A cura del prof. Umberto Tirelli, Oncologo, Istituto Nazionale Tumori di Aviano; Direttore, Centro Tumori, Stanchezza Cronica, Fibromialgia ed Ossigeno-Ozonoterapia
Pordenone, 10 maggio 2019 – Il 12 maggio si celebra la Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla CFS (Sindrome da Fatica Cronica) e sulla Fibromialgia, per richiamare l’attenzione di tutto il mondo su queste due patologie così invalidanti ma poco conosciute e comunque poco considerate.
All’inizio degli anni ‘90 descrissi per la prima volta in Italia un numero consistente di pazienti con CFS e riportai 205 pazienti sulla rivista scientifica Archives of Internal Medicine già nel 1993.
Da allora migliaia di pazienti con CFS e centinaia con Fibromialgia sono stati diagnosticati a oggi dal mio gruppo e adesso sono seguiti presso la Tirelli Medical Group di Pordenone, ma tra la classe medica molto scetticismo sull’effettiva natura di queste due malattie (si calcola vi siano 2 milioni di pazienti con Fibromialgia e 500 mila pazienti con CFS in Italia) persiste ancora oggi.
Già nel 1994, un gruppo internazionale di studio, del quale ho fatto parte, ha pubblicato sugli Annals of Internal Medicine (Fukuda et Al Dic 15, 1994) una definizione di caso di CFS con la presenza delle seguenti condizioni: una fatica cronica persistente per almeno 6 mesi che non è alleviata dal riposo e che si esacerba con piccoli sforzi provocando una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali. Inoltre devono essere presenti 4 o più dei seguenti sintomi anche questi presenti per almeno sei mesi: disturbi della memoria e della concentrazione così severi da ridurre sostanzialmente i livelli precedenti delle attività occupazionali e personali; faringite; dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari; dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazione o rigonfiamento delle stesse; cefalea di un tipo diverso da quello eventualmente presente in passato; un sonno non ristoratore; debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore. Molti pazienti descrivono questi sintomi come avere “un’influenza cronica”.
Ovviamente, devono essere escluse tutte le condizioni mediche che possono giustificare i sintomi del paziente, per esempio ipotiroidismo, epatite B o C cronica, tumori, depressione maggiore, schizofrenia, demenza, anoressia nervosa, abuso di sostanze alcoliche e obesità.
Ora anche la Stanford University di Palo Alto in California, la culla della Silicon Valley dove sono nati Google, Facebook e una delle università più importanti a livello mondiale e che quindi non si può tacciare di arretratezza culturale, ha riconosciuto ufficialmente questa malattia che colpisce da 1 milione a 2 milioni di persone negli Stati Uniti, e ha organizzato un convegno sulla CFS a metà di agosto per studiare gli aspetti biologici e terapeutici di questa sindrome e che è stato seguito via internet da Giada Da Ros, presidente dell’Associazione Italiana per la sindrome da stanchezza cronica.
Il convegno è stato organizzato da Ron Davis, professore di immunologia e microbiologia dell’università di Stanford e direttore dello “Stanford Institute for immunity transplantation and infection”.
Alla Stanford University, José Montoya professore di malattie infettive, ha riportato i dati di uno studio immunologico molto importante su PNAS, Proceedings of the National Academy of Science, del 31 luglio scorso, una delle riviste di medicina più autorevoli, che ha valutato i livelli nel sangue di 561 citochine (proteine del sistema immunitario) in 192 pazienti con CFS e di 392 controlli sani con un incremento significativo di 17 citochine nei pazienti con CFS e che contribuiscono a molti dei sintomi di cui hanno esperienza i pazienti, cioè una sorta di influenza cronica, dimostrando una forte componente del sistema immunitario nella malattia.
Questi dati confermano che la causa della CFS potrebbe essere una risposta esagerata del sistema immunitario a virus, batteri e funghi come fa pensare il fatto che la malattia spesso insorge dopo un’infezione come da noi riportato per primi già nel 1994 (Immunological abnormalities in patients with CFS pubblicato su Scandinavian Journal of Immunology).
Molto è stato fatto in Italia per la diffusione delle informazioni su questa patologia e senza dubbio oggi molte istituzioni e medici, più spesso che nel passato, sospettano o fanno diagnosi di questa patologia nell’ambito della loro attività medica. Peraltro, a livello normativo e a livello ufficiale, la patologia rimane ancora frequentemente un oggetto sconosciuto e i pazienti hanno ovviamente grandi difficoltà non solo nel fare riconoscere la propria patologia ma nel farsi curare o accettare dai medici che vedono.
Recentemente, nell’ambito di un progetto strategico sulla medicina di genere del Ministero della Salute, l’ Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ha presentato delle linee guida sulla CFS, messe a punto da diversi esperti, tra i quali il sottoscritto.
La CFS colpisce soprattutto i giovani, con un interessamento prevalente a carico del sesso femminile e lascia spesso per molti anni una situazione così invalidante fisicamente e mentalmente che impedisce ai pazienti di lavorare o studiare.
All’istituto Nazionale Tumori di Aviano sono stati studiati dal mio gruppofarmaci, in particolare immunoglobuline ad alte dosi, magnesio, acetil-carnitina, antivirali come amantadina e Acyclovir ed immunomodulatori come metisoprinolo.
Purtroppo per ora non vi è alcun farmaco in grado di guarire definitivamente la malattia, anche se spesso i pazienti possono trarre dei benefici da quegli interventi farmacologici e da modifiche dello stile di vita, portando in alcuni casi alla guarigione e in un discreto altro numero a miglioramenti significativi della sintomatologia.
Tra le novità nel trattamento vi è l’ossigeno-ozonoterapia, che sembra essere il trattamento più efficace sia per la CFS che per la Fibromialgia.
La fibromialgia è una forma di reumatismo non articolare caratterizzata da una spontanea dolorabilità muscolo scheletrica generalizzata, dolorabilità alla palpazione dei cosiddetti tender points (almeno 11/18 in ben definite sedi), una diminuita soglia del dolore, fatica, difficoltà nel sonno, disturbi dell’umore ed altri segni sistemici. È riconosciuta come una distinta entità diagnostica anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed è riconosciuta dalla stragrande maggioranza dei reumatologi.
L’ozono è un gas instabile che, miscelato all’ossigeno, ha una potenziale attività benefica come trattamento coadiuvante di ampio spettro. L’ozono ha inoltre un’azione antalgica con un’azione antinfettiva e immunomodulante.
In conclusione, senza dubbio, l’ossigeno-ozono terapia secondo le linee guida della SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno-Ozono Terapia), è la terapia più efficace nella CFS e nella Fibromialgia come già pubblicato nella rivista indicizzata “European Review for Medical and Pharmacological Sciences” con miglioramento significativo della sintomatologia nel 70% dei pazienti trattati.