Secondo la ricerca, realizzata con la borsa Rita Levi Montalcini per il “rientro dei ricercatori”, la convergenza tra placche tettoniche che genera gli archi vulcanici è responsabile per la produzione di ingenti quantità di metano e idrogeno molecolare che alimentano dal basso la vita microbica nella biosfera profonda. Il lavoro sarà pubblicato da Nature Communications
Torino, 5 agosto 2020 – Uno studio, nell’ambito delle Scienze della Terra e della vita, di cui è capofila un ricercatore dell’Università di Torino, Alberto Vitale Brovarone, apre a nuovi scenari geologici e sarà pubblicato sull’autorevole rivista Nature Communications.
La ricerca ha identificato alcune fonti profonde (fino a 80 km di profondità) di fonti di energia di natura abiotica (non legate all’attività biologica) come il metano e l’idrogeno molecolare, aprendo un nuovo scenario con possibili implicazioni sull’origine, massa e distribuzione di biosfera profonda. Lo studio sostiene che queste sorgenti profonde alimentano dal basso la vita nella biosfera profonda.
Il lavoro comprende coautori italiani, come Donato Giovannelli ricercatore di Microbiologia presso il Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli, francesi e americani ed è stato realizzato durante la borsa Rita Levi Montalcini – Rientro dei ricercatori finanziata dal MIUR di Alberto Vitale Brovarone, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra di UniTO.
Le sorgenti naturali di idrogeno e di metano abiotico (il raro metano che si forma in assenza di processi biologici) hanno avuto un ruolo fondamentale durante l’evoluzione del nostro pianeta e rappresentano un target primario per l’esplorazione planetaria. Questi gas naturali ad alto potenziale energetico, oltre a giocare un ruolo fondamentale sugli equilibri geologici e climatici del pianeta, sono ritenuti molecole chiave per sviluppo della vita sulla Terra e il mantenimento della biosfera microbica profonda, che ospita una biomassa grande almeno quanto quella di superficie. Nonostante ciò, le origini di questi gas sono ancora poco identificate.
L’idratazione delle rocce del mantello, processo noto come serpentinizzazione, è da tempo conosciuto per la sua capacità di produrre idrogeno e per favorire la genesi di metano abiotico in ambienti relativamente superficiali della crosta terrestre (qualche chilometro). Invece, possibili fonti di energia profonda rimangono non identificate nonostante diverse teorie sono state proposte sin da Mendeleev (l’autore della tavola periodica) a fine ‘800.
“Il nostro studio – spiega Alberto Vitale Brovarone – combina informazioni ottenute da rocce profonde risalite durante la formazione della catena alpina (Piemonte e Corsica) e modelli termodinamici per mostrare che il processo di serpentinizzazione può generare idrogeno e metano abiotico fino a profondità di circa 80 chilometri sotto la superficie terrestre”.
“Questo risultato suggerisce che le zone di convergenza tra placche tettoniche, come quelle che hanno generato la catena alpina, possono costituire importanti fonti di idrogeno e metano, oltre ad altre molecole molto importanti per la vita, come H2S (acido solfidrico) e NH3 (ammoniaca). Questi flussi profondi potrebbero aver fornito energia alla biosfera microbica profonda durante l’evoluzione del nostro pianeta”, conclude Alberto Vitale Brovarone.