Gli additivi alimentari sono tuttora uno degli argomenti più controversi e sono motivo di preoccupazione per il consumatore.
Nonostante vengano associati alle più recenti tecnologie, gli additivi alimentari sono utilizzati da secoli. La conservazione del cibo ebbe inizio quando l’uomo imparò ad immagazzinare i raccolti per l’anno successivo e ad utilizzare la salatura e l’affumicamento per far durare più a lungo la carne e il pesce. Gli Egizi impiegavano coloranti e aromi per rendere più appetitosi certi alimenti e i Romani usavano il salnitro (nitrato di potassio), le spezie e i coloranti per conservare e migliorare l’aspetto dei cibi. I cuochi usavano comunemente il bicarbonato di sodio per far lievitare i prodotti da forno, gli addensanti per salse e sughi e i coloranti, la cocciniglia per esempio, per trasformare materie prime di qualità in cibi sicuri, sani e gustosi. La preparazione e la conservazione degli alimenti sono obiettivi che accomunano la cucina tradizionale e l’industria, solo i metodi differiscono.
Negli ultimi 50 anni, gli sviluppi della scienza e della tecnologia alimentare hanno portato alla scoperta di molte nuove sostanze, chiamate additivi, che possono svolgere varie funzioni e che sono ora facilmente disponibili. Vi sono, per esempio, gli emulsionanti della margarina, i dolcificanti contenuti nei prodotti a basso contenuto calorico e un ampio ventaglio di conservanti e antiossidanti che permettono di rallentare il deterioramento e l’irrancidimento del prodotto, conservandone integro il sapore.
Gli additivi alimentari sono sostanze deliberatamente aggiunte ai prodotti alimentari per svolgere determinate funzioni tecnologiche, ad esempio per colorare, dolcificare o conservare. Nell’Unione europea (UE) tutti gli additivi alimentari sono identificati da un numero preceduto dalla lettera E. Gli additivi alimentari vengono sempre menzionati nell’elenco di ingredienti degli alimenti in cui sono presenti. Le etichette dei prodotti devono riportare sia la funzione dell’additivo nell’alimento finito (ad esempio, colorante, conservante) sia la sostanza specifica usata, utilizzando il riferimento al relativo numero E o alla sua denominazione (ad esempio, E 415 o gomma di xantano). Gli additivi che figurano più comunemente sulle etichette alimentari sono gli antiossidanti (per prevenire il deterioramento da ossidazione), i coloranti, gli emulsionanti, gli stabilizzanti, gli agenti gelificanti, gli addensanti, i conservanti e i dolcificanti.
LE PRINCIPALI CATEGORIE DI ADDITIVI
Gli additivi, a seconda della loro funzione, sono suddivisi in categorie e a ognuno è associato un codice, generalmente composto da una E seguita da 3 o 4 cifre. Il codice è valido in tutta Europa.
Qui di seguito trovate una breve descrizione delle principali categorie di additivi (coloranti, conservanti, edulcoranti…), della loro funzione, utilità o meno e i rispettivi codici.
Coloranti (da E 100 a E 180)
Come indica il nome, vengono utilizzati per attribuire agli alimenti un aspetto più colorato.
La dicitura “coloranti naturali” non significa che provengono dagli ingredienti dell’alimento, ma vuol dire semplicemente che si trovano in natura. Autorizzati in molti alimenti, i coloranti naturali e artificiali permettono troppo spesso di trarre in inganno il consumatore sulla vera natura degli ingredienti utilizzati (per esempio, colorante giallo per suggerire la presenza di uova). Per questo consideriamo questi additivi inutili ed ingannevoli. Certi coloranti possono provocare allergie in persone sensibili. Recentemente alcuni coloranti sono stati associati al deficit di attenzione nei bambini. Per questo una norma europea impone, dallo scorso mese di luglio, che un’avvertenza a tal riguardo venga riportata sull’etichetta dei prodotti che li contengono.
Questi i coloranti sospetti: tartrazina, giallo di chinolina, giallo tramonto FCF (giallo arancio S), azorubina (carmoisina), ponceau 4R (rosso cocciniglia A), rosso allura AC.
