Fratture da fragilità ossea, fondamentale la prevenzione. XVIII Congresso Nazionale SIOMMMS

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Napoli, 26 ottobre 2018 – L’osteoporosi rappresenta un grave ostacolo all’invecchiamento in buona salute, compromettendo l’indipendenza e la qualità di vita di 4 milioni di donne e uomini che ne sono colpiti, con un impatto significativo sul Sistema Sanitario. Se ne parla al XVII Congresso Nazionale SIOMMMS – Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro – in corso a Napoli fino al 27 Ottobre.

Nel 2017, solo in Italia, si sono verificate circa 560.000 fratture da fragilità con un costo per il sistema Sanitario Nazionale pari a 9,4 miliardi di euro, numeri importanti destinati a crescere. Si stima che nel 2030 l’incidenza delle fragilità ossea aumenterà del 22,4% raggiungendo quota 690.000 con un aumento dei costi del 26,2% pari a 11,9 miliardi di euro.

“Alla maggior parte delle fratture da fragilità, soprattutto se vertebrali, purtroppo non viene data la giusta importanza sia dai pazienti che dagli operatori – dichiara il prof. Stefano Gonnelli, Presidente SIOMMMS e Professore Associato di Medicina Interna all’Università di Siena – È di fondamentale importanza che la natura osteoporotica di queste fratture venga riconosciuta e che come tale vengano gestite tramite un percorso assistenziale adeguato, al fine di evitare una rifrattura con notevole vantaggi sia per il paziente che per la sostenibilità del sistema sanitario”.

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Dott. Stefano Gonnelli

La prevenzione secondaria delle fratture da fragilità è stata a lungo trascurata. Nonostante le Linee Guida e la Nota AIFA 79 raccomandino un adeguato trattamento farmacologico (bisfosfonati e supplementazione di calcio e vitamina D) per tutti i pazienti che abbiano subìto una frattura da fragilità, il 60-85% dei pazienti non lo riceve e solo il 50% segue le cure ad un anno dalla prescrizione.

Per tentare di arginare questa spirale negativa è necessario migliorare la presa in carico del paziente, dalla diagnosi fino al follow up, avviando un sistema di assistenza multidisciplinare che coinvolga tutti gli specialisti di riferimento (chirurghi ortopedici, reumatologi, radiologi, internisti, endocrinologi, fisioterapisti), migliorare la comunicazione sul territorio creando un network tra struttura ospedaliera e Medici di Medicina Generale e investire in prevenzione.

“Un sistema di assistenza territoriale integrato offre il potenziale per un modello di somministrazione delle cure economicamente vantaggioso, che riduce il rischio di rifrattura e di mortalità favorendo quindi un aumento del numero di pazienti trattati e migliorando l’aderenza – commenta Gonnelli – Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che, al netto di sesso, età e comorbidità, tanto più aumenta l’aderenza alla terapia tanto più cala il rischio di rifrattura. In termini economici questo comporterebbe sì un aumento dei costi prescrittivi ma al contempo una diminuzione dei costi ospedalieri e, di conseguenza,una riduzione generale della spesa pro-capite”.

In Italia, la Regione Veneto rappresenta l’eccellenza per quanto riguarda la gestione dell’osteoporosi: si fa prevenzione e si riducono le fratture. In Veneto, infatti,il pattern di incidenza delle fratture di femore negli ultimi anni è diminuito del 18%, percentuale che ha portato ad un significativo contenimento dei costi sanitari a carico del SSN. L’elemento alla base della diminuzione delle fratture in questa regione potrebbe essere individuato nell’adozione di politiche sanitarie regionali specifiche per la gestione dell’osteoporosi.

“L’esempio del Veneto è emblematico e ci dimostra che un PDTA regionale dedicato alle fratture da fragilità, se applicato, porta sostanziali vantaggi sia al paziente che al SSN – conclude Gonnelli – Tutte le parti interessate, inclusi gli operatori sanitari, i dirigenti ospedalieri e le istruzioni regionali e nazionali hanno quindi la responsabilità di definire percorsi assistenziali chiari e sostenibili per la gestione del paziente già fratturato e di promuovere un atteggiamento proattivo da parte del paziente e degli operatori sanitari”.

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