Milano, 15 luglio 2024 – Nonostante le anomalie metereologiche di inizio stagione, l’estate è arrivata e, insieme alle vacanze al mare o in montagna, riaffiorano le credenze popolari che hanno accompagnato le ferie di generazioni di italiani, sia sotto l’ombrellone che in cima a una baita. Ne sono consapevoli 9 italiani su 10 che, almeno una volta nella vita, hanno sentito parlare di questi “intramontabili” miti estivi.
A rivelarlo, la ricerca di Human Highway per ASSOSALUTE, l’Associazione farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, che evidenzia come le credenze siano profondamente radicate nella nostra cultura, tanto che si tratta, secondo l’indagine, di un’esperienza condivisa da tutti gli italiani, indipendentemente dall’età, dal genere e dal titolo di studio.
Ben 6 italiani su 10 hanno ripetuto almeno una volta uno di questi miti estivi come consiglio a qualcun altro, un’attitudine diffusa anche tra le generazioni più giovani: 3 under 34 su 4 hanno consigliato di seguire una credenza legata alla cura di piccoli disturbi tipici dell’estate.
Le credenze più diffuse
Alcune credenze (errate o giuste che siano) sono largamente radicate nella cultura popolare italiana: quasi 7 italiani su 10 hanno sentito dire che bisogna aspettare almeno tre ore per fare il bagno dopo aver mangiato, che le carote stimolano l’abbronzatura (53,2%) e che l’acqua di mare disinfetti le ferite (50,1%).
Le credenze più comuni, poi, sono anche quelle ritenute vere e scientificamente fondate da una larga quota di popolazione: un italiano su tre è convinto che l’acqua salata disinfetti le ferite, che mangiare carote faccia abbronzare di più e che sia necessario aspettare tre ore dopo i pasti prima di fare il bagno.
Un italiano su cinque, inoltre, ritiene che l’urina sia un ottimo rimedio per punture di tracine e meduse e uno su dieci che il sole guarisca le ferite velocizzando il processo di cicatrizzazione. Ma quanto c’è di vero in credenze e in comportamenti reiterati e acquisiti?
Il parere dell’esperto
Quanto tempo deve passare, quindi, per fare il bagno dopo mangiato? “Ci è sempre stato raccomandato”, ha detto il dott. Claudio Cricelli, Presidente Emerito della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), intervistato per confermare o sfatare i miti estivi in tema di piccoli disturbi, “di aspettare tre ore prima di fare il bagno dopo aver mangiato, a prescindere da ciò che si è consumato a pranzo. Un’attesa che, però, sembra spesso eccessiva rispetto al tempo realmente richiesto per la digestione”.
Il dott. Cricelli specifica, infatti, che sono mediamente necessari 20 minuti per digerire un succo di frutta, 30-40 per frutta e verdura cruda, 1 ora per i carboidrati, il latte scremato, i formaggi freschi, il pesce, 3-4 ore per una bistecca di manzo, 4-5 per i formaggi stagionati e 5 per la carne di maiale.
“Anche se non vi sono evidenze scientifiche chiare e univoche sulla pericolosità di fare il bagno dopo un pasto, consiglio in generale di evitare di tuffarsi o immergersi repentinamente in acque fredde, o di farlo solo, in extremis, in compagnia di altre persone, che in caso di emergenza possono intervenire”.
“L’idrocuzione, o detta anche più comunemente congestione – continua il dottore – seppur controversa, è contemplata da molte fonti autorevoli come possibile causa di sincope da stimolazione della frequenza cardiaca ed effetto sui valori pressori”.
In caso di ferite e lesioni alla pelle, l’acqua salata, come molti credono, non è il primo rimedio da utilizzare: “In questi casi, la cosa fondamentale è detergere la ferita con acqua corrente non contaminata. In assenza di questa, sì, è possibile utilizzare anche l’acqua marina, a condizione che sia pulita e priva di detriti e sabbia. Dopo la detersione è bene disinfettare adeguatamente la ferita e successivamente coprirla per evitare contaminazioni dall’esterno”.
E in caso di punture di tracina o medusa? “Contrariamente alla credenza diffusa, l’uso dell’urina è soltanto un rimedio popolare poco utile e non supportato da evidenze scientifiche. Un’altra pratica diffusa è l’applicazione di ghiaccio sulla zona colpita: non è una soluzione efficace e può anzi peggiorare la situazione. Ciò che è consigliabile, invece, è lavare immediatamente la zona interessata con acqua calda – circa 40° – non dolce, e applicare una crema specifica antinfiammatoria o un gel al cloruro di alluminio o uno spray all’acqua di mare che aiutano a ridurre l’irritazione”.
Pelle ed esposizione al sole
A fronte delle credenze legate all’esposizione solare, il Dottor Cricelli ricorda che ci sono alimenti che possono favorire la produzione di melanina e migliorare l’abbronzatura, non solo le carote, anche se, precisa il dottore, “le evidenze scientifiche raccomandano l’assunzione di sostanze contenti carotenoidi per il loro effetto protettivo contro il cancro della pelle, le bruciature, il fotoinvecchiamento e le macchie cutanee. In generale – precisa il dottore – la risorsa più grande per la pelle anche con l’obiettivo di abbronzarsi è l’idratazione”.
“Rispetto ai cibi – prosegue il dott. Cricelli – segnalo che certamente quelli di colore giallo o rosso, come le albicocche, pomodori, cocomeri, meloni, peperoni, e anche le carote contengono beta-carotene, un antiossidante che aiuta la pelle a produrre melanina, ma che hanno contemporaneamente anche un’alta percentuale di acqua e vitamine. Anche alimenti come gli spinaci aiutano, poiché ricchi di sali minerali, che si perdono durante l’esposizione al sole”.
Anche se non c’è una regola precisa su come e quanto consumare gli alimenti, è importante ricordarsi di integrarli sempre in una dieta varia ed equilibrata. “L’obiettivo – ricorda Cricelli – non è ricerca quegli alimenti o prodotti volti a promuovere l’abbronzatura, ma ottenere un colorito equilibrato senza danneggiare la pelle”.
L’applicazione della protezione solare, in questo senso, è fondamentale, soprattutto sotto l’ombrellone, in acqua, e con il tempo nuvoloso, situazioni in cui spesso si crede che non sia necessaria, ma in cui “i raggi solari arrivano anche per irradiazione riflessa e non solo diretta, colpendo così la pelle”.
Il dott. Cricelli rimarca poi l’importanza di consultare sempre la data di scadenza della crema (apposta sulla confezione) e di spalmarla frequentemente, abbondantemente (circa 10-15 ml per zona per gli adulti) e accuratamente su tutto il corpo (almeno mezz’ora prima dell’esposizione al sole), soprattutto su quello dei bambini, la cui pelle è particolarmente sensibile bisogna applicare spesso la protezione: “La frequenza di applicazione va calcolata in base al tempo di esposizione e al tipo di crema che si mette. Per esempio: se ci vogliono 10 minuti per avere una scottatura senza protezione, applicando la crema con protezione solare 50, si deve moltiplicare per 10 il tempo di scottatura. In ogni caso, dopo aver fatto il bagno è sempre ideale riapplicare la crema, anche se è stata utilizzata quella waterproof.”
Tra le protezioni più efficaci, Cricelli ricorda che “bisogna utilizzare il fattore 30, che blocca il 96,7% dei raggi UVB, e preferibilmente fattore 50, che blocca il 98%, specialmente per le pelli sensibili. Il tipo e il livello di protezione dipendono sempre dall’età e dal fototipo della pelle”.