Ferrara, 3 febbraio 2022 – Venerdì 4 febbraio è la Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day), celebrata nel 2022 per le 22esima volta. L’istituzione della giornata si deve alla Carta di Parigi del 1999. Ogni anno si svolgono in tutto il mondo attività ed eventi al fine di riunire comunità, organizzazioni ed individui con un potente messaggio: “tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere nel ridurre l’incidenza del cancro a livello mondiale”.
Azienda Ospedaliero-Universitaria e Azienda Usl di Ferrara hanno posto qualche domanda al prof. Antonio Frassoldati, Direttore del Dipartimento Interaziendale di Oncologia.
Sono passati ormai 2 anni dall’inizio della pandemia: come è cambiato l’approccio medico-scientifico alla malattia?
“La pandemia ha certamente condizionato il rapporto fra oncologo e paziente, nella necessità di salvaguardare il diritto alla cura ed il dovere di tutelare il paziente stesso ed il personale sanitario dal rischio di infezione, con la possibilità di generare, o acuire, un senso di distacco fra malato e curante. Per cercare di raggiungere questi obiettivi, l’approccio alla malattia oncologica si è ancora più polarizzato verso la personalizzazione dei trattamenti, attraverso la diagnostica molecolare avanzata e verso terapie, per lo più orali, con minori effetti immunosoppressivi rispetto alla classica chemioterapia, e con minore necessità di accesso all’ospedale”.
Quali cambiamenti, in materia di trattamento dei tumori, hanno dovuto mettere in atto gli ospedali, in particolare nel nostro territorio, per adattarsi alla nuova condizione?
“Le istituzioni sanitarie hanno reagito, dopo una prima inevitabile fase di blocco, attraverso una riorganizzazione delle attività, con l’obiettivo di evitare ritardi e recuperare poi quelli accumulati. La fase diagnostica e gli screening, in particolare, hanno certamente subito un rallentamento nella fase iniziale della pandemia, cui si è fatto fronte con un potenziamento delle risorse di personale e dell’offerta di prestazioni.
Allo stesso modo, l’attività chirurgica è risultata rallentata (seppure si sia cercato di salvaguardare quella oncologica). Solo i prossimi anni chiariranno le conseguenze di ciò; certamente una particolare attenzione nell’adesione agli screening e a cogliere i sintomi iniziali della malattia rappresentano un obiettivo per i prossimi periodi.
I servizi di oncologia hanno proseguito ininterrottamente la propria attività, rimodulando, dove possibile, alcune terapie e potenziando le modalità di contatto telefonico o di monitoraggio a distanza, aumentando lo screening infettivo con esecuzione di tamponi per ricerca del Virus SARS COV2 prima del ricovero e periodicamente durante il ricovero, o ad ogni nuovo ciclo di trattamento per i pazienti ambulatoriali”.
Quali sono le novità terapeutiche, in termini di ricerca scientifica, che possiamo aspettarci per gli anni a venire?
“Già da alcuni anni la terapia dei tumori è orientata alla personalizzazione dei trattamenti. Le innovazioni terapeutiche sono strettamente correlate alla possibilità di identificare le alterazioni presenti nelle diverse neoplasie, con sofisticate e complesse indagini molecolari, verso le quali sono ormai disponibili numerosi farmaci innovativi (i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare), efficaci nel prolungare significativamente la sopravvivenza e ridurre la mortalità. Lo sviluppo tecnologico, l’accumularsi delle conoscenze e l’estesa ricerca scientifica, d’altro canto, offrono la prospettiva di disporre a breve di numerose altre molecole utili alla personalizzazione della cura.
Un secondo ambito di intervento è rappresentato da farmaci in grado di ripristinare una risposta immunitaria contro il tumore, imbrigliata dal tumore stesso. Questi trattamenti, dove utilizzabili, hanno permesso di ottenere il controllo prolungato o la regressione della malattia neoplastica in tumori in cui non erano di fatto disponibili terapie efficaci.
Un ulteriore ambito di sviluppo terapeutico è offerto infine dai farmaci immunoconiugati, in cui un anticorpo, capace di legarsi sulla superficie della cellula tumorale, trasporta un chemioterapico, che viene poi rilasciato solo nelle cellule cancerose, determinandone la morte. Non c’è dubbio quindi che ricerca e tecnologia abbiano fatti passi enormi, permettendo anche di prospettare ulteriori importanti miglioramenti nella cura del cancro nel prossimo futuro”.
Professore può fornirci qualche dato sull’incidenza dei tumori nella nostra provincia?
