Cala il sipario sull’anno che se ne va: sulle amicizie finite, sulle cattiverie ricevute, sugli amori passati, sui fallimenti, sui rimpianti.
Giù il sipario, si ricomincia domani. Forse. Perché c’è una tristezza che stringe la gola, il sipario è intriso di sangue. Non è calato sulla guerra né sulla pandemia, una pandemia che rialza la testa e come in un grottesco gioco dell’oca torna a seminare lacrime e sangue là dove tutto è iniziato.
Quel maledetto Covid torna a far paura e oggi non sappiamo ancora come ne usciremo. Quello che sappiamo è che per tanto, troppo tempo abbiamo avuto paura di morire, e oggi forse abbiamo paura di vivere.
E mentre i medici tirano le somme sui segni che il Covid ha lasciato nel corpo, riscrivendo la letteratura scientifica e tracciando nuove linee sul futuro della sanità, io guardo con sgomento ai solchi che il Covid ha lasciato nell’anima, a come questi tre anni di pandemia abbiano ridisegnato la società e i rapporti interpersonali.
Ma i forti non hanno paura del dolore, hanno già attraversato il loro inferno personale e la loro croce non la fanno mai cadere sulle spalle degli altri. I forti sono quelli che sorridono di giorno e piangono di notte.
Auguri, dunque, a chi è forte per se stesso e per gli altri. Auguri a chi forte lo è diventato.
Auguri a chi è in compagnia di se stesso e a chi è solo in mezzo agli altri.
Auguri a chi spera, a chi accarezza un sogno e a chi sogna solo una carezza.
Auguri a chi ha fallito nell’anno che se ne va, ma non smette di sognare per l’anno che verrà.