I fibromi uterini, chiamati anche con il nome di leiomiomi o miomi, sono i più diffusi tumori benigni del tratto genitale femminile per le donne in età fertile, associati a un’alterazione dell’equilibrio ormonale, e interessano fino al 40% della popolazione femminile di età compresa tra i 35 e i 55 anni, tra cui 24 milioni di donne nell’Unione Europea e 20 milioni in Nord America.
I fibromi vengono principalmente diagnosticati attraverso un esame pelvico o un’ecografia transvaginale, eseguiti dal ginecologo. Non sono ancora note le cause dell’insorgenza dei fibromi, ma gli esperti concordano che alcuni fattori di rischio sono: la storia familiare (sono ad alto rischio di sviluppare un fibroma le donne con madre o sorella che hanno sofferto di tale patologia); la variante geografica (è documentata un’incidenza più elevata di fibromi uterini tra le donne africane rispetto alle caucasiche); la gravidanza e il parto (numerosi studi hanno dimostrato che la gravidanza e il parto hanno un effetto protettivo e possono ridurre il rischio per una donna di sviluppare fibromi); l’obesità.
La maggior parte delle donne con fibroma uterino non presenta sintomi gravi tali da richiedere un trattamento. Per chi, al contrario, ne necessita, i fibromi possono incidere notevolmente sulla qualità di vita. I sintomi principali sono rappresentati da: eccessivo sanguinamento dell’utero, forti emorragie mestruali, anemia, dolore addominale e senso di pressione, aumentata frequenza delle minzioni e infertilità. In particolare, il sanguinamento mestruale abbondante è uno dei sintomi maggiormente invalidante, con implicazioni sia sullo stato di salute, che di natura sociale ed economica (come, ad esempio, più bassi tassi di occupazione, maggiore assenza dal lavoro e perdita di guadagno per le donne che ne soffrono). I sintomi, presenti nel 50% dei casi, variano in base a numero, localizzazione e dimensioni dei fibromi, in media sotto i 5 cm, ma che possono superare anche i 15-20 cm, dando la sensazione di addome rigonfio.
Se finora l’approccio terapeutico era stato principalmente chirurgico (isterectomia, miomectomia, embolizzazione dell’arteria uterina) o, mediante analoghi del GnRh (ormone di rilascio delle gonadotropine), lo scenario ora muta grazie alla disponibilità in Italia di ulipristal acetato 5mg, trattamento orale per la terapia prechirurgica dei fibromi uterini approvato in Europa nel 2012 è già usato nella maggior parte dei Paesi europei. Appartiene a una nuova classe di molecole, ossia ai modulatori selettivi (antagonisti parziali) del recettore del progesterone nei tessuti bersaglio, che si è dimostrata in grado di controllare il sanguinamento molto rapidamente, già entro una settimana dalla somministrazione, in oltre il 90% delle donne, così come pure di ridurre il volume dei fibromi e dell’utero, con un miglior profilo di tollerabilità rispetto agli agonisti del GnRh.
I benefici sono notevoli anche per la mancanza di effetti collaterali. Diversamente dagli analoghi del GnRh, infatti, ulipristal acetato non induce uno stato pseudomenopausale e quindi evita la comparsa di vampate, secchezza vaginale e perdita della libido. La terapia inoltre può essere ripetuta nel tempo: ciò consente di allungare il periodo in cui la donna è priva di sintomi e di diminuire le dimensioni del fibroma, con maggiori possibilità di evitare l’intervento chirurgico o di programmare nel tempo l’intervento per consentire una gravidanza.