Roma, 26 giugno 2018 – Nonostante siano contrari al diritto internazionale, la tortura, i maltrattamenti e gli abusi sono ancora oggi utilizzati in molti paesi del mondo e la comunità medica globale resta in gran parte impreparata nel riconoscere tra i pazienti i sopravvissuti a queste orribili pratiche.
Nella Giornata mondiale contro la tortura, Medici Senza Frontiere (MSF) ricorda come la maggior parte dei pazienti dei propri centri di riabilitazione per sopravvissuti a tortura e a trattamenti inumani e degradanti siano rifugiati, richiedenti asilo e migranti, inclusi minori stranieri non accompagnati.
“Molti dei pazienti che assistiamo a Roma sono passati attraverso la Libia dove sono stati torturati e maltrattati. Per noi che vediamo ogni giorno le conseguenze fisiche e mentali delle torture, è fondamentale esprimere il nostro dissenso di fronte a chi parla di retorica della tortura” dichiara Anne Garella, capomissione MSF in Italia.
MSF gestisce centri di riabilitazione per i sopravvissuti alla tortura, abusi e maltrattamenti ad Atene, Città del Messico, Roma ed in altri luoghi lungo le rotte migratorie. Alcune persone subiscono questi trattamenti nei paesi che attraversano o in cui sono migrati, altri fuggono dal loro paese d’origine a causa di persecuzioni, torture e abusi. La maggior parte di loro soffre di dolori cronici; problemi muscoloscheletrici, neurologici e gastrointestinali; disturbi da stress post-traumatico, ansia e sintomi depressivi.
MSF ha aperto il primo progetto lungo una rotta migratoria nel 2012. Il centro di Atene è stato aperto nell’ottobre 2014, l’anno successivo quelli di Roma e di Città del Messico. Negli ultimi due anni MSF ha aperto altri due nuovi centri. Nei primi mesi del 2018, sono stati circa 950 i pazienti assistiti da 182 operatori umanitari di MSF.
“Dopo anni di lavoro con i pazienti, abbiamo iniziato a capire che la tortura è più di un problema di salute. La tortura dovrebbe essere guardata con una questione sociologica e antropologica che ha conseguenze sulla salute fisica. Crea ferite visibili e invisibili – dichiara il dott. Gianfranco De Maio, referente medico di MSF – Il nostro approccio mira ad aiutare le persone a ricostruire le loro relazioni sociali con gli altri. La tortura e i maltrattamenti attaccano la capacità di una persona di avere relazioni equilibrate e significative. La loro fiducia negli altri è danneggiata e per questo perdono dignità”.
Nei centri di MSF lavorano in équipe cinque persone. Tra loro un medico, un mediatore culturale, un operatore sociale, un fisioterapista e uno psicologo. Ognuno di loro parla al paziente prima individualmente, poi tutti e cinque si incontrano e discutono insieme i bisogni del paziente per definire un adeguato programma di trattamento.
MSF usa un approccio multidisciplinare perché in questo modo vengono considerati tutti gli aspetti della vita del paziente. Prima che inizi la sessione individuale – di fisioterapia, supporto legale, trattamento medico e così via – ci confrontiamo anche con il paziente per discutere insieme quale sia il trattamento migliore. L’obiettivo è che un sopravvissuto alla tortura inizi a riprendere la propria autonomia. Ai sopravvissuti alla tortura vengono inoltre offerti servizi legali tramite avvocati che seguono tutte le fasi della loro richiesta di asilo.
“Se parli di vittime, le persone che sono state torturate vengono stigmatizzate come deboli. Ma non sono deboli per niente! I nostri pazienti sono davvero forti, hanno attraversato esperienze orribili, ciononostante trovano il loro modo per arrivare a noi e ricostruire le loro vite. Ecco perché li chiamiamo sopravvissuti” afferma De Maio di MSF.