Pubblicata su PNAS la ricerca internazionale, coordinata dai ricercatori dell’Università di Firenze, che ha registrato il picco più basso nella varietà di specie di invertebrati essenziali per la resilienza dei mangrovieti
Firenze, 29 luglio 2021 – Le foreste di mangrovie sono sempre più vulnerabili, a causa dell’impoverimento nella biodiversità della fauna che svolge compiti essenziali per la sopravvivenza di questi ecosistemi. È l’allarme lanciato da uno studio internazionale coordinato dai ricercatori dell’Università di Firenze Stefano Cannicci e Sara Fratini, pubblicato su PNAS, proprio in occasione dell’International Mangrove Day dell’UNESCO.
La ricerca ha registrato la frequenza più bassa a oggi di biodiversità nelle specie di invertebrati – granchi e molluschi – abitanti delle foreste di mangrovie che si estendono in Sud America, nell’Oceano Indiano orientale e nel Pacifico. Ambienti già minacciati dalla deforestazione, che ne erode l’estensione.
I ricercatori hanno mappato 209 specie di crostacei e 155 di molluschi in 16 aree tropicali e subtropicali di tutto il mondo. Hanno poi classificato queste specie in 64 unità funzionali che svolgono compiti indispensabili per la vita dei mangrovieti, a seconda di cosa mangiano e quale comportamento attuano nel microhabitat in cui vivono.
“I mangrovieti sono importantissimi per una serie di servizi ecosistemici che forniscono agli abitanti di quelle aree, a partire dall’immagazzinamento del carbonio, e quindi dalla riduzione degli effetti del cambiamento climatico – racconta Stefano Cannicci, ordinario di Zoologia Unifi – Queste foreste si sviluppano sulle coste inondate dalle maree; ambienti difficili, a causa delle salinità delle acque e dello scarso ossigeno presente nel terreno – spiega il ricercatore – In loro aiuto vengono i granchi e i molluschi che, smuovendo costantemente il terreno per alimentarsi e costruire la tana, aumentano la velocità con cui i nutrienti possono essere di nuovo utilizzati dalle piante e portano ossigeno alle radici”.
Gli scienziati hanno scoperto che in molti mangrovieti del nostro pianeta sono presenti solo una o poche specie associate a una specifica unità funzionale e hanno individuato le foreste che potrebbero subire maggiori danni dall’impoverimento faunistico.
“I nostri dati ci dicono che anche una modesta perdita di biodiversità degli invertebrati può avere conseguenze negative sulla funzionalità e la resilienza dei mangrovieti ai cambiamenti ambientali, in particolare quelli climatici – commenta Sara Fratini, ricercatrice di Zoologia – ma rimangono ancora aree che potranno rappresentare una preziosa riserva di biodiversità per queste foreste”.