Nuovi algoritmi terapeutici e studi rivoluzionari che dimostrano, per la prima volta, come un trattamento farmacologico può migliorare la qualità di vita dei pazienti, sono solo alcuni dei temi dibattuti nel corso del Congresso internazionale dell’Associazione Italiana Studio Glaucoma
Roma, 7 marzo 2022 – I maggiori esperti al mondo sulla patologia del Glaucoma si sono riuniti a Roma, presso l’Auditorium di via della Conciliazione, per confrontarsi su tutte le novità in campo terapeutico e per rallentare l’evoluzione della malattia e approfondire i fattori di rischio. Decine di relatori, provenienti non solo dall’Italia ma anche dall’Europa e dagli Stati Uniti, hanno partecipato, dopo la scorsa edizione che si è svolta in modalità virtuale, all’evento internazionale organizzato ogni anno dall’Associazione italiana Studio Glaucoma.
La kermesse, che ha ospitato oltre 500 partecipanti, ha preceduto la settimana mondiale di prevenzione che si celebra dal 6 al 12 marzo. In una spettacolare cornice, a poche decine di metri da Piazza San Pietro, i relatori hanno affrontato i numerosi argomenti messi all’ordine del giorno nel programma.
Gli esperti hanno concordato nell’affermare che la pandemia ha avuto un forte impatto su questa patologia. Il Covid-19, infatti, ha reso impossibile almeno nei primi mesi di lock down di recarsi ai centri ambulatoriali rimandando i controlli e quindi non è stato possibile monitorare la malattia. Qual è dunque lo stato dell’arte e cosa si può fare per arginare questa patologia che in Italia affligge circa un milione e 200 mila persone? Lo abbiamo chiesto ai maggiori esperti nazionali e internazionali qui riuniti.
“Stiamo studiando, garantendo elevata possibilità di successo, nuove procedure chirurgiche che migliorino la qualità di vita del paziente”, ha spiegato Stefano Miglior, direttore della clinica oculistica Policlinico di Monza, Università Milano Bicocca e Presidente dell’Associazione italiana Studio Glaucoma.
“È auspicabile – ha sottolineato l’esperto – che ci si renda conto che il glaucoma è una malattia importante asintomatica e se non è gestita come si deve purtroppo non da scampo. Le pratiche chirurgiche sono diventate sempre meno invasive e più promettenti. La terapia laser può essere consigliata come primo trattamento e ha il vantaggio di essere ripetuta e ben tollerata dal paziente, quando la terapia medica sta perdendo la sua efficacia”.
Diagnosi precoce insieme a nuove terapie con innovative modalità di somministrazione possono migliorare molto la qualità di vita del paziente glaucomatoso”, ha affermato Luciano Quaranta, direttore del Centro Oculistico Italiano di Brescia. Esistono, infatti, nuovi algoritmi terapeutici, quali la neuroprotezione, che sembrano essere molto promettenti per il benessere del paziente affetto da glaucoma.
“Non abbiamo nuove molecole – ha sottolineato Luciano Quaranta – ma nuove vie di somministrazione. Farmaci che possono essere iniettati all’interno dell’occhio con effetto ipotensivo a lungo termine, in maniera tale da affrancare il paziente dall’auto-somministrazione. Sono piccoli stick, caricati di farmaco, che vengono iniettati all’interno dell’occhio e permettono un rilascio programmato del farmaco nel tempo”.
“Sarà possibile – ha proseguito Luciano Quaranta – garantire un ottimale effetto ipotensivo variabile da 6 mesi ad un anno. La nuova frontiera è quella della neuroprotezione, fermo restando però che la correzione dei fattori di rischio, quale la pressione intraoculare resta ancora centrale per evitare la progressione della malattia”.
Parlando di nuove terapie e in particolare di quella genica, il direttore del Centro Oculistico Italiano ha riferito che “esiste un consorzio mondiale per la valutazione delle alterazioni genetiche nel paziente glaucomatoso, ma ad oggi, sebbene abbiamo forti evidenze sperimentali, non sappiamo quale sarà l’applicazione clinica futura. Inoltre, in relazione alla maggiore incidenza del glaucoma nelle donne in età post-menopausale, un’azione di prevenzione sembra essere particolarmente raccomandabile in questa categoria di pazienti”, ha concluso Luciano Quaranta.
