Roma, 8 luglio 2021 – “La pandemia da coronavirus ha messo in risalto le deficienze strutturali del nostro SSN e particolari criticità sono state riscontrate nel sistema ospedaliero con medici ospedalieri che hanno dovuto fare turni anche di 24 ore di seguito a causa della carenza di personale. La mancanza di medici ospedalieri non è una novità; già i dati del conto annuale del Tesoro del 2019 certificavano che il 2,9% dei medici ospedalieri aveva deciso di dare le dimissioni, di licenziarsi dal posto il lavoro pubblico prima di andare in pensione. Si tratta di oltre 3.000 colleghi che hanno lasciato il sistema pubblico trovando un’alternativa nel privato o nel lavoro sul territorio considerati, forse, migliori dal punto di vista economico”, così Pina Onotri Segretario Nazionale del Sindacato Medici Italiani lancia l’allarme sulla fuga dei medici ospedalieri dal nostro Servizio Sanitario Nazionale.
“Questo fenomeno sta interessato alcune Regioni più di altre: nelle Marche, ad esempio, nel 2019, si è dimesso il 6.6% dei medici ospedalieri, a seguire il Veneto con 5.9%, poi Valle d’Aosta (3.8%) e Piemonte (3.5%)”.
“Le cause sono chiare: i medici che lavorano nel pubblico sono sempre di meno e sempre più stanchi, il loro carico di lavoro è sempre in crescita, la presa in carico di malati con bisogni assistenziali sempre più complessi da parte di un numero di medici con un’età media sempre più elevata. Sempre meno medici ospedalieri rispetto al fabbisogno di salute e per di più costretti a fronteggiare nelle regioni una carenza atavica di posti letto”.
“La pandemia da Covid ha ovviamente esacerbato delle criticità preesistenti in termini di personale medico ed infermieristico, in tema di liste di attesa e di carenze di posti letto. Troppo spesso la normativa in materia di orario di lavoro non viene rispettata, per questo il maggior impegno quotidiano, le reperibilità, spesso la mancanza di riposo, persino le ferie concesse sempre più raramente ed in periodi obbligati, fanno sì che il personale rischi di essere in una condizione di burn out”.
“Sono queste le cause che rendono il lavoro ospedaliero non più attrattivo con poche possibilità di carriera e con il tempo si è affievolita anche la spinta verso la ricerca del posto fisso, della sicurezza economica che in passato potevano rappresentare delle buone attrattive per chi voleva intraprendere la carriera ospedaliera”.
“Le Regioni in cui sono maggiori le dimissioni volontarie risultano essere quelle del nord forse per le maggiori opportunità di lavoro nell’ospedalità privata o nel settore libero professionale. Al primo posto le Marche al centro, al sud Campania e Calabria. Negli ultimi 10 anni le dimissioni dei medici sono aumentate del 81%, si tratta di un dato allarmante , che mette a rischio la tenuta del SSN e la salvaguardia della salute dei cittadini”.
“Davanti a questi dati il Governo deve varare urgentemente – continua Onotri – un piano nazionale per garantire a tutti i cittadini la continuità dell’assistenza medica; bisogna cambiare registro rispetto alle logiche del taglio del personale di questi anni che hanno generato la carenza di specialisti e creato organici sempre più ridotti rendendo insostenibile il carico di lavoro, con la professionalità per niente incentivata e poco premiata”.
“Il Governo deve dare uno stop alla politica di tagli di questi anni; deve investire in primis sul personale agendo sui motivi che hanno portato in questi anni alla fuga dei camici bianchi. Il Ministro della Sanità non può ignorare, da una parte, che la presenza delle donne in sanità è in progressivo aumento è giunto il momento che la sanità abbandoni un modello unicamente maschile ed evolva verso una declinazione di ritmi e organizzazione del lavoro che tenga conto della presenza delle donne”.
“A questo quadro a tinte fosche in ambito ospedaliero va aggiunto il crescente peso della burocrazia che sta facendo diventare il lavoro intollerabile, con coinvolgimento dei professionisti nelle scelte aziendali pressoché nullo, per non parlare del rischio aggressioni verbali e fisiche a cui è sempre maggiormente esposto il personale sanitario oltre che l’alto rischio di denunce legali”
“Il sistema ospedaliero è in crisi, ma maggiormente lo è il comparto della Medicina d’Accettazione e d’Urgenza e dell’Emergenza Sanitaria Territoriale di cui i bandi di concorso vanno deserti per gli incarichi in Pronto Soccorso in molti ospedali Italiani, tanto che in molte regioni sempre maggiore è il ricorso all’esternalizzazione del servizio a cooperative per garantire la copertura dei turni di Pronto soccorso”.
“Particolarmente grave è la condizione del 118, di cui si registrano ovunque carenze croniche di organico che rischiano di far saltare diverse postazioni medicalizzate territoriali del 118 in molte regioni. I servizi alla salute in molte Regioni sembrano di fatto aver abbandonato il settore dell’Emergenza nel suo complesso; siamo in presenza sempre di più di equipaggi dell’autoambulanze sempre più risicati con la carenza, soprattutto i medici, ovvero le figure centrali degli equipaggi che svolgono servizi di soccorso su tutto il territorio nazionale”.
“Il Sistema del 118 sta andando pericolosamente alla deriva, in primo luogo per il diverso trattamento tra personale medico 118 in servizio, da una parte i dipendenti, dall’altra i convenzionati, che svolgono lo stesso lavoro e le stesse mansioni ma con differenze inaccettabili giuridiche, economiche e di tutele, senza possibilità concrete al momento, al di là delle tante promesse di essere inquadrati nel comparto della dirigenza”.
“Questa condizione ha portato ad esempio medici convenzionati a non poter percepire quella premialità Covid riconosciuta ai dipendenti 118 ,nonostante l’elevato rischio lavorativo che li ha visti protagonisti, per cui molti medici convenzionati stanno lasciando questo settore strategico per la tenuta del SSN nonostante abbiano una grande passione per questo lavoro. Servono delle risposte concrete e rapide del Governo o la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale è a rischio”, conclude Onotri.