Roma, 24 luglio 2019 – Dopo un blocco durato dieci anni, figlio delle politiche recessive di governi di ogni colore, dopo una lunga melina con le Regioni per l’emanazione dell’atto di indirizzo, segnale di partenza della trattativa, e la determinazione delle risorse economiche; dopo un tortuoso confronto con l’Aran protrattosi per 15 mesi, tra rallentamenti ed improvvise accelerazioni, nella notte tra il 23 e il 24 luglio è arrivata la firma del contratto di lavoro per gli anni 2016/2018 da parte della quasi totalità delle sigle sindacali.
Un contratto che non registra alcun arretramento normativo ma significativi passi in avanti, che pur non essendo un risarcimento di quanto perso negli anni di blocco, rimette in moto la dinamica retributiva, che rappresenta non solo il miglior contratto possibile, ma anche un ottimo contratto.
Che, pur essendo figlio dei tempi in cui lo spazio dei diritti è occupato da quello dei numeri ed il tempo lavoro dei medici è assunto a risorsa elastica all’infinito, da pagare al massimo ribasso, ha il grande pregio di restituire cittadinanza ad una parola espulsa dal lessico della politica, colmando un vuoto in cui aziende e regioni hanno usato mano libera nella gestione delle risorse umane, pretendendosi svincolate da norme e financo da leggi.
I vantaggi sono molteplici:
- per i giovani, che riempiono la casella zero del salario di posizione e ricostruiscono carriere frammentate;
- per chi è prossimo alla pensione, per innegabili vantaggi previdenziali e di TFS;
- per chi attendeva un sistema dinamico di carriera per legare i meriti professionali a riconoscimenti economici finora propri solo degli incarichi gestionali;
- per il lavoro disagiato, con prime e significative differenziazioni nei lavori dei medici ed esenzioni al raggiungimento di un limite di età.
E anche per le donne, che vedono crescere la percentuale ammessa al part time e possono sperare di non perdere il salario di risultato per le assenze legate alla gravidanza.
Certo, non basta a rispondere a tutte le attuali criticità del lavoro dipendente, messe in evidenza dalla carenza di specialisti, ma non è poco, considerati i limiti economici dati dal Governo e l’atteggiamento da piccoli padroni delle ferriere delle Regioni. Ed è significativo che abbia tenuto una sostanziale unità delle sigle sindacali, ognuna delle quali ha potuto riconoscere nell’intesa parti delle proprie proposte.
Ora occorre completare il lavoro a livello della contrattazione aziendale, cui tocca esercitare un ruolo da protagonista, e non da spettatore passivo, nelle scelte attuative. Ma anche pensare al prossimo rinnovo che è già alle porte, preparando per tempo piattaforme unitarie ed innovative e ripensando a modalità di contrattazione appropriate per professionisti del SSN, al di fuori di vetuste logiche aziendalistiche e schizofrenici divari di competenze tra ministeri e regioni ,che qui esprimono il peggio delle autonomie di ognuno.
I contratti peggiori sono quelli non applicati, perciò l’Anaao è impegnata ad evitare un tale destino a quello appena nato, al riparo da interpretazioni fantasiose ed interessate, per rendere attuali le molte novità di un contratto di ri-partenza.