Roma, 1 dicembre 2019 – Centinaia di migliaia di persone al mondo continuano a morire di infezione da HIV a uno stadio clinico avanzato, meglio noto come AIDS, perché molti paesi sono ancora impreparati a diagnosticare e curare le persone che soffrono delle conseguenze di questa malattia. Questa è la fotografia scattata dal nuovo rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF), “Non c’è tempo da perdere”, pubblicato in occasione della giornata mondiale di lotta contro l’AIDS.
La mancanza di una risposta tempestiva ai fallimenti terapeutici e le interruzioni della cura stanno mettendo a repentaglio i recenti progressi cha hanno visto diminuire il numero di morti per HIV. Per questo MSF chiede ai paesi che registrano un alto livello di infezione e ai paesi donatori di mettere in atto urgentemente i protocolli raccomandati per prevenire, diagnosticare e curare l’HIV avanzato e l’AIDS a livello comunitario.
Il rapporto “Non c’è tempo da perdere” affronta la situazione in 15 paesi in Africa e Asia, analizzando le politiche sanitarie, le relative implementazioni e i finanziamenti stanziati per combattere l’HIV avanzato che nel 2018 ha ucciso 770.000 persone, di cui 100.000 bambini, in tutto il mondo. Nonostante l’OMS abbia stabilito delle linee guida sull’HIV avanzato sin dal 2017, l’impegno dei governi ad adeguare le proprie politiche nazionali è stato molto lento, conseguentemente l’implementazione di queste misure e i relativi finanziamenti risultano ancora più indietro.
Le linee guida dell’OMS raccomandano l’utilizzo di test rapidi di facile impiego per valutare lo stato del sistema immunitario dei pazienti (test per il conteggio delle cellule CD4) e diagnosticare le infezioni opportunistiche più comuni e letali causate dall’AIDS, come la tubercolosi (TB-lam test delle urine) e la meningite pneumococcica (CrAg test). Questi test possono dare risultati nel giro di poche ore e questo fattore, congiuntamente alla prossimità e al monitoraggio dei pazienti, consente di intervenire rapidamente, guadagnando giorni che fanno la differenza tra la vita e la morte delle persone.
Inoltre, MSF ha riscontrato che i test rapidi non sono quasi mai reperibili a livello comunitario, nonostante la diagnosi precoce possa salvare molte vite.
“L’obiettivo di contenere i decessi per AIDS al di sotto di 500.000 persone entro il 2020 non sarà raggiunto senza un’azione decisiva per migliorare l’adesione alla terapia e contro le interruzioni del trattamento che determinano un’alta mortalità – dichiara il dr. Ruggero Giuliani, vicepresidente di MSF e infettivo logo – In passato abbiamo visto che i pazienti gravemente malati erano quelli inconsapevoli di essere sieropositivi. Oggi vediamo un numero sempre maggiore di persone che è stato trattato in un primo momento ma che ha successivamente interrotto la cura, ammalandosi in maniera grave e altri per cui la cura non è più efficace”.
Più dei due terzi dei pazienti con HIV avanzato curati nell’ospedale di Nsaje in Malawi, supportato da MSF, sono arrivati già gravemente malati e avevano precedentemente iniziato la terapia antiretrovirale interrompendola. Nell’ospedale di MSF a Kinshasa, in Repubblica Democratica del Congo, questo dato raggiunge il 71%. Di questi pazienti più di uno su quattro morirà perché la malattia era a uno stadio troppo avanzato al momento del loro arrivo in ospedale. Tutte queste morti si potevano evitare.
Da quando MSF ha reso disponibili i test rapidi nei centri di salute del distretto di Nsanje, il numero dei morti in ospedale è diminuito, passando dal 27% al 15%.
Solo otto paesi dei quindici esaminati dal report usano test rapidi per la tubercolosi su pazienti con HIV avanzato. In alcuni ospedali del Sudafrica vengono utilizzati, ma una maggiore e capillare diffusione a livello comunitario deve ancora avvenire. Il Malawi sta pianificando di adottarli in 230 centri sanitari nel 2020 e programmi pilota per introdurre questi test sono stati lanciati sia in Lesotho che in Nigeria. Un altro progetto pilota è stato completato recentemente in Kenya prima di una possibile estensione a livello nazionale.
Solo un terzo dei paesi presi in esame raccomanda l’uso del test rapido per la meningite pneumococcica (che rappresenta il 15/20% di tutte le morti legate all’HIV avanzato) su pazienti con un sistema immunitario molto debole e compromesso. In paesi come Kenya, Mozambico, Sudafrica, Sud Sudan, Uganda e Zimbabwe questa raccomandazione non è stata ancora implementata a livello comunitario. Attualmente nei 15 paesi oggetto del rapporto i test per la tubercolosi e la meningite pneumococcica sono disponibili a livello dei centri di salute primaria soltanto nei centri supportati da MSF.
L’obiettivo globale di UNAIDS “90-90-90” (il 90% delle persone affette da HIV sono a conoscenza del loro stato di salute, il 90% delle persone diagnosticate ha ricevuto la terapia antiretrovirale e il 90% delle persone sotto trattamento ha ottenuto la soppressione della carica virale) presuppone una successione lineare per gradi successivi ma la realtà è ben diversa e spesso per molte persone si tratta di affrontare un modello circolare in cui devono ripetere il test e ricominciare il trattamento daccapo.
“Dobbiamo tutti essere consapevoli che il nostro lavoro non è finito una volta che le persone sono sotto trattamento e vedono migliorare il loro stato di salute. Dobbiamo accompagnarli durante tutto il loro percorso di cura – afferma il dott. Giuliani di MSF – Non metteremo fine alle conseguenze devastanti dell’HIV scavando più tombe, ma facendo tutto il possibile per mantenere le persone sane, indipendentemente da dove vivano e da quali siano le loro condizioni di vita. Devono essere supportati a livello psicologico e sanitario il più vicino possibile al luogo in cui vivono”.
Alcuni paesi come Lesotho, Malawi, Kenya e Uganda hanno iniziato a fare progressi nell’implementazione delle linee guida sull’HIV avanzato ma hanno bisogno di essere supportati economicamente. I donatori devono dare priorità alle politiche che riducono la mortalità causata dall’AIDS.
Quest’anno MSF ha lanciato la nuova campagna “Non chiediamo mica la luna” per celebrare i 20 anni della Campagna per l’Accesso ai Farmaci che nel caso della lotta all’HIV/AIDS ha portato alla riduzione dei prezzi del trattamento del 99% in un decennio, consentendo di curare oltre 22 milioni di persone. Nonostante molti risultati, ancora milioni di persone muoiono per malattie prevenibili e curabili, perché non riescono ad accedere a cure salvavita essenziali.