Sperimentato dai ricercatori dell’Università di Milano un modello di analisi morfologica digitalizzata degli spermatozoi di topi: l’algoritmo è stato in grado di cogliere differenze indistinguibili per l’occhio umano, possibili applicazioni nella medicina riproduttiva
Milano, 17 giugno 2017 – Addestrare un computer a classificare gli spermatozoi sulla base delle loro caratteristiche fisiche. È quello che sono riusciti a fare i ricercatori del Centro della Complessità e dei Biosistemi dell’Università degli studi di Milano, in un lavoro che hanno appena pubblicato su Scientific Report. Un risultato, il loro, che potrebbe essere di grande aiuto nel campo della medicina riproduttiva.
La presenza di anomalie – come una testa troppo grande o deformata, oppure una coda storta o doppia – potrebbe ridurre la capacità degli spermatozoi di raggiungere l’ovulo e fecondarlo. Per questo la loro morfologia è uno dei fattori che vengono esaminati nell’analisi del liquido seminale, per valutare la fertilità maschile. Esame che viene effettuato da specialisti con anni di esperienza nell’osservare gli spermatozoi al microscopio e classificarli in base al loro aspetto.
La crescente disponibilità di immagini digitali rende possibile lo sviluppo di tecniche di identificazione e classificazione automatica delle anomalie, che consentirebbero diagnosi più rapide ed efficienti. Al momento però, simili strumenti sono disponibili solo per l’analisi della motilità degli spermatozoi; i dispositivi finora sviluppati per valutare la loro morfologia sono ancora difficili da usare e non sufficientemente accurati. Ecco perché è ancora necessario affidarsi all’occhio allenato di esaminatori esperti. Un metodo che però, pur essendo quello attualmente più affidabile, comporta una certa variabilità nei risultati.
“I sistemi basati sull’apprendimento automatico potrebbero giocare un ruolo chiave nel migliorare l’efficienza dell’analisi morfologica degli spermatozoi – spiega la biologa Caterina La Porta del Dipartimento di Scienza e Politica Ambientale, che ha coordinato la ricerca – Questi sistemi possono addestrarsi da soli in modo da individuare e riconoscere schemi particolari nei dati che noi gli forniamo, sulla base dei quali poi producono un modello. L’obiettivo finale consiste nel classificare automaticamente un insieme di dati di cui ancora non sappiamo nulla”.
I ricercatori si sono concentrati su una caratteristica fisica ben precisa: la forma dell’acrosoma, un organello a forma di cappuccio che copre il nucleo dello spermatozoo. L’acrosoma contiene gli enzimi necessari a penetrare la membrana esterna dell’ovulo, consentendo allo spermatozoo di entrarci e di dare inizio al processo di fecondazione. Partendo da una grande quantità di immagini digitali di spermatozoi di topo, i ricercatori hanno ricostruito in 3D i loro acrosomi, che sono poi stati misurati sulla base di diverse caratteristiche come il volume, la superficie e i livelli di curvatura.
Infine, tutti questi dati sono stati usati per istruire un software, le cui valutazioni sono state confrontate con quelle fatte al microscopio da esaminatori esperti. Risultato? L’algoritmo è stato in grado di cogliere differenze indistinguibili per l’occhio umano e le sue classificazioni sono risultate corrette nel 73% dei casi, una percentuale molto alta in confronto a quelle ottenute con altri metodi.
“Abbiamo proposto una strategia generale per classificare gli acrosomi nel corso dello sviluppo degli spermatozoi, in base alle loro caratteristiche fisiche – conclude La Porta – Si tratta di un approccio che potrebbe risolvere diversi problemi clinici relativi al calcolo della percentuale di spermatozoi dotati di un acrosoma normale all’interno del liquido seminale. Il che potrebbe rivelarsi molto utile nella valutazione della fertilità maschile”.