Il 40% di pazienti malati di glaucoma hanno almeno un parente diretto affetto dalla patologia. E il rischio aumenta se questa interessa i familiari più stretti di primo grado come fratelli o sorelle. È quanto riferisce Roberto Carassa, uno dei massimi esperti a livello internazionale sul glaucoma e direttore del Centro Italiano Glaucoma
Roma, 12 marzo 2020 – “Con il termine glaucoma s’indica un vasto gruppo di malattie oculari caratterizzata da un tipico danno alla porzione intraoculare del nervo ottico (papilla ottica), per lo più causato da una pressione troppo elevata dell’umore acqueo, il liquido che si trova all’interno del bulbo oculare – spiega Roberto Carassa, uno dei massimi esperti a livello internazionale sul glaucoma e direttore del Centro Italiano Glaucoma – Il danno si esplica sia attraverso una compressione diretta delle fibre nervose, sia attraverso una compressione delle strutture vascolari della papilla ottica”.
Se glaucoma può indicare più malattie oculari quali sono le forme più note? “Esistono forme di glaucoma primario dove non è riconoscibile la causa e forme secondarie dove altre patologie sono alla base della malattia – illustra Roberto Carassa – Le forma più frequente è quella primaria ad angolo aperto che pur non avendo una causa specifica, risulta essere una malattia multifattoriale. Esistono una serie di fattori che aumentano il rischio per lo sviluppo del glaucoma”.
E tra questi, ricorda lo studioso, ci sono: “la pressione intraoculare (al crescere aumenta il rischio); lo spessore corneale centrale (al diminuire aumenta il rischio); l’età (al crescere aumenta il rischio); la familiarità per il glaucoma; la pressione di perfusione diastolica; la miopia; l’etnia afroamericana/afrocaraibica”.
“La familiarità – illustra il direttore del Centro Italiano Glaucoma – è un importante fattore di rischio per lo sviluppo del glaucoma soprattutto se questa interessa i familiari più stretti di primo grado e ancora di più se interessa fratelli o sorelle”.
E a tal proposito ricorda recenti ricerche: “dallo studio Rotterdam Eye Study, dove sono stati esaminati i parenti di pazienti con glaucoma, è emerso che i parenti di primo grado hanno un rischio 10 volte maggiore rispetto alla popolazione generale; dallo studio Barbados Family Study of Open Angle Glaucoma si è evidenziato che circa il 40% di pazienti malati di glaucoma hanno almeno un parente diretto affetto dalla patologia; nel Visual Impairment Project si è dimostrato che il rischio più importante corretto per l’età è proprio la familiarità per glaucoma e che la probabilità di trovare familiari glaucomatosi è tre volte superiore in un soggetto glaucomatoso rispetto ad un soggetto sano”.
Lo studioso, tuttavia, mette in evidenza che “la familiarità positiva per la malattia, in quanto fattore di rischio, non significa che un parente diretto abbia o avrà la malattia in quanto (salvo in alcune forme particolari di glaucoma sindromico) non esiste un’ereditarietà. All’opposto, avere una familiarità negativa per glaucoma non dà alcuna certezza che uno non abbia o non avrà la malattia”.
“Se avere un parente diretto con glaucoma può essere considerato un fattore negativo per la salute, in realtà ha anche un risvolto positivo. Permette, infatti, di sapere che il glaucoma esiste e che è fondamentale sottoporsi a controlli oculistici periodici. Questo è alla base della diagnostica precoce, elemento fondamentale per prevenire la disfunzione visiva da glaucoma, che, come sappiamo è una malattia asintomatica e non percepita dal paziente se non negli stadi più evoluti e irreversibili. I parenti di pazienti affetti da glaucoma primario dovrebbero essere sottoposti a visite oculistiche annuali a partire dall’età di 40 anni”, conclude Roberto Carassa.