Le proteine prioniche, conosciute soprattutto per le forme alterate che portano al Morbo della mucca pazza, svolgono un ruolo fondamentale nella crescita e nella diffusione delle cellule cancerose. Lo studio dell’Università di Pisa e dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) ha conquistato la copertina della rivista scientifica “Cancers”
Pisa, 29 gennaio 2021 – Si è guadagnato la copertina della prestigiosa rivista “Cancers” l’articolo scientifico nato dalla collaborazione tra il gruppo dell’Università di Pisa guidato da Luca Morelli, professore associato di Chirurgia generale e l’Unità di Neurobiologia e dei Disturbi del Movimento dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS). Si tratta di una attenta analisi, con l’aggiunta di nuovi dati, rivolta ad approfondire una delle più recenti e interessanti strade nel campo dello studio dei tumori: il ruolo svolto dai prioni nello sviluppo del cancro e nella sua diffusione.
I prioni avevano avuto un momento di grande notorietà a cavallo del millennio perché una loro forma alterata (PrPsc) è responsabile del morbo di Creutzfeldt-Jakob (la “mucca pazza”). La scoperta era valsa all’americano Stanley Prusiner il Nobel per la medicina nel 1997. Ora l’attenzione si sta spostando, come evidenzia la “review” realizzata dall’Università di Pisa e dal Neuromed, sulla presenza di queste proteine in alcuni tipi di tumore, documentando anche un possibile ruolo nella genesi e nella aggressività biologica del cancro. Si parla soprattutto di tumori del sistema nervoso centrale, come il glioblastoma multiforme, ma recentemente sono emerse evidenze anche per quanto riguarda tumori dell’apparato gastrointestinale, del seno, della prostata e del pancreas, per citarne solo alcuni.
“I prioni – dice Francesco Fornai, professore ordinario di Anatomia dell’Università di Pisa e Responsabile dell’Unità di Neurobiologia e dei Disturbi del Movimento del Neuromed – sono proteine naturalmente presenti nelle nostre cellule, essenziali per la regolazione di molte attività. Nel caso della mucca pazza sappiamo che queste proteine possono assumere forme anomale il cui accumulo causa la malattia. Nel campo dei tumori, invece, il nostro gruppo di ricerca aveva evidenziato, in un lavoro pubblicato sulla rivista Journal of Pancreatology, come le proteine prioniche siano correlate alla malattia anche quando, pur conservano la conformazione fisiologica, quindi normali nella forma, sono iperespresse (cioè l’informazione contenuta nel DNA viene trascritta esageratamente, causando una produzione eccessiva)”.
Ciò che l’articolo di Cancers aggiunge è l’osservazione di una maggiore espressione anche della forma “misfolded” (PrPsc), alterata strutturalmente, della proteina prionica. “Anzi – continua Fornai – l’iperproduzione di quest’ultima risulta essere ancora più marcata rispetto a quella della forma cosiddetta normale (PrPc). Si tratta di un passo in avanti nell’avvicinare la biologia dei tumori neurotropi, cioè caratterizzati da spiccata capacità di diffondersi attraverso il sistema nervoso, alla biologia delle malattie da prioni”.
In questo quadro, la presenza di quantità anomale di prioni nelle cellule tumorali indurrebbe una maggiore invasività, una più alta probabilità di ricadute e una maggiore resistenza alla chemioterapia, soprattutto per le cellule cancerose staminali, quelle che andranno a formare le metastasi.
“Pensiamo – conclude Fornai – che le proteine prioniche possano rappresentare un promettente punto di attacco per terapie innovative rivolte a limitare la capacità proliferativa delle cellule tumorali. Allo stesso tempo, potranno rappresentare un marcatore per seguire i pazienti dopo l’asportazione di un tumore, in modo da individuare rapidamente la possibilità che si stiano formando metastasi e diffusione al sistema nervoso”.