Fusione nucleare: progetto da 500 milioni per creare un’infrastruttura strategica in Piemonte

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Torino, 15 dicembre 2016 – Realizzare in Italia un polo scientifico-tecnologico tra i più avanzati al mondo, un progetto da 500 milioni di euro e oltre 1.800 addetti per dar vita a un’infrastruttura strategica di ricerca sulla fusione nucleare con lo sviluppo di tecnologie innovative per la competitività dell’industria nazionale. Si chiama DTT, Divertor Tokamak Test facility, potrebbe nascere in Piemonte, su impulso di Regione, Unione Industriale e ENEA, ed è stato presentato oggi dai Presidenti della Regione Sergio Chiamparino, dell’Unione Industriale Dario Gallina, dell’ENEA Federico Testa e dal Direttore del Dipartimento Fusione dell’ENEA Aldo Pizzuto.

L’investimento complessivo di circa 500 milioni di euro richiederà almeno 270 addetti per la costruzione e 500 per la sperimentazione, ai quali si aggiungeranno rispettivamente 350 e 750 posti nell’indotto terziario. La gestione dell’impianto si protrarrà per almeno 25 anni e necessiterà di spese di approvvigionamento, materiali di consumo e manutenzioni per circa 15 milioni di euro l’anno, più l’indotto relativo alla presenza sul territorio dello staff tecnico-scientifico. La ricaduta di un simile progetto in termini di reddito prodotto sul territorio è stimata pari a 4 volte l’investimento.

Saranno coinvolte industrie medio-grandi e PMI che operano nel campo della superconduttività, della meccanica di precisione, dell’elettronica di potenza, delle tecnologie speciali per il vuoto e dei processi per la realizzazione di materiali e componenti. L’Italia, con l’ENEA, è fra i leader nei progetti internazionali di ricerca sulla fusione nucleare come ITER, International Thermonuclear Experimental Reactor e Broader Approach[1].

“La Regione Piemonte – ha osservato il presidente Sergio Chiamparino – può essere considerata a buon diritto la sede naturale per un progetto di questa portata: il nostro è infatti un tessuto industriale ricco e votato all’innovazione, con molte eccellenze nel campo della ricerca e della sperimentazione scientifica. Non dimentichiamo poi che la presenza di due atenei riconosciuti a livello internazionale come il Politecnico e l’Università di Torino garantisce la qualità dei percorsi di alta formazione necessari per sviluppare le ricerche collegate al DTT. Un progetto così avanzato ha bisogno di un territorio capace di dare risposte veloci ed efficienti su tutti i piani: da quello tecnologico a quello industriale, da quello economico a quello politico. E la nostra Regione ha tutte le carte in regola per ospitarlo”.

“Realizzare nel nostro Paese quest’esperimento internazionale permetterà alla comunità scientifica italiana di continuare ad essere tra i leader nel campo della fusione e al sistema industriale di confermare l’elevato livello di competitività dimostrato. ENEA – ha sottolineato il Presidente Federico Testa – è pronta a dare il suo apporto con l’expertise maturata nell’ambito del Dipartimento Fusione e Sicurezza Nucleare nei Centri di Ricerca di Frascati e Brasimone, poli di eccellenza apprezzati dalla comunità scientifica, con dotazioni strumentali di altissimo livello”.

“Riprodurre il meccanismo fisico che alimenta le stelle è la grande sfida della ricerca sulla fusione nucleare che vede impegnati i migliori laboratori di tutto il mondo nel produrre energia rinnovabile, sicura, economicamente competitiva, inesauribile e in grado di sostituire i combustibili fossili” ha spiegato l’ing. Aldo Pizzuto evidenziando che “ENEA ha brevettato una tecnica per effettuare test per la struttura DTT con materiali avanzati”.

Il Presidente dell’Unione Industriale Dario Gallina ha dichiarato che “ospitare un esperimento internazionale strategico per il futuro della ricerca e dello sviluppo in campo energetico ha un grande significato poiché molte nostre aziende tecnologiche, torinesi e piemontesi, sarebbero coinvolte prima nella realizzazione dell’infrastruttura e poi nei rapporti di fornitura per il suo funzionamento e la sua attività. L’altro aspetto di rilievo, dal nostro punto di vista, è che una iniziativa di questo genere comporta necessariamente la creazione di un certo numero di nuovi posti di lavoro, ad alta ed altissima qualificazione professionale”.

Ad oggi, la ricerca sulla fusione ha già contribuito a rilevanti risultati in termini scientifici ed economici. In ITER, ad esempio, sono coinvolte, a vario titolo, oltre 500 industrie italiane fra le quali Ansaldo Nucleare, ASG Superconductors (Gruppo Malacalza), SIMIC, Mangiarotti, Walter Tosto, Delta-ti Impianti, OCEM Energy Technology, Angelantoni Test Technologies, Zanon, CECOM e consorzio ICAS tra ENEA, Criotec e Tratos, che si sono aggiudicate gare per quasi un miliardo di euro – circa il 60% del valore delle commesse europee per la produzione della componentistica ad alta tecnologia. E l’obiettivo è di generare nuovi contratti per altre centinaia di milioni di euro nei prossimi 5 anni.

[1] A ITER partecipano Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Russia, USA e UE, attraverso ITER Organization con sede a Cadarache in Francia, dove è in costruzione un reattore di 23 mila tonnellate, alto 30 metri che dovrà dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione. Il progetto impegna oltre 20 miliardi di euro, dei quali 6,6 destinati all’industria europea. Broader Approach è l’accordo Europa-Giappone per la ricerca sulla fusione.

fonte: ufficio stampa

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