchi epilettici.
“La terapia è estremamente complessa e, sfortunatamente, non offre ancora una soluzione definitiva – osserva Paolo Malatesta, coautore dello studio, responsabile del Programma di NeuroOncologia Sperimentale del IRCCS San Martino di Genova e professore di Biologia Molecolare presso l’Università di Genova – Attualmente, l’aspettativa di vita per i pazienti affetti da glioblastoma rimane inferiore a tre anni; il miglioramento delle cure potrebbe passare tuttavia da una maggiore comprensione dello sviluppo del tumore, che è molto eterogeneo dal punto di vista cellulare ed è poco conosciuto nelle sue fasi iniziali”.
Lo studio
Proprio per comprendere meglio l’evoluzione della malattia fin dai primissimi stadi, i ricercatori del San Martino hanno messo a punto un modello di glioblastoma in cui fosse possibile tracciare ogni singola cellula neoplastica, nel tempo e nello spazio.
“Abbiamo introdotto nelle cellule da monitorare una sorta di ‘codice a barre’, una particolare stringa di DNA che oltre a indurre la malattia consente anche di tracciare successivamente le cellule tumorali, seguendole grazie a sofisticate tecniche di sequenziamento – spiega Davide Ceresa, coautore dello studio e ricercatore al San Martino – Monitorando l’evoluzione delle cellule neoplastiche abbiamo per esempio osservato che entro il primo mese dalla mutazione in senso tumorale la maggior parte dei cloni di cellule neoplastiche scompaiono”.
“Confrontando i dati sulla crescita tumorale reale con quelli ottenuti grazie a modelli computazionali in grado di simularla in differenti scenari e condizioni, abbiamo verificato l’esistenza di fortissima selezione clonale primi stadi di sviluppo del glioblastoma, che si mantiene anche in fasi successive – prosegue Ceresa – Le dinamiche di competizione cellulare sembrano perciò giocare un ruolo primario nel determinare lo sviluppo del glioblastoma, anche in stadi più avanzati della sua crescita. In sostanza, attraverso sofisticati programmi che ci permettono di simulare la crescita del tumore abbiamo potuto testare le nostre ipotesi confrontando le simulazioni con il reale sviluppo della neoplasia”.
Grazie all’analisi del trascrittoma, ovvero dell’insieme dei geni trascritti, a livello di singola cellula, i ricercatori hanno anche identificato nel gene Myc, già noto per il suo ruolo in altri tumori, uno dei maggiori responsabili di questo processo di selezione clonale.
“La diminuzione dell’espressione di Myc è sufficiente a iniziare dinamiche di competizione fra cloni di cellule maligne anche in gliomi impiantati nel cervello di animali da esperimento, confermandone l’importanza nell’evoluzione della malattia – aggiunge Malatesta – Questo nuovo approccio, che fonde tecniche di biologia molecolare innovative con l’uso di modelli computazionali avanzati, ha permesso di raccogliere informazioni importanti sul glioblastoma ma soprattutto apre la strada a una migliore comprensione dei meccanismi di sviluppo di questo tumore: capirne a fondo l’evoluzione fin dai primissimi stadi era finora impossibile, utilizzando le tecniche convenzionali che permettono di studiarlo solo retrospettivamente, ma il tracciamento clonale e le tecniche di analisi trascrittomica potranno ora fornire nuove e importanti informazioni che serviranno a conoscerlo e combatterlo meglio”.