Conservanti (soprattutto gli additivi con il codice da E 200 a E 285)
I conservanti sono sostanze che prevengono la proliferazione di batteri, muffe e lieviti responsabili del deterioramento degli alimenti e sono utili in alcuni casi ben precisi. Per esempio, una piccola quantità di solfiti, decisamente minore rispetto ai livelli consentiti dalla legge in vigore, è accettabile nel vino, perché garantisce una stabilità migliore.
Ma, ancora una volta, i legislatori europei si distinguono per il loro permissivismo, autorizzando l’utilizzo di conservanti anche in alimenti ed in dosi non strettamente necessarie. Di fatto, non incoraggiano i produttori a essere particolarmente attenti in materia di igiene e di condizioni di conservazione ed espongono i consumatori (soprattutto i più piccoli) al rischio di superare la dose giornaliera accettabile.
In conclusione, si può dire che i conservanti sono solo a volte indispensabili. Alcuni possono provocare reazioni allergiche.
Esempi: acido sorbico, acido benzoico, nitrati e nitriti, anidride solforosa, nisina.
Antiossidanti e acidificanti (soprattutto gli additivi con il codice da E 300 a E 385)
Gli antiossidanti sono utilizzati per frenare il deterioramento degli alimenti causato dal contatto con l’ossigeno dell’aria. Il più utilizzato e noto è l’acido ascorbico o vitamina C (E 300). Gli acidificanti, invece, aumentano l’acidità degli alimenti per prolungare la conservazione o per ragioni di gusto (per esempio, caramelle acidule). La maggior parte degli antiossidanti e degli acidificanti è accettabile e persino utile in certi casi ma, ancora una volta, senza abusarne e se non esiste un’altra soluzione.
Esempi di antiossidanti: acido ascorbico, tocoferoli. Esempi di acidificanti: acido citrico, acido lattico, acido tartarico, acido fosforico, acido adipico, acido succinico.
Emulsionanti e addensanti (soprattutto gli additivi con il codice da E 400 a E 495)
Questo gruppo comprende anche i gelificanti e gli stabilizzanti. Tutte queste sostanze sono utilizzate per dare consistenza a un prodotto o per mantenerla. Il loro utilizzo è, a volte, giustificato: negli alimenti light, gli emulsionanti e gli addensanti permettono di sostituire con l’acqua ingredienti calorici come i carboidrati (amidi e zuccheri) e i grassi. Ma più spesso servono per mascherare l’assenza di ingredienti di base (uova nei gelati o maionese).
Alcuni addensanti sono riconosciuti come allergeni (per esempio, la gomma di guar).
Esempi: alginati, difosfati, trifosfati e polifosfati, pectine, gomma di guar, farina di semi di carrube, mono e di gliceridi degli acidi grassi.
Esaltatori di sapidità (da E 620 a E 640)
Questi additivi, i più noti dei quali sono i glutammati, servono a intensificare o a modificare il gusto degli alimenti: per questo motivo sono, secondo noi, inutili e ingannevoli, in quanto potrebbero mascherare carenze di gusto e quindi una qualità scadente degli alimenti. Il glutammato si può ritrovare in una quantità vastissima di prodotti alimentari e questa assunzione elevata giornaliera può provocare intolleranze anche in chi non è comunemente sensibile a questo additivo.
Esempio: glutammato, inosinato, guanilato.
Edulcoranti artificiali (da E 950 a E 967, E 420, E 421)
Sostituiscono gli zuccheri in alcuni prodotti light come le bibite, i nettari, la gomma da masticare, alcuni dolci, la birra, gli yogurt… Sono accettabili in alcune circostanze (per esempio, per le persone che non possono consumare zuccheri), ma il rischio, soprattutto per i bambini, è che si raggiunga molto rapidamente la dose giornaliera autorizzata per esempio nel caso dei polioli.
Esempi: ciclamati, sorbitolo, xilitolo, aspartame, saccarina, maltitolo.
Lista degli additivi autorizzati
Sono ammessi solo gli additivi inseriti negli elenchi comunitari e, quando è il caso, unicamente per gli alimenti indicati e nelle dosi massime fissate. Gli additivi sono suddivisi in famiglie e in funzione del ruolo che hanno, a ognuno è attribuito un codice, in vigore in tutti i paesi dell’Unione europea, generalmente composto dalla lettera E (per Europa) seguita da 3 o 4 cifre.