Per Roberto Carassa, Direttore del Centro Italiano del Glaucoma di Milano, i farmaci a lento rilascio saranno un passo avanti nel prossimo futuro, quando potranno essere disponibili sul mercato. Ad oggi e di prima scelta ci sono gli analoghi prostaglandinici molto potenti e con solo una somministrazione giornaliera. Tra le terapie menziona anche il laser che “ha una potenza pari alle gocce, non richiede somministrazione e non ha effetti collaterali”, ha spiegato l’esperto ma ha aggiunto che “c’è, tuttavia, uno svantaggio: i macchinari laser non sono adeguatamente distribuiti sul tutto il territorio italiano”.
Dopo i farmaci e il laser, Roberto Carassa ha ricordato la terapia chirurgica mininvasiva che oggi, grazie anche a mini stent, sta offrendo risultati eccellenti. “La pressione intraoculare – ha concluso – è solo uno dei fattori di rischio ed è bene fare un controllo dall’oculista con l’aumentare dell’età”.
Gianluca Manni, direttore della Clinica Oculistica al Policlinico Universitario Tor Vergata, ha sottolineato, come riferito anche da altri colleghi, l’importanza della nuova terapia neuroprotettrice. Quest’ultima non esclude l’ipotonizzazione oculare e ha aggiunto che se viene cominciata in tempi adeguati, quando il danno si manifesta precocemente, offre risultati eccellenti.
Francesco Oddone, responsabile dell’Unità Operativa Glaucoma della Fondazione G. B. Bietti, ha evidenziato come negli ultimi anni ci sia stata una vera propria rivoluzione in ambito di tecniche chirurgiche non convenzionali. “Quest’ultime – ha specificato l’esperto – possono essere divise in due grandi gruppi: quelle che prevedono una filtrazione sottocongiuntivale e quelle che non la prendono in considerazione, definite anche tecniche mininvasive”.
“Gli studi pubblicati fino ad oggi – ha spiegato Francesco Oddone – hanno evidenziato come queste tecniche possano essere associate all’intervento di cataratta con promettenti risultati. L’abbinamento di una di queste tecniche non convenzionali con la chirurgia della cataratta, consente di ottenere una riduzione pressoria superiore, rispetto alla sola cataratta e una diminuzione del numero dei farmaci. Una buona percentuale di pazienti può così ridurre o eliminare la terapia topica. In questo modo – ha concluso Oddone – si migliora la qualità di vita dei pazienti”.
Secondo Guido Caramello, Direttore del centro ABAX di Cuneo, “ci sono tante novità nella chirurgia non invasiva per il trattamento del glaucoma e ha evidenziato che è molto importante intervenire quando il danno funzionale non ha ancora creato problemi al paziente. In una fase iniziale – ha detto l’esperto – ci sono ottime tecniche laser che poi possono essere utilizzate anche in situazioni più evolute”. Sui nuovi farmaci, basati sulla neuroprotezione, ha evidenziato che devono “viaggiare in parallelo con la riduzione del tono”.
Luca Rossetti, docente di malattie apparato visivo presso l’Università degli Studi di Milano e responsabile del servizio Glaucoma presso la Clinica Oculistica Ospedale San Paolo, ha illustrato, per la prima volta, che una terapia per il glaucoma può migliorare la qualità della vita. Di solito – ha ricordato l’esperto – gli studi precedenti valutavano l’effetto di un trattamento per il glaucoma sulla qualità della vita dei pazienti di capire quale trattamento (e i suoi effetti collaterali) avesse un minore impatto e fosse meglio tollerato. Si tratta di uno studio rivoluzionario che fa ben sperare sulla neuroprotezione come terapia del futuro. Tra le molecole, la citicolina è quella che ha più evidenze scientifiche.
Secondo Antonio Fea, che lavora all’Università di Torino, nonostante i notevoli progressi in ambito farmacologico, alcuni preparati possono determinare reazioni avverse o comunque effetti indesiderati. Tali effetti possono limitare l’aderenza alla terapia farmacologica, che può comunque essere difficile per altre ragioni, non ultima la presenza di una contemporanea multiterapia per patologie generali, in una popolazione prevalentemente di età avanzata. Recentemente sono state proposte numerose alternative chirurgiche minimamente invasive che tuttavia spesso non sono in grado di ridurre la pressione al di sotto del livello necessario e che quindi non sono adatte a tutti i pazienti” ha concluso Antonio Fea.