“L’incidenza dei tumori nel nostro paese riguarda circa 370.000 nuovi casi ogni anno, con una tendenza complessiva in riduzione, seppure non per tutte le tipologie di tumore. Nei tumori in cui sono attivi programmi di screening (colon-retto in particolare, ma anche mammella e collo dell’utero), o nel tumore del polmone nell’uomo (per riduzione del consumo di sigarette) o dello stomaco l’incidenza è certamente in riduzione, mentre al contrario aumenti significativi si registrano per il melanoma o per i tumori del pancreas, o per i tumori del polmone nella donna.
Anche per quanto riguarda la mortalità le stime segnalano un progressivo calo in entrambi i sessi, sia per la maggiore attenzione ad una diagnosi precoce che per la disponibilità di nuovi e sempre più efficaci trattamenti. Nella provincia di Ferrara, che si colloca fra quelle a maggiore incidenza di tumori, si registrano annualmente circa 3.000 nuovi casi, con trend non diversi da quelli osservati a livello nazionale. I tumori più rappresentati sono quelli della prostata nell’uomo e della mammella nella donna, seguiti dai tumori del polmone (nell’uomo) e del colon-retto. Nella nostra provincia i tumori rimangono la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari”.
Qual è il ruolo dei day hospital oncologici presenti sul territorio oltre la visione ospedalocentrica?
“Storicamente la gestione delle patologie oncologiche è stata concentrata sull’ospedale, ed in particolare su centri di riferimento ad elevata specializzazione. La recente pandemia ha tuttavia mostrato e confermato i limiti di questa visione, affermando invece la necessità di sviluppare un’oncologia di prossimità, più legata al territorio, più vicina ai bisogni dei pazienti.
Nella nostra provincia già da tempo è presente una rete di strutture che coinvolge non solo l’Ospedale di Ferrara, ma anche day hospital dislocati presso gli ospedali di Lagosanto, di Cento e di Argenta. Questo ha permesso di erogare le prestazioni sanitarie oncologiche in modo diffuso, evitando spostamenti e disagi per i pazienti, mantenendo allo stesso tempo un’omogeneità di cura, ottenuta attraverso l’adozione di protocolli di trattamento comuni e condivisi.
La necessità di centralizzare il paziente è quindi limitata solo a specifiche condizioni (come alcune procedure diagnostiche e interventi chirurgici, la radioterapia, o terapie oncologiche complesse o innovative). Il passo da compiere è ora quello di differenziare ulteriormente l’offerta di prestazioni presso altre strutture sanitarie, come Case di Comunità, Ospedali di Comunità e anche il domicilio dei pazienti, per erogare le cure nelle condizioni in cui si raggiunge il maggior “valore” della terapie (intesi come benefici per il paziente e per la collettività)”.
I day hospital sono rimasti sempre operativi anche in epoca Covid. Come hanno continuato a garantire le terapie?
“La prosecuzione delle cure oncologiche è sempre stato l’obiettivo primario del nostro lavoro, consci dell’impatto della malattia sulla vita dei pazienti. La dedizione del personale sanitario, seppure coinvolto in modo diretto o indiretto nella gestione della pandemia, ha consentito di continuare le terapie e i controlli necessari. Tutte le terapie attive sono state rivalutate, ed eventualmente rimodulate, per favorire trattamenti orali di pari efficacia e minore effetto immunosoppressivo o terapie che riducessero l’accesso all’ospedale.
L’uso dei dispositivi di protezione, le procedure di minimizzazione del rischio, il monitoraggio della presenza di infezione nei pazienti (con triage telefonici e prima dell’accesso) e l’invito ai pazienti di sottoporsi alla vaccinazione hanno mantenuto il problema a livelli complessivamente gestibili. E solo in presenza di infezione siamo stati costretti ad interrompere i trattamenti, ma questo è fortunatamente avvenuto in una minoranza dei pazienti”.
Quanto è importante che professionisti delle due Aziende Sanitarie condividano i percorsi di cura per equità di trattamento?
“È fondamentale che un paziente possa ricevere lo stesso tipo di trattamento in qualunque luogo. Questa equità nel diritto alla cura si realizza attraverso la creazione di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) a valenza provinciale, nei quali tutti i professionisti condividono l’impostazione del trattamento per ciascun paziente e realizzano poi questi trattamenti, in maniera omogena, in qualunque struttura essi vengano erogati.
Nella nostra provincia l’approccio multidisciplinare è applicato per tutte le neoplasie, i trattamenti vengono discussi collegialmente ed applicati secondo standard e linee guida. Il vantaggio di una rete che comprenda strutture dislocate su tutto il territorio, con la previsione di svilupparla ulteriormente, è proprio legato alla possibilità di offrire a tutti cure adeguate nella sede più idonea alle proprie esigenze”.