I primi risultati sulla cancerogenicità provenienti dallo studio internazionale Global Glyphosate Study dell’Istituto Ramazzini dimostrano che basse dosi di erbicidi a base di glifosato causano leucemia nei ratti. La metà dei decessi per leucemia identificati nei gruppi trattati con glifosato e con erbicidi a base di glifosato si è verificata in giovane età. I risultati presentati fanno parte dello studio sperimentale tossicologico più grande mai condotto sul glifosato
Bologna, 27 ottobre 2023 – Lo studio tossicologico internazionale sul glifosato condotto dall’Istituto Ramazzini Global Glyphosate Study ha dimostrato che basse dosi di glifosato causano leucemie nei ratti. È importante notare che la metà dei decessi per leucemia identificati nei gruppi di studio trattati con glifosato e con erbicidi a base di glifosato si è verificata in giovane età.
I primi dati sulla cancerogenicità sono stati presentati alla conferenza scientifica internazionale “Ambiente, lavoro e salute nel 21° secolo, strategie e soluzioni ad una crisi globale”, tenutasi a Bologna lo scorso 25 ottobre. Il glifosato è il diserbante più usato al mondo e si trova regolarmente in alimenti, acqua e campioni umani.
In questo studio a lungo termine, il glifosato da solo e due formulazioni commerciali, il Roundup BioFlow (MON 52276) usato nell’UE e il Ranger Pro (EPA 524-517) usato negli Stati Uniti, sono stati somministrati ai ratti attraverso l’acqua da bere a partire dalla vita prenatale, a dosi di 0,5, 5 e 50 mg/kg di peso corporeo/giorno. Queste dosi sono attualmente considerate sicure e corrispondono alla dose giornaliera ammissibile (DGA) per l’uomo.
Daniele Mandrioli, coordinatore del Global Glyphosate Study e direttore del Centro di Ricerca dell’Istituto Ramazzini, durante la presentazione dei dati ha dichiarato che “circa la metà delle morti per leucemia osservate nei topi esposti al glifosato e agli erbicidi a base di glifosato si sono verificate a meno di un anno di età. Al contrario, non sono stati osservati casi di leucemia al di sotto dell’anno di età in più di 1600 ratti Sprague-Dawley studiati dal National Toxicology Program (NTP) degli Stati Uniti e dall’Istituto Ramazzini”.
Si tratta dello studio tossicologico più completo mai condotto sul glifosato e fornisce dati fondamentali per le autorità regolatorie, i decision-makers e il pubblico in generale. Lo studio del Ramazzini mostra l’impatto del glifosato e degli erbicidi a base di glifosato sulla cancerogenicità, la neurotossicità, gli effetti multigenerazionali, la tossicità d’organo, l’alterazione del sistema endocrino e la tossicità dello sviluppo prenatale. La pubblicazione di diversi articoli peer-reviewed dello studio è prevista a partire dall’inizio del 2024.
“Questi risultati sono così importanti per la salute pubblica che abbiamo ritenuto fondamentale presentarli ora, anticipando la pubblicazione. I dati completi saranno resi disponibili nelle prossime settimane”, ha concluso Daniele Mandrioli.
I risultati dello studio sulla tossicità del glifosato per il microbioma, pubblicati su una rivista scientifica peer-reviewed alla fine del 2022 e presentati al Parlamento dell’UE nel 2023, hanno mostrato effetti negativi anche a dosi attualmente considerate sicure nell’UE (0,5 mg/kg di peso corporeo/giorno, equivalente alla dose giornaliera ammissibile dell’UE).
Il Global Glyphosate Study ha pubblicato in precedenza uno studio pilota che ha evidenziato una tossicità endocrina e riproduttiva nei ratti a dosi di glifosato attualmente considerate sicure dalle agenzie di regolamentazione negli Stati Uniti (1,75 mg/kg di peso corporeo/giorno). Questi risultati sono stati successivamente confermati in una popolazione umana di madri e neonati esposti al glifosato durante la gravidanza.
Lo studio, coordinato dall’Istituto Ramazzini, è frutto della collaborazione tra scienziati provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal Sud America, aspetto che dà ancora maggior peso ai risultati. Allo studio partecipano scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, della George Mason University, dell’Università di Bologna, dell’Università di Copenaghen, del Boston College, dell’Istituto Nazionale della Sanità, dell’Università Federale del Paranà, dell’Università della California Santa Monica.