Criteri beffati
Ma nella pratica, il legislatore è il primo a beffare i criteri generali.
Esempi:
- nessuna ragione tecnica giustifica l’utilizzo dei coloranti;
- molti additivi, come i coloranti, spesso gli addensanti e gli esaltatori di sapidità, sono utilizzati allo scopo di camuffare la quantità o la qualità reale degli ingredienti;
- la legge autorizza più additivi del necessario, se è vero che, come provano i nostri test, alcuni di essi non sono mai utilizzati. A questo proposito, l’Unione europea ha, molto spesso, un ruolo negativo. In effetti, le direttive europee in materia sono quasi sempre più tolleranti delle disposizioni legali della maggior parte dei diversi Stati membri.
Solo se indispensabili
A nostro avviso, gli additivi dovrebbero essere autorizzati solo quando sono indispensabili e il loro utilizzo, teoricamente limitato, dovrebbe essere controllato più rigorosamente.
Abbiamo sempre sostenuto la politica del minor rischio, ma non significa che siamo, per principio, contrari all’utilizzo degli additivi nell’alimentazione. Crediamo, però, che questo debba essere soggetto a precise condizioni:
- gli additivi non possono comportare rischi per la salute del consumatore. Le autorizzazioni devono considerare che alcuni additivi presentano frequenti rischi di reazioni allergiche e devono inoltre essere oggetto di aggiornamenti regolari in funzione delle nuove conoscenze;
- gli additivi devono essere tecnicamente indispensabili e possono essere autorizzati solamente se non esistono altre soluzioni ragionevoli;
- non possono servire a ingannare il consumatore sulla quantità e qualità degli ingredienti. I coloranti, per esempio, dovrebbero essere proibiti se utilizzati per simulare la presenza di ingredienti nobili (per esempio, la frutta nello yogurt) o per correggere l’aspetto esteriore del prodotto. Per alcuni conservanti (es: nitrati/nitriti, anidride solforosa, acido sorbico) i livelli consentiti dalla legge sono troppo elevati: il problema non risiede solo nei rischi sulla salute derivanti da consumi eccessivi, ma il punto fondamentale è che potrebbero mascherare una qualità igienica scadente. Bisogna tenere presente che i conservanti sono impiegati per mantenere entro un certo livello la presenza di microrganismi, non per ridurre il loro numero: ecco perché è fondamentale utilizzare materie prime di qualità e seguire le più scrupolose norme igieniche in tutte le fasi di produzione;
- l’utilizzo in uno stesso prodotto di tanti additivi dello stesso tipo (per esempio, due coloranti o due conservanti) dovrebbe essere vietato;
- nella definizione dei limiti massimi di utilizzo bisognerebbe tener conto della dose giornaliera accettabile nei bambini (e non solo di quella degli adulti) e dei possibili effetti derivati dalla interazione di diversi additivi.
La maggior parte di queste condizioni figura nella legge sotto forma di criteri generali, ma le prescrizioni dettagliate non le rispettano. L’indicazione sia del nome dell’additivo, sia della sua sigla dovrebbe essere presente in etichetta per una corretta informazione del consumatore.
Che cosa potete fare?
- Leggete le etichette e scegliete sistematicamente i prodotti che contengono meno additivi. Farete, in questo modo, capire ai produttori che scegliete, prima di tutto, prodotti di qualità e che non presentano rischi per la salute.
- Evitate i prodotti con un colore troppo appariscente, che rivela chiaramente la presenza di coloranti.
- Imparate ad apprezzare gli alimenti semplici e possibilmente non pronti, poiché la maggior parte di questi ultimi contiene molti additivi, tra cui glutammati e conservanti. Consumando molti prodotti pronti assumerete sicuramente dosi massicce di additivi. Inoltre, alcuni conservanti, tra cui soprattutto l’acido sorbico, sono consentiti in un numero decisamente troppo elevato di prodotti alimentari: ne deriva che i livelli d’assunzione tollerati giornalmente, solo per quel conservante, sono facilmente superabili anche con una dieta